Stress e malattia, quale relazione?


Nel mondo occidentale, in sintonia con lo "spirito del tempo", viviamo immersi in un marasma di sollecitazioni: come proteggersi e difendersi per una vita piu' sana
Stress e malattia, quale relazione?

La parola “Stress” è molto comune nel nostro linguaggio e si riferisce ad un concetto vasto e complesso, assumendo significati diversi in differenti contesti culturali e storici.

Nella lingua inglese questo termine è in uso da molto tempo, avendo cambiato negli anni il suo significato. Nel XVII secolo indicava un’avversità, una difficoltà oppure un’afflizione. Successivamente il significato è diventato quello di una forza, una spinta, una tensione applicati ad un oggetto inanimato oppure ad un organismo vivente.

Una definizione moderna indica lo stress umano ed animale come “uno stato di tensione dell’organismo, in cui vengono attivate delle difese per far fronte ad una situazione di minaccia” (Trombini 1982).

Oggi, il significato della parola stress non è univoco, ma può riferirsi a concetti diversi, anche in contrasto fra loro.

Può essere utilizzato per indicare:
a)     degli stimoli nocivi;
b)     una condizione stimolo – risposta caratterizzata da una stimolazione intensa e prolungata;
c)     una risposta psicologica e somatica complessa a stimoli diversi (biologici, emotivi, sociali o ambientali) di origine interna o esterna all’organismo.

Lo Stress viene definito “acuto” quando si riferisce a situazioni di carattere intenso e transitorio e “cronico” nel caso in cui la condizione si protragga nel tempo, logorando gradualmente la capacità di adattamento e di resistenza dell’organismo.

Possiamo, inoltre, distinguere uno stress positivo “eustress”, occasione di esperienze costruttive ed appaganti ed uno stress negativo “distress”, fonte di difficoltà e sofferenze che spingono l’individuo ad assumere atteggiamenti difensivi fisici e psichici, fino a comportare, nei casi più gravi, lo sviluppo di malattie.

Negli anni ’50 vennero effettuati, da molti ricercatori studi sugli effetti che lo stress provoca sul soma ed i conseguenti disturbi emotivi e corporei.

Il primo ricercatore che studiò lo stress fu W.B. Cannon (1914;1939): egli sosteneva che una “reazione di allarme” attivasse delle risposte automatiche che si potevano esprimere con l’aumento della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna, dei grassi e del glucosio ematici, con la dilatazione delle pupille, ecc. L’organismo avrebbe risposto con il tentativo di mantenere il suo equilibrio interno, ossia l’ “omeostasi”. Questo sarebbe avvenuto attraverso la regolazione omeostatica fornita dai reni, polmoni, ghiandole endocrine, sistema nervoso autonomo e da un’attività regolatrice a livello cellulare e subcellulare (Robin 1979). Però, se lo stimolo nocivo fosse risultato eccessivamente intenso, e pertanto avesse superato il livello critico, i meccanismi di compenso corporeo sarebbero risultati inefficaci.

Quindi, secondo questa teoria, uno stress intenso e prolungato potrebbe indurre una patologia somatica, ossia una malattia.

Negli anni successivi, il fisiologo viennese H. Seyle, descrisse esattamente i correlati fisiologici e comportamentali dello stress arrivando a formulare la prima teoria sulla relazione tra stress e malattia. Egli definì lo stress come: “la risposta non specifica dell’organismo ad ogni richiesta di cambiamento” (1936-1973). Seyle introdusse il concetto di GAS (Sindrome Generale di Adattamento): una risposta biologica ad uno stimolo nocivo con un significato difensivo e di adattamento.

Con quale meccanismo?

Gli ormoni surrenali hanno una funzione adattativa fondamentale per la vita: una stimolazione eccessiva porta all’esaurimento con gravi conseguenze per l’organismo.

Per Seyle lo stress è una reazione adattativa e fisiologica aspecifica e non una condizione patologica. La reazione può trasformarsi in malattia quando lo stress è troppo intenso o prolungato.

“La completa libertà dallo stress è la morte... In realtà non possiamo evitare lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace” (Seyle 1974).

Successivamente, un altro ricercatore, Mason, partendo dalla teoria sopra esposta, ipotizzò che la reazione da stress fosse mediata da un’attivazione emozionale (Mason 1971, 1975). Quindi, gli stimoli fisici e quelli emotivi darebbero origine ad una reazione emotiva con l’attivazione del sistema limbico o “cervello viscerale”, la parte filogeneticamente intermedia dell’encefalo (cervello trino), ossia quella che si sviluppò nei primi mammiferi (MacLean).

Questa parte del cervello, paleomammaliano, occupa il secondo piano cerebrale, ossia è situato tra il livello superiore e quello inferiore (vedi sopra). Esso non è altro che un’istanza di regolazione ed adeguamento, indispensabile per il nostro adattamento all’ambiente in costante modifica. Infatti, con esso, chiamato anche cervello affettivo, hanno inizio l’individuazione e la differenziazione tra i soggetti. Il cervello paleomammaliano prende in considerazione le caratteristiche dell’ambiente circostante, quali le regole sociali e propone dei comportamenti adatti in base all’evoluzione. La sua reattività e il suo controllo sono responsabili della gamma delle emozioni e in questo senso contribuiscono alla nostra personalità. In seguito alle pulsioni del cervello istintivo, o rettiliano, quello affettivo dà luogo a risposte fisiologiche e reazioni motorie di modulazione, da cui dipendono le espressioni comportamentali e facciali “universali” di felicità rabbia, sorpresa, tristezza, paura, ecc.

Da qui avverrebbe la catena di reazioni, precedentemente indicata, con la produzione degli ormoni corticosurrenalici (adrenalina e noradrenalina).

Dal punto di vista neurofisiologico questa parte intermedia del cervello è connessa al talamo, all’ipotalamo e alla formazione reticolare, così da elaborare il contenuto affettivo dei nostri comportamenti. La reazione istintiva si carica qui di emozione e di memoria ed incoraggia l’apprendimento. Qualsiasi messaggio che viene ricevuto, negativo o positivo, avverso o favorevole, interno o esterno, viene confrontato con simili esperienze anteriori e con schemi prestabiliti di reazione: per tale motivo è l’incontro tra l’ecologia e l’emozione personalizzata.

Esistono varie forme di stress: familiare, lavorativo, psicosociale, ecc. In ogni caso gli eventi stressanti possono essere valutati in modo diverso da soggetto a soggetto.

Gli eventi stressanti vanno considerati come “eventi complessi”, la cui relazione con gli stati di salute e di malattia deve tener conto della modalità con cui sono percepiti e vissuti dall’individuo (Hinkle 1961).

Ci sono degli eventi che assumono un valore psicologicamente stressante per la maggioranza degli esseri umani, ossia:
a.    Una perdita o una minaccia di una perdita che può determinarsi nella realtà o nell’immaginazione (nel senso psicologico di una persona, di una cosa o di un’idea divenuta parte di sé ed abbia un ruolo insostituibile nell’appagamento dei bisogni);
b.    Un danno o una minaccia di un danno;
c.    La frustrazione di una pulsione (G.L. Engel 1962).

In generale, il carattere stressante di un accadimento può essere determinato da fattori psicologici individuali. Quindi un evento diventa traumatico quando supera le capacità della persona di reagire ad esso (Nunberg 1959).

Il significato “stressante” degli eventi non si può pertanto considerare in senso assoluto, perché molto è rimandato a come li percepiamo e li affrontiamo.
In taluni casi un evento può essere occasione di “esperienza” ed “accrescimento”, in altri di “squilibrio” e “malattia”.

E’ importante a tal fine considerare la durata, la pericolosità e l’intensità dell’evento come le capacità mentali e fisiche dell’individuo di organizzare una reazione efficace.

Quindi, ci sono “fattori esterni” e “fattori interni” responsabili della reazione ad un evento.

Se l’evento è affrontato con comportamenti e difese psicologiche adeguate, ossia che permettano un deflusso e una scarica della tensione emotiva, non si altera l’omeostasi dell’organismo e non si genera malattia, ma si attraversa solo un momentaneo malessere.

Pertanto le “risposte adattative” ad un evento stressante sono di importanza fondamentale, perché da esse dipende il mantenimento di uno stato di relativo benessere o la perdita dell’equilibrio con l’insorgenza di una malattia fisica o psichica.
In ogni caso una reazione di lotta e fuga rispetto alla rinuncia e condanna si è dimostrata maggiormente efficace contro lo sviluppo della malattia e /o per ottenere la guarigione.

Si è osservato, in coloro che si abbandonano alla sconfitta, un’elevata insorgenza di patologie anche gravi.

A livello somatico la “reazione naturale” che il corpo mette in atto in relazione ad uno stress (rabbia, paura, ecc.) è una reazione di adattamento che tende a creare le condizioni opportune per una lotta o una fuga.

 

Il sistema dello stress

Si osserva un aumento dell’irrorazione a livello del cervello e dei muscoli, l’attivazione del sistema ortosimpatico con un aumento del battito cardiaco e della ventilazione polmonare, l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi – surrene che immette nel sangue corticosteroidi. Se questa mobilizzazione neurormonale trova una propria scarica nell’azione e le risorse vengono utilizzate, il sistema parasimpatico ripristina la calma e tutti i parametri fisiologici ritornano alla norma.

Nella nostra società, però, raramente l’ondata dello stress può essere seguita dalla scarica liberatoria, si impone l’autocontrollo, qualità socialmente molto apprezzata ma, se portata alle estreme conseguenze, molto pericolosa. Così, infatti, le sostanze liberate nel sangue, invece di esserci utili diventano dannose; non certo perché la reazione di adattamento allo stress sia qualcosa di negativo, ma perché c’è una reazione innaturale della situazione per mancanza di una scarica psicoaffettiva adeguata.

Le fibre del sistema nervoso ortosimpatico sono collegate a quelle del sistema immunitario e in tali casi, esercitando una funzione di controllo, diminuiscono il numero e la quantità dei linfociti T ed aumentano quella dei linfociti soppressori. Questo significa che il sistema che fronteggia lo stress parallelamente attiva la depressione del sistema immunitario.

Il sistema immunitario ed il sistema nervoso centrale sono costantemente in comunicazione poiché' le cellule immunitarie portano all'apparato neurologico, attraverso i NEUROPEPTIDI (piccole molecole di natura proteica), le informazioni che hanno captato durante il monitoraggio dell'organismo (PNEI).

Se lo stress è temporaneo, il sistema omeostatico riporta la situazione alla normalità in breve tempo e non si avrà una reale e tangibile depressione del Sistema Immunitario, diversamente se lo stress protratto nel tempo.

In caso di diminuzione o soppressione del sistema immunitario si osserva un ritardo o una depressione nella sintesi degli anticorpi fino ad arrivare alla sintesi degli autoanticorpi (situazioni che si verificano nelle malattie autoimmunitarie).

Esso, infatti, potrà causare una tensione prolungata e lesiva di tutto il sistema neuro-immuno-endocrino.
Quando lo stress supera le capacità di adattamento del soggetto, si potranno manifestare dei sintomi fisici e /o psichici.

I “sintomi” o “segnali di allarme” più comuni sono i seguenti:
a.    Fisici:
-          cefalea;
-         dolori articolari, in particolare al collo e alla schiena;
-         senso di costrizione al petto ed alla gola;
-         rialzo pressorio;
-         difficoltà a deglutire;
-         bruxismo;
-         disturbi gastrointestinali;
-         alterazioni del metabolismo dei grassi;
-        disturbi del sonno;
-        disturbi cerebrovascolari;
-        maggiore facilità ad ammalarsi a causa di una depressione del sistema immunitario;
 
b.   Psichici:
-    difficoltà a concentrarsi;
-    improvvise crisi d’ansia senza causa apparente;
-    riso o pianto nervoso eccessivo;
-    paure immotivate;
-   attacchi di panico.

In caso di stress molto intensi si può sviluppare un “disturbo acuto da stress”, oppure il disagio può essere differito nel tempo e soggetto a ripetizione dando luogo ad un “disturbo post-traumatico da stress”. In tali casi il soggetto può provare delle sensazioni di distacco e l’assenza di una risposta emotiva. Il paziente può provare una depersonalizzazione o un’incapacità a ricordare specifici aspetti del trauma. Tali pazienti presentano un alto rischio di sviluppo di disturbi d’ansia, dell’umore e correlati all’uso di sostanze stupefacenti.


Terapia dello stress

Per affrontare e controbilanciare gli effetti dello stress esistono numerose terapie complementari. Per ogni individuo ci possono essere indicazioni diverse, risultando pertanto indicata una valutazione psicosomatica al fine di mettere in atto quanto più utile ed efficace per il singolo soggetto.

Le Tecniche di Rilassamento quali il Training Autogeno e le Visualizzazioni sono efficaci sia nella prevenzione che nella cura del disturbo da stress.

Queste metodiche vengono apprese mediante dei corsi di addestramento per poi poter essere praticate autonomamente dal soggetto sia regolarmente a scopo preventivo, che in particolari momenti stressanti della vita, quale meccanismo di compenso per una miglior risposta adattativa ad uno stimolo nocivo, oltre che per stimolare la guarigione nella malattia.

Il Training Autogeno si basa sull’interdipendenza del tono muscolare del sistema nervoso volontario, di quello vegetativo e del sistema timo-psiche, quindi agisce sul concetto che se uno dei tre elementi subisce un cambiamento anche gli altri si modificano nella stessa direzione.  Con la modificazione del tono muscolare si ottiene una trasformazione a livello psichico e del sistema nervoso vegetativo.  Attraverso gli esercizi, che possono essere appresi durante appositi corsi e successivamente praticati autonomamente, si può raggiungere la distensione totale dell’individuo.

“Il Training è un esercizio sistematico che si sviluppa da sé” (B.H. Hoffmann).

Con il training autogeno si apprende un nuovo “modello di comportamento” più funzionale ed efficace nella gestione dello stress. Il soggetto sviluppa uno stato di calma e di distensione che gli permette di controbilanciare con maggiore efficacia la tensione, sviluppando delle maggiori capacità di concentrazione e di rendimento in tutte le attività (lavorativa, sportiva, ecc.). L’aumento delle capacità adattative, migliora la risposta allo stress, riducendo i possibili effetti negativi sul sistema immunitario, fondamentale nella prevenzione e nella difesa dalle malattie.

La Visualizzazione è una tecnica di rilassamento che utilizza la mente e le sue immagini con l’ausilio della voce quale strumento per convogliare i simboli. Questa metodica è utile nella guarigione fisica e psichica di molti disturbi.


Le Medicine e le Tecniche complementari offrono numerosi rimedi contro lo stress

Fitoterapia

- Avena (Avena sativa): nell’astenia nervosa, negli stati di surmenage fisico, nell’abulia emotiva dovuta a stress prolungati, l’avena può funzionare come buon tonico nervino non dando quale effetto collaterale l’eccitazione.

- Basilico (Ocimun basilicum): l’olio essenziale di basilico è considerato un ottimo riequilibratore nervoso, utile nell’instabilità emotiva e nell’affaticamento fisico ed intellettuale, sia con insonnia che con letargia. Può essere utilizzato sia per inalazione secca che per massaggio.

- Betulla (Betulla Verrucosa Semi): il macerato glicerico tratto dai semi della betulla ha proprietà antidepressive e stimolanti, utile negli stati di stress, astenia e deficit d’attenzione.

- Valeriana (Valeriana Officinalis): utile negli stati ansiosi, nei disturbi del sonno, nelle sindromi depressive e nei disturbi psicosomatici accompagnati da ansia quali ipertensione arteriosa, cefalee, disturbi del ritmo cardiaco, colon irritabile, cervicalgie, mal di schiena, ecc.


Omotossicologia

Essa è una branca dell’omeopatia che si colloca tra questa e la medicina tradizionale.

La tossina è il punto centrale dell’omotossicologia. Le malattie vengono considerate dei processi di difesa contro le tossine prodotte ossia l’espressione della lotta che l’organismo effettua per eliminare, neutralizzare ed espellere questi fattori lesivi.

Le terapie biologiche, atte a favorire l’escrezione delle omotossine, hanno lo scopo di accelerare, stimolare e riattivare la tendenza alla guarigione (qualora l’organismo non ne sia più in grado).

 Nella terapia dello stress si possono utilizzare i seguenti rimedi:

 -  Berberis Homaccord: stimola le funzioni della corteccia surrenale in fase di esaurimento. La posologia è 10 gtt /3 v die;

-  Galium Heel: esso ha funzioni drenanti. Il dosaggio è 30 gocce per 3 volte al giorno;

-  Coenzime Compositum: si utilizza nei danni dei sistemi enzimatici. Il dosaggio è 1 fiala alla settimana per via intramuscolare o sottocutanea;

-  AR Stenovit : nello stress ossidativo come terapia di contrasto all’eccesso di radicali liberi. Posologia : 1 fiala intramuscolo o  sottocute ogni 2 settimane;

-  Valeriana Heel: negli stati ansiosi. La posologia è di 10 -15 gocce la sera.
     


Omeopatia

In medicina omeopatica non esiste un rimedio in senso stretto per lo stress, i rimedi riguardano sia i sintomi, ma soprattutto sono rivolti al carattere ed all’atteggiamento del soggetto.

Fiori di Bach, Aromaterapia, Agopuntura, Reiki e l’ipnosi.
Molto utile la dietoterapia.

In ogni caso dobbiamo tener conto che i tratti di personalità, gli stili di vita, talvolta accompagnati a situazioni di particolare tensione emotiva, favoriscono il Distress, ossia lo stress dannoso alla salute.

Per tali ragioni, risulta molto utile in certi casi, la psicoterapia individuale, al fine di modificare quelle condizioni che "a monte" possono predisporre allo sviluppo delle patologie da stress.

Attraverso la psicoterapia è possibile ottenere una desensibilizzazione verso le emozioni negative che si sono depositate nel nostro sistema nervoso, quale ricordo traumatico di eventi passati. Infatti, secondo la neurofisiologia, le emozioni provate in un trauma (es.: la paura) restano impresse in una specifica sede cerebrale che è l’amigdala (localizzata nel sistema limbico e che stabilisce importanti relazioni con i circuiti neuronali delle aree prefrontali).

Attraverso la psicoterapia è possibile creare dei nuovi circuiti di collegamento tra queste aree del cervello così da ottenere nuove connessioni (nuovi schemi di risposta) e di conseguenza nuove modalità per controllare le emozioni come la paura e l’ansia o il panico conseguenti. E’ questo il principio su cui si basano le psicoterapie che si avvalgono di Tecniche antistress e della Meditazione.

 

Articolo del:


di Dott.ssa Alessandra BAGNOLI

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