Telefonia mobile: il recesso ha un costo?


Tribunale di Taranto: “il recesso non può comportare per legge dei costi, comunque denominati e neanche indiretti”
Telefonia mobile: il recesso ha un costo?
Il Tribunale di Taranto, decidendo l’impugnazione proposta avverso una sentenza del Giudice di Pace di Taranto, si è occupato della questione relativa alla legittimità o meno dell’addebito di spese all’utente che recede dal contratto di telefonia.
Il Giudice di Secondo Grado afferma in maniera chiara che "il recesso non può comportare per legge dei costi, comunque denominati e neanche indiretti".
La disciplina contenuta nel cd. Decreto Bersani rispecchiava la volontà del Legislatore di consentire il recesso e il trasferimento dell’utenza presso altro operatore, senza vedersi addebitare spese.
L’espressione adoperata ("senza spese non giustificate dai costi dell’operatore") ha invero aperto una porta agli operatori, i quali hanno addebitato agli utenti i costi per l’utilizzo della Rete Telecom ed anche i costi del personale addetto alla disattivazione o alla migrazione.
Per il Tribunale di Taranto tali condotte svuotano "di contenuto precettivo la norma del decreto Bersani".
Continua la sentenza, affermando che "il quadro normativo di riferimento della norma introdotta dal Decreto Bersani" è la "conferma dell’interpretazione sulla gratuità del recesso".
Anche la normativa preesistente infatti tutelava il contraente debole, sia con l’applicazione degli artt. 1341 e 1342 c.c. (condizioni generali del contratto e contratto concluso mediante moduli e formulari), sia attraverso l’introduzione delle cosiddette nullità di protezione, introdotte dal Codice del Consumo.

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di Avv. Gianna Manferto

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