Terre e rocce da scavo


Ecco quali le novità e le semplificazioni dopo l’entrata in vigore il D.p.r. 120/2017
Terre e rocce da scavo
Recentemente, il 22 agosto 2017 è entrata in vigore il D.p.r. n. 120 del 13 giugno 2017 recante la disciplina semplificata per la gestione delle terre e rocce da scavo.
Molte le novità e le semplificazioni introdotte in una materia complessa e articolata e che presenta, però, nonostante le semplificazioni adottate, ancora dei punti oscuri e dubbi.

Intanto, c’è da dire che una prima semplificazione riguarda il fatto di aver accorpato in un unico testo le norme che disciplinano, tra le tante materie, la gestione delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti, le caratteristiche affinché siano definite sottoprodotti, il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate come rifiuti, l’utilizzo delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti, la gestione nei siti oggetto di bonifica e il trasporto fuori sito delle terre classificate come sottoprodotti.

Partiamo innanzitutto con le prime due importanti nozioni: la classificazione dei cantieri e la definizione di sottoprodotto.
In merito alla prima nozione si definisce:
- cantiere di grandi dimensioni quello in cui siano prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a 6000 m³ (calcolate sulla sezione di progetto) purché non sottoposto a VIA od AIA
- cantiere di piccole dimensioni quello in cui siano prodotte terre e rocce da scavo in quantità inferiori a 6000 m³ (calcolate sulla sezione di progetto) e sottoposto a VIA od AIA
- cantiere di grandi dimensioni sottoposto a VIA od AIA quello in cui siano prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a 6000 m³ (calcolate sulla sezione di progetto) e non sottoposto a VIA od AIA
In merito alla seconda nozione, si definisce sottoprodotto un materiale generato durante la realizzazione di un’opera principale, in cui le rocce e la terra da scavo sono prodotti che si generano conseguentemente. In altre parole, le rocce e la terra da scavo sono materiali prodotti durante la realizzazione di un’opera, ma lo scopo primario dell’opera stessa non è la produzione di tale materiale.
Da tale definizione ne consegue anche la distinzione tra sottoprodotto e rifiuto. Perché le terre e rocce da scavo non siano considerati rifiuti è necessario che queste:
- siano definiti come sottoprodotti (ovvero, come detto, che siano generati come conseguenza di un’opera primaria)
- il loro utilizzo sia conforme alle disposizioni del piano di utilizzo (solo per i piccoli cantieri)
- siano idonee ad essere utilizzate direttamente senza ulteriore trattamento
- soddisfino i requisiti di qualità ambientale

In base alle norme, il riutilizzo di terre e rocce da scavo può avvenire:
- solo nell’ambito di esecuzione dell’opera primaria che le ha generate oppure di un’opera diversa per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni e, in generale, per ripristini e miglioramenti ambientali
- in processi produttivi in cui il riutilizzo sostituisce materiale di cava

Ma entrando nel vivo delle nuove norme, le semplificazioni maggiori riguardano i piccoli cantieri e la gestione delle loro procedure.
Innanzitutto, è cambiata completamente la modulistica da adottare, che ora è quella allegata al D.p.r. n. 120 del 13 giugno 2017. Inoltre, il piano di utilizzo, compilato a cura dell’esecutore delle opere o direttamente dal proprietario del sito (o comunque colui che ha presentato i progetti per effettuare le opere) dovrà essere presentato almeno 15 giorni prima dell’inizio dei lavori di scavo al Comune del luogo di produzione e all’ARPA.

Elemento importante è che il piano di utilizzo può essere modificato solo due volte (salvo eventuali circostanze sopravvenute, impreviste o imprevedibili) e la modifica dovrà essere inviata almeno 15 giorni prima di effettuare le modifiche stesse.
Allo stesso modo, anche i tempi per il riutilizzo delle terre e rocce da scavo possono essere prorogati una sola volta e per la durata massima di mesi 6 in presenza di circostanze sopravvenute, impreviste o imprevedibili e solo a fronte di motivazioni tassativamente giustificate.

Nonostante le semplificazioni introdotte, restano due punti da chiarire:
1. Nel D.p.r. 120/2017 viene richiesto che il produttore dimostri, qualora le terre e rocce da scavo siano destinate a recuperi, ripristini, rimodellamento, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo, che non siano superati valori limite prestabiliti dal D.Lgs 152/06. Ma per accertarlo sono necessarie analisi, dunque la semplificazione tanto cercata verrebbe in qualche modo meno
2. Il trasporto fuori sito di produzione delle terre e rocce da scavo (sottoprodotti) deve essere accompagnato da una bolla di trasporto da predisporre in triplice copia per il proponente/produttore, per il trasportatore e per il destinatario (o in quarta copia nel caso in cui proponente ed esecutore siano soggetti diversi). Ma il documento allegato al D.p.r. 120/2017 è denominato "numero viaggi". Anche sul punto ci sarebbe bisogno di maggior trasparenza.


Il mio studio offre maggiori informazioni al riguardo oltre a garantire consulenza e assistenza in materia.

Articolo del:


di Dott.ssa Isabella Aimone Secat

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