Sulla natura giuridica dell'acquisizione dell'immobile abusivo da parte del Comune


Che cos'è l'acquisizione gratuita dell'immobile abusivo al patrimonio comunale? E' una sanzione?
Sulla natura giuridica dell'acquisizione dell'immobile abusivo da parte del Comune

E’ possibile raggruppare in quattro grandi momenti l’evoluzione del sistema normativo di repressione dell’abuso edilizio nel periodo che va dal 1942  ad oggi.

Il primo testo legislativo che ha offerto una disciplina organica in materia di sanzioni urbanistiche è rinvenibile nella legge 17 agosto  1942 n. 1150. Con tale normativa il legislatore introdusse un sistema binario di sanzioni amministrative e penali finalizzate alla repressione dell’abuso edilizio. Le due autorità preposte alla vigilanza edilizia furono individuate da quel momento nel Sindaco, per la parte amministrativa e, nel Giudice penale, per quella propriamente giudiziaria. L’autorità comunale era titolare di un potere di ordinanza di sospensione dei lavori di costruzione abusiva, con riserva dei provvedimenti necessari per la modifica delle costruzioni o per la rimessa in pristino (art. 32 , secondo comma). Il Sindaco aveva anche il potere di ordinare, previa diffida e sentito il parere della sezione urbanistica compartimentale, la demolizione a spese del contravventore senza pregiudizio  delle sanzioni penali (art. 32, terzo comma), nonché, di applicare una sanzione amministrativa pari al valore venale delle opere di cui non  fosse possibile la demolizione (art. 41, terzo comma). Il fatto che nella disciplina della legge n. 1150 del 1942 le sole sanzioni previste fossero quelle di carattere reale della demolizione e della riduzione in pristino, finì per porre  difficili problemi in quei casi -relativi soprattutto alle difformità parziali dal titolo - nei quali  sussistesse un’inseparabile connessione tra la parte  dell’opera secundum legem e la parte realizzata in difformità dal titolo.

Per superare detti inconvenienti, fu introdotta - con la legge 6.8.1967 n. 765 - una nuova disposizione  che contemplava, quando l’adozione della sanzione reale non fosse risultata possibile (id est, in fatto non eseguibile), una sanzione patrimoniale pari al valore dell’intervento abusivo.

Tuttavia, una vera e propria svolta nel sistema sanzionatorio degli abusi edilizi venne introdotta solo con  la Legge 1. 28.1.1977 n, 10, concernente la disciplina per l’edificabilità dei suoli. Le novità apportate dalla legge cosiddetta “Bucalossi” furono molteplici, in particolare, nell’ambito del sistema sanzionatorio ove, per la prima volta, compare l’istituto dell’acquisizione gratuita. L’introduzione, all’art. 15 della legge n.10/1977, del provvedimento di acquisizione apparve come una clamorosa iniziativa del legislatore e fu vista come una vera e propria  svolta nella lotta all’abusivismo edilizio da parte dei pubblici poteri.  L’istituto suscitò subito particolare interesse sia per la singolarità e la portata innovativa della sanzione, che per l’intenzione di porre un serio deterrente all’abusivismo. La norma diede luogo a differenti interpretazioni per quanto riguarda taluni aspetti più controversi, come, per citarne uno, i limiti di estensione dell’area che il Comune poteva  confiscare: se essa fosse, cioè, quella su cui l’opera materialmente insisteva, oppure anche le relative pertinenze, o quanto  meno, la parte  necessaria a garantire il rispetto  delle distanze dai confini e l’accesso dalla via pubblica.

Questi ed altri aspetti furono chiariti dalla legge 28.21985 n. 47 (cd. legge sul condono edilizio) che approntò la disciplina  dell’istituto in esame, all’art. 7, introducendo non trascurabili elementi innovativi, afferenti profili sostanziali e formali del procedimento sanzionatorio degli illeciti edilizi. Tra i primi veniva previsto che il Comune acquisisse non solo le opere eseguite e l’area di sedime, ma anche l’area necessaria, secondo  le prescrizioni  urbanistiche in vigore, alla realizzazione di opere analoghe, fino al limite massimo del decuplo  dell’area utilizzata  per la realizzazione dell’opera abusiva. La normativa  ha precisato che per area di sedime acquisibile al patrimonio pubblico s’intende l’intero lotto edificabile nonché le cosiddette pertinenze  urbanistiche. Inoltre, a differenza della 1. Bucalossi, che prevedeva l’acquisizione a favore del “patrimonio indisponibile del comune”, l’art. 7 della legge sul condono edilizio parla, più genericamente, di “patrimonio del comune”, senza ulteriori specificazioni.

Ed ancora, la legge n. 47 del l985 modifica ed estende l’ambito di individuazione dell’illecito edilizio sanzionato con acquisizione gratuita, comprendendovi, oltre alle opere realizzare in assenza di concessione o in totale difformità, anche  quelle eseguite con variazioni essenziali rispetto al progetto originario. Sicché la confisca non riguarda solo le attività urbanistico-edilizie illegittime ab origine, ma tutti gli interventi modificativi posti in essere in mancanza dei necessari provvedimenti concessori.

L’istituto dell’acquisizione delineate dall’art. 7 della  l. n. 47/85 è rimasto sostanzialmente immutato nella previsione dell’art. 31 del D.P.R. 6.6.2001 n. 380. La coincidenza testuale, quasi assoluta, delle disposizioni del T.U. sull’edilizia, nella parte riguardante il regime sanzionatorio, rispetto alla disciplina precedente trova una propria puntuale giustificazione sul piano giuridico. Ed, infatti, le norme in esame per la loro incontestabile natura sanzionatoria devono essere introdotte solo da fonte di rango primario, non potendo essere modificate, attraverso il sistema della delegificazione di cui all’art. 20. della 1. 59/97 e della 1. 24.11.00 n. 340.

A ciò aggiungasi che il Testo Unico ha natura meramente compilativa, fondandosi sulla delega prevista dall’art. 7 della 1. 8.3.99 n. 50 e, pertanto, risulta inidoneo a modificare in sede di compilazione, la portata e gli effetti  di una norma sanzionatoria. Diversamente opinando, presterebbe il fianco a censure di illegittimità costituzionale per violazione dei limiti di cui all’art. 77 Cost., ovvero, per eccesso di delega.

Ciò premesso, sono, comunque, rinvenibili - nel raffronto tra l’art. 7 della 1.47/85 e la nuova formulazione dell’art. 31 del T.U. sull’edilizia - delle novità, per lo più di ordine formale. Innanzitutto differenze  si registrano sotto il profilo dei soggetti legittimati all’esercizio dei poteri sanzionatori.

Il testo unico in materia edilizia recepisce il primario ruolo della dirigenza nella gestione dell’ente locale, riconosciuto dal d.lgs. n. 267/00  ed adegua a tali principi le proprie prescrizioni normative, sostituendo alla competenza del Sindaco quella “del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale”.

Un ulteriore cambiamento è quello che riflette la nuova distinzione dell’attività edificatoria correlata, a seconda dei casi, al permesso di costruire o alla denuncia di inizio attività.

E’ evidente, che anche in questo caso trattasi di un mutamento meramente formale o di carattere terminologico, derivante dalla predisposizione di un regime edificatorio innovativo e dalla nuova denominazione degli strumenti abilitativi ivi contemplati.

Una novità di carattere sostanziale è, invece, quella riguardante l’individuazione dell’area oggetto di confisca. In particolare, la nuova disciplina consente di superare alcune obiezioni, con particolare riferimento alla preventiva e specifica individuazione delle opere da demolire e da acquisire in  caso di inottemperanza.

Infatti, ai sensi del comma 2 dell’art. 31 del testo unico in materia edilizia, che modifica il comma 2 dell’art. 7 della 1. 47/85  “il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi dci comma 3”.

A tal proposito e utile segnare l’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui - ai fini della legittimità  del provvedimento  di acquisizione - mentre per l’area di sedime l’automatismo dell’effetto acquisitivo rende superflua ogni motivazione sul punto, l’individuazione di un’area ulteriore da acquisire deve essere, invece, giustificata dalla ricorrenza di una esplicitazione delle opere necessarie  ai fini urbanistico-edilizi che siano destinate ad occupare l’intera zona di terreno che il Comune intende acquisire (TAR Campania, Napoli, sez. VII, n. 9524/08, in cui si richiamano precedenti conformi del medesimo Collegio, n. 2780/07 e n. 4336/05; TAR Piemonte, Torino, sez. I, 22.1.08 n. 65; TAR Campania, Napoli, sez. III,10.4.07 n. 3198).

Alla luce del segnalato orientamento, potrebbero prestare il fianco a censure quei provveddimenti in cui viene indistintamente disposta l’acquisizione “dell’area necessaria secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche” senza una delimitazione quantitativa motivata in rapporto ai parametri normativi di cui al citato comma  3 dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/01. 

Nell’ambito del vigente procedimento di acquisizione è possibile individuare diversi momenti. Una prima fase preparatoria scaturisce dall’accertamento dell’abuso edilizio effettuato dagli uffici tecnici comunali ed e diretta a descrivere  e qualificare esattamente le opere realizzate in assenza  e o difformità dai titoli abilitativi . Nell’ambito di questa fase s’inserisce Ia verifica della difformità delle opere dalle norme o dalle disposizioni di piano regolatore o degli strumenti urbanistici vigenti.

La fase preparatoria non è autonomamente impugnabile, mentre, sul piano delle garanzie partecipative costituisce il primo momento in cui il responsabile dell’abuso può partecipare al procedimento sanzionatorio, rendendo eventuali dichiarazioni e osservazioni in sede di verbale di accertamento. A seguito dell’accertamento delle irregolarità edilizie, il dirigente o il responsabile dell’ufficio tecnico è obbligato ad adottare l’ordinanza di demolizione.

Quest’ultimo provvedimento, sostanzialmente assimilabile alla diffida a demolire già prevista dall’art. 32 della L.1150/1042,  reca l’intimazione a demolire, entro 90 giorni dalla notifica, l’opera abusiva e a ripristinare il preesistente stato dei luoghi. Il provvedimento deve necessariamente identificare il soggetto passivo e l’oggetto dell’acquisizione; in particolare, deve contenere quelle indicazioni formali (descrizione delle  opere abusive, specificazione dei confini e dei dati catastali dell’area) che, in caso di inottemperanza, sono necessarie per trascrivere nei registri immobiliari l’acquisizione dell’immobile e della  relativa area di sedime.

Destinatario del provvedimento demolitorio non è solo il responsabile dell’abuso, dovendo l’ingiunzione essere notificata anche al proprietario dell’immobile abusivo e del suolo, affinché lo stesso pur se non responsabile dell’abuso, possa attivarsi ai fini della demolizione. 

Fin d’ora si anticipa, che l’omessa notifica al proprietario potrebbe precludere l’acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio comunale. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dci luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione si verifica ope legis l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusiva, della relativa area di sedime, nonché dell’ulteriore superficie astrattamente necessaria secondo le disposizioni urbanistiche vigenti ed in base all’indice di fabbricabilità della zona per la realizzazione di opere analoghe a quella abusiva.

L’acquisizione avviene a titolo originario e di diritto, ossia per la mera decorrenza del termine intimato sicché, il successivo atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione disciplinato dal 4° comma dell’art 31 notificato all’interessato, verificata l’esistenza dci due presupposti legali, acclara un effetto già realizzato e precostituisce un titolo per l’immissione nel possesso e per Ia trascrizione nei registri immobiliari, eseguita gratuitamente.

Nelle intenzioni del legislatore, l’acquisizione al  patrimonio comunale si atteggia, quindi, ad atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale, subordinato unicamente all’accertamento dell’inottemperanza ed al decorso del termine di legge.

In merito al primo presupposto, la stessa dizione legislativa, non richiede che il soggetto sia “soggettivamente” (cioè dolosamente o colposamente) responsabile dell’omessa demolizione, sembra, infatti.  che non rilevi l’imputabilità dell’inottemperanza.

In senso contrario si è, invece, obiettato che Ia natura sostanzialmente sanzionatoria della misura richiede, quale ulteriore indefettibile presupposto, l’addebitabilità giuridica dell’inottemperanza, intesa come volontarietà dell’inosservanza da parte del responsabile dell’abuso.

Proprio la rilevanza  o meno dell’imputabilità dell’inottemperanza ha costituito il crinale sul quale si sono scontrati i due opposti filoni sulla natura costitutiva o dichiarativa dell’atto di accertamento.

Ed è quindi doveroso far riferimento in tal sede alla sua natura giuridica, per cosi dire controversa.  La giurisprudenza che si e venuta a formare quest’ultima non è affatto univoca. Varietà e divergenze di posizioni si registrano anche in dottrina, ove l’acquisizione risulta diversamente configurata. In sintesi, si sono delineati due criteri interpretativi principali tra i quali hanno trovato spazio diversificazioni intermedie con conseguenze sia sul piano sostanziale e processuale, evidentemente diverse.

Una prima impostazione ritiene l’acquisizione gratuita atto vincolato ed automatico, operante sul presupposto dell’inerzia del privato all’ordinanza demolitoria nel termine intimato per il ripristino.

L’altra corrente di pensiero considera, invece, demolizione e acquisizione alternative, sicché l’acquisizione può avere attuazione esclusivamente una volta compiuta la verifica del presupposti legislativamente statuiti dall’art. 31 D.P.R n. 380 del 2001.

Le posizioni, a parer mio, meritano un approfondimento.

Il primo filone giurisprudenziale, che appare più aderente alla lettera della legge, ravvisa il titolo per il trasferimento coattivo del bene in due elementi  tra loro stretta­ mente collegati: un fatto naturale, come il decorso del tempo e l’omissione da parte del responsabile dell’abuso dell’attività demolitoria intimata dall’ordinanza di ripristino. Il successivo atto di cui al. quarto comma dell’art. 31 sarebbe, sempre secondo i sostenitori di questo indirizzo,  destinato ad acclarare un effetto già realizzatosi, verificando l’esistenza dei due requisiti legali e precostituirebbe titolo per l’immissione nel possesso e Ia trascrizione nei registri immobiliari.

L’acquisizione, essendo strettamente connessa all’inerzia del privato a fronte dell’ingiunzione di demolizione, dovrebbe ritenersi conseguenza di un accertamento, di una circostanza (quale appunto l’inottemperanza), e non potrebbe essere considerata una fase procedimentale autonoma ed avulsa dalle precedenti fasi. 

Da detta configurazione dell’istituto, discendono una serie di implicazioni, sia sul versante del procedimento , che della tutela giurisdizionale. Sotto il primo profilo, quello della vincolatività degli atti si fa scaturire l’esonero dall’osservanza delle garanzie partecipative.

Dal punto di vista processuale, si afferma. invece, l’inammissibilità, per carenza di interesse, dell’autonoma impugnazione dell’atto di accertamento dell’inottemperanza, argomentandosi che, in mancanza di tempestiva impugnazione dell’ingiunzione di demolizione, l’effetto acquisitivo di diritto, si sarebbe già realizzato con lo scadere del termine assegnato per Ia demolizione, sicché nessun interesse porrebbe più essere riconosciuto al proprietario del bene una volta che detta proprietà viene trasferita di diritto al Comune.

Incertezze e dubbi già paventati da autorevole dottrina in merito alla natura meramente dichiarativa dell’acquisizione, non hanno, tuttavia; tardato ad insinuarsi anche nelle decisioni dei giudici  amministrativi, cosi da far apparire l’automaticità dell’acquisto sempre meno scontata, sempre meno automatica.

Senza pretendere qui di affrontare in maniera approfondita l’esame della natura dell’atto di accertamento di cui al quarto comma dell’articolo in esame, ciò che preme sottolineare è la difficolta di conciliare la pretesa automaticità dell’acquisizione gratuita, che sembrerebbe derivare dalla lettera della legge, con la necessità, emergente .dalla realtà pratica, di un atto concreto di accertamento che stabilisca, caso per caso, quando l’ingiunzione possa ritenersi adempiuta o meno.

Le premesse e le conclusioni di quel filone giurisprudenziale favorevole all’automaticità degli effetti ablatori sono state smentite e confutate da una nota sentenza della Corte costituzionale in tema di acquisizione gratuita.

La questione di legittimità costituzionale relativamente all’art. 7 della l. n.47/85 era stata prospettata dal giudice a quo (TAR Lazio ordinanza di rimessione dell’ 11.6.90).  Era stata seguita, quale presupposto dell’ordinanza de quo, l’interpretazione secondo cui la norma, nel caso di inottemperanza all’ingiunzione a demolire, prevedesse l’acquisizione gratuita dell’immobile, dell’area di sedime e di quella circostante urbanisticamente necessaria, anche qualora il responsabile dell’abuso fosse un soggetto diverso dal proprietario e questi non avesse potuto impedire la perpetrazione dell’illecito.

La Consulta con Sentenza n. 345 del 1991, ha dichiarato non fondata la questione, basandosi sull’automatismo acquisizione/inottemperanza all’ingiunzione a demolire e sulla natura prevalentemente afflittiva di data  sanzione, ricollegabile alla sua funzione dissuasiva circa la non ottemperanza all’ordine di demolizione, rilevando che la cosiddetta confisca punisce non l’abuso edilizio, bensì detta inottemperanza.

Onde, ammetteva la Corte Costituzionale, questa non può riferirsi al proprietario estraneo all’abuso, poiché ciò contrasterebbe con Ia ratio dell’acquisizione, “in quanto la perdita dell’area di sedime e di quella di pertinenza non potrebbe esercitare un’azione sul responsabile dell’abuso per costringerlo ad eseguire Ia demolizione essendo egli indifferente la sorte di tali beni. In queste ipotesi, non opererebbe Ia confisca, ma il potere di autotutela esecutiva”.

Si evidenzia, infatti, che,  l’ingiunzione a demolire è, come tutti  i provvedimenti amministrativi , dotata del carattere dell’esecutorietà, differita alla scadenza del termine assegnato al contravventore, sicché Ia P.A. dispone del materiale potere di esecuzione d’ufficio.

La Consulta ha inequivocabilmente chiarito che, l’acquisizione dell’area di sedime e di quella necessaria, secondo le disposizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive prevista dall’art. 7 della legge n. 47/85  non é una misura  strumentale, per consentire al Comune di eseguire Ia demolizione, né una sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, abilitando il Sindaco ad una scelta fra Ia demolizione di ufficio e la conservazione  del bene, definitivamente già acquisito.

Dunque, secondo Ia Corte essendo l’acquisizione gratuita una sanzione prevista per l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione ed assolvendo ad una funzione di prevenzione speciale, essa, come risulta dalla stessa formulazione del terzo comma dell’art. 7 della 1. 47/85,  si riferisce esclusivamente al responsabile dell’abuso e non opera, come avviene talvolta per la confisca, quando questa costituisce una misura accessoria di altra sanzione o misura strumentale diretta ad impedire l’ulteriore produzione dell’illecito o l’utilizzazione dei proventi di questo,  nella sfera di altri soggetti, ed in particolare, del proprietario  dell’area, quando risulti inequivocabilmente la sua completa estraneità al compimento dell’opera abusiva o qualora egli, essendone venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con tutti gil strumenti offertigli dall’ordinamento. 

La pronuncia della Corte costituzionale ha, dunque, scisso le due sanzioni della demolizione, che consegue sempre alla commissione dell’abuso edilizio-urbanistico, e dell’acquisizione, correlata, invece, all’inottemperanza dell’ingiunzione a demolire con carattere afflittivo e dissuasivo e quindi applicabile nelle ipotesi in cui svolga detta funzione.

Poiché, dalla ricostruzione della pronuncia n. 345 del 1991 della Corte Costituzionale si desume inequivocabilmente l’illegittimità del provvedimento che disponga l’acquisizione allorché il proprietario dell’area risulti estraneo all’illecito edilizio, l’amministrazione comunale non può fare a meno di accertare Ia condotta di quest’ultimo successiva alla  notifica dell’ingiunzione consentendo al proprietario, in sede istruttoria, di dimostrare eventualmente la sua estraneità all’abuso. Il provvedimento di acquisizione, pertanto, non ha affatto natura meramente ricognitiva di un evento già compiutamente verificatosi ipso iure,  ma è il risultato di una complessa attività di accertamento, articolata secondo precise scansioni procedimentali il cui esito ne condiziona l’efficacia.

La natura costitutiva del provvedimento di acquisizione deriva dal fatto che, con esso, non solo si verifica che non è stato ottemperato, nel termine stabilito, l’ingiunzione, ma che tale comportamento inadempiente è volontario nel senso anzidetto ovvero non dovuto ad obiettiva impossibilita di adempiere.

Consegue che il provvedimento di acquisizione non può considerarsi un atto meramente esecutivo o necessariamente consequenziale alla diffida (o all’inottemperanza ad essa), ma va inteso come un atto contenente la manifestazione di un autonomo potere dell’Amministrazione.

Ragion per cui, restando l’unicità del potere esercitato nel reprimere un abuso edilizio, l’ingiunzione a demolire e l’acquisizione costituiscono due distinte manifestazioni di volontà e pertanto possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale anche separatamente.

Le conseguenze derivanti dalla pronuncia della Corte Costituzionale e segnatamente dal superamento dell’automatismo tra inottemperanza all’ingiunzione e acquisizione, si sono spinte sino alla prospettazione della possibilità di sanzionare gli illeciti edilizi di cui all’art. 31 del D.P.R. 380/01 addirittura prescindendo dall’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile  abusivo

Partendo, infatti,  dal principio affermato dal Giudice delle Leggi, secondo cui “l’operatività dell’ingiunzione a demolire non presuppone  sempre necessariamente la preventiva acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale perché l’ingiunzione è un  procedimento amministrativo di natura autoritativa assistita dal carattere della esecutorietà che consiste nel potere dovere degli organi amministrativi di dare esecuzione ai provvedimenti da essi stessi emanati” si è  addivenuti, in sede giurisprudenziale, ad un’originale interpretazione dell’art. 31 nel senso di ritenere che esso consenta al Comune, nell’ambito dei propri  poteri di vigilanza sull’attività edilizia, di esercitare sempre, anche d’ufficio e sui beni in proprietà di privati, poteri sanzionatori e funzioni ripristinatorie, individuando quindi i singoli casi, con ragionevolezza quale sia l’interesse pubblico da tutelare e quale sia la più idonea modalità di esercizio di tale tutela.

Alla stregua di tale orientamento, il Comune potrebbe prescindere dall’acquisizione dell’area nel caso in cui l’attribuzione al patrimonio pubblico non sia conveniente ed opportuna quanto ai costi di acquisizione dell’area e a utilità di occupazione dell’area immediatamente limitrofa al manufatto abusivo.

Si tratta, beninteso di una  valutazione, di volta in volta,  demandata  all’Amministrazione.

Non v’è dubbio che anche in questi casi il Comune è tenuto  a provvedere d’ufficio alla demolizione, attivando una procedura che oltre a prevedere l’esatta individuazione di ciò che dovrà essere demolito e ad attestare l’inottemperanza del responsabile dell’abuso, prevederà, in luogo dell’acquisizione, un provvedimento che dispone  e, quindi, autorizza  l’immissione temporanea nel possesso dell’area necessaria alla realizzazione dell’intervento demolitorio.

In detto titolo autorizzante l’occupazione  temporanea saranno  indicate le modalità  e la tempistica di esecuzione  della demolizione  e le ragioni pubblicistiche poste alla base del provvedimento (realizzazione di un abuso edilizio, inottemperanza all’ordine di  demolizione, inopportunità dell’acquisizione dell’area al patrimonio pubblico, esigenze ripristinatorie dello stato dei luoghi,  ecc.).

Articolo del:


di Avv. Vincenzo Lamberti

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