Strada dissestata: responsabilità P.A.


Corte Cass. sez. VI Civile – 3, ordinanza 30 marzo n. 6425/15
Strada dissestata: responsabilità P.A.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 12 febbraio - 30 marzo 2015, n. 6425
Presidente Finocchiaro - Relatore Ambrosio

Svolgimento del processo e motivi della decisione
E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
« 1. Con sentenza in data 11.02.2013 il Tribunale di Cagliari, rigettando l'appello proposto da A.O., ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Sinnai di rigetto della domanda proposta dall'appellante nei confronti del Comune di Maracalagonis per il risarcimento dei danni subiti da motoveicolo di sua proprietà in ragione di € 1.883,30, asseritamente dipendenti da una buca, coperta di terriccio, presente sul manto stradale.
Il Tribunale - corretta, in diritto, la motivazione del primo Giudice, laddove aveva escluso l'applicabilità del disposto dell'ars. 2051 cod. civ. - ha tuttavia ritenuto che, nella specie, fosse acquisita la prova liberatoria della responsabilità dell'ente pubblico, ascrivendo alla condotta colposa del conducente efficacia causale esclusiva; e ciò per la considerazione che, avuto riguardo alla generale situazione di degrado della strada, agevolmente percepibile dall'utente, una guida accorta, prudente e tecnicamente adeguata non avrebbe potuto condurre alla perdita del controllo del motoveicolo e alla sua successiva caduta.

2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione A.O. formulando due motivi.
Il Comune di Maracalogonis ha resistito con controricorso.

3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

4. Con i motivi di ricorso si denuncia: a) ai sensi dell'art. 360 n.5 cod. proc. civ. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; b) ai sensi dell'art. 360 n.3 cod. proc. civ. falsa applicazione dell'art. 2051 cod. civ. sussistendo a carico dell'Ente pubblico una presunzione di responsabilità ex art. 2051 cod. civ..
4.1. Il primo motivo è inammissibile, alludendo al vizio della omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione previsto dall'art. 360 n.5 cod. proc. civ. nel testo anteriore alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012 conv. in L. n. 134 del 2012, che si applica ai ricorsi avverso le sentenze pubblicate (come quella in oggetto) successivamente al 11.09.2012.
4.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato, atteso che la decisione impugnata non ha affatto escluso, in astratto, l'applicabilità della presunzione di cui all'art. 2051 cod. civ., ma ha, in concreto, rilevato il superamento di siffatta presunzione, sul presupposto dell'esclusiva efficienza causale della condotta di guida del conducente del motoveicolo di proprietà della ricorrente.
Si rammenta che, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, il giudizio sulla pericolosità delle cose inerti non può prescindere da un modello relazionale, per cui la cosa deve essere vista nel suo normale interagire col contesto dato, talchè una cosa inerte può definirsi pericolosa quando determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realtà circostante. Pertanto se il contatto con la cosa provochi un danno per l'abnorme comportamento del danneggiato, difetta il presupposto per l'operare della presunzione di responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., atteggiandosi in tal caso la cosa come mera occasione e non come causa del danno (Cass., 4 novembre 2003, n. 16527, in motivazione). In particolare si ritiene che, in tema di danno da insidia stradale, la concreta possibilità per l'utente danneggiato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la situazione di pericolo occulto vale ad escludere la configurabilità dell'insidia e della conseguente responsabilità della P.A. per difetto di manutenzione della strada pubblica, dato che quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, sino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso (Cass., 16 maggio 2013, n. 11946; Cass. 22 ottobre 2013 n. 23919 in motivazione).

5. La decisione impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate da parte ricorrente.»
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n.55/2014, seguono la soccombenza.
La circostanza che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell'applicabilità dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 1.600,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali. Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13.

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di Avv. Mariagrazia Caruso

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