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Tribunale e televisione: gli effetti sul pubblico nei processi


La televisione si focalizza su un unico segmento dell’esame del teste, tralasciando alle volte delle parti importanti, influenzando il telespettatore.
Tribunale e televisione: gli effetti sul pubblico nei processi

Ho sempre provato interesse per i programmi televisivi che si occupano di cronaca, trovandoli per lo più stimolanti e ben fatti nel modo in cui ti prospettano il caso, riferendomi esclusivamente alla capacità di rendere un evento tragico e di difficile soluzione alla portata di tutti, anche di quelli che non hanno mai avuto alcun tipo di rapporto con la giustizia come operatore.

Il problema nasce da come sei stato “educato”, perché mi rendo conto che è una questione di mentalità la quale ti fa propendere da una parte o dall’altra nella così detta battaglia tra innocentisti e colpevolisti, i quali trovano sapientemente i propri generali nei numerosi “esperti” di turno ospiti dei programmi.

Da cosa dipende tutto ciò? Perché in noi gente comune,  c'è il bisogno di emettere una sentenza senza possibilità di Appello? Ho cercato di darmi una risposta, e anticipo che non sono arrivato ad una univoca interpretazione, ma voglio dare il mio punto di vista da avvocato penalista, che si è occupato qualche volta anche di casi che sono finiti agli onori della cronaca.

Innanzitutto, mi rendo conto che non è facile poter comprendere la difficoltà che si cela dietro un processo, inteso come quello vero svolto all’interno di un Tribunale, per distinguerlo da quello svolto all'interno degli studi televisivi, il quale spesso viene confuso come unica fonte della verità; infatti, a dire il vero nel processo reale sono presenti tante fasi alcune delle quali prettamente tecniche, fatte anche di tante udienze susseguite nel tempo, finalizzate solo alla regolare costituzione delle parti, oppure di altrettante numerose udienze finalizzate solo alla ammissione delle prove, le quali solo a titolo di promemoria si formano nel dibattimento e vengono utilizzate dal Giudice per la sentenza.

La parte del processo che preferisco di più è quest’ultima, unitamente all’esame dei testi indicati, i quali rimangono la parte più importante del dibattimento.

Quanto sia difficile l’esame e il contro esame dei testi lo possono sapere solo gli avvocati e i giudici, anche perché spesso in questo momento si forma la convinzione del Giudice risolutore del caso in un verso piuttosto che nell’altro.

Proprio su questo punto spesso la televisione si focalizza su un unico segmento dell’esame del teste, tralasciando alle volte delle parti importanti che prese singolarmente e non del tutto contestualizzate fanno si che il telespettatore si faccia influenzare dal video che sempre più spesso viene utilizzato in modalità loop, stringendo il campo solo su una singola frase o parte del discorso non contestualizzato.

A questo punto qualcuno potrebbe rispondermi che non è così,  e che in realtà per gli ovvi motivi dei tempi ristretti della televisione, gli autori del programma sono costretti a tagliare quel pezzo o quelle parti del processo, per far si che lo spettatore non venga travolto dalla noia e rimanga fermo al suo posto senza possibilità di cambiare canale. Ragioni che da un punto di vista strettamente televisivo sono sacrosante perché è il loro lavoro glielo impone, e non vi è possibilità di fare altrimenti. Lo scopo è di creare un condensato televisivo che sia allo stesso tempo fruibile per tutti e completo, nel senso che racchiuda ogni parte del processo riassumendolo.

È ovvio che ci troviamo in due campi completamente diversi, in uno si deve fare audience e nell’altro si deve arrivare alla verità giuridica.

Sono sicuro che lo scopo principale delle trasmissioni televisive sia questo, anche perché spero non si vogliano ergere a tribunale, nel rispetto del ruolo che svolge nella società civile tale istituzione fatta di tantissime persone che vi lavorano.

Quindi ad ognuno il suo ruolo, basti essere consapevoli di ciò perché è la chiave di lettura della questione prospettata.

Da dove nasce la  voglia di scrivere un articolo su questo argomento? Forse dal fatto che spesso mi trovo a confrontarmi con persone che non sanno minimamente di cosa sia un Tribunale e di come si svolge la vita al suo interno, e di come si affrontano i processi che non sono nient’altro che uno spaccato della vita reale, fatto di regole ben precise che devono essere la garanzia per tutti,  di poter essere giudicati nel momento in cui si è chiamati al cospetto del magistrato, secondo i principi sanciti dalla costituzione.

Proprio col confronto dell’amico, del familiare, spesso si discute anche animatamente su quello che si crede di sapere dalla televisione e il momento preciso inizia quando scattano gli arresti cautelari dell’indagato, perché inevitabilmente viene associato ad una inevitabile ammissione di responsabilità.

Il processo è fatto di varie fasi, la prima per i fatti di cronaca che è quella più mediatica, è proprio la fase cautelare, intesa come l’arresto dell’indagato, il quale viene ristretto dopo il vaglio del Giudice delle Indagini Preliminari (G.I.P.), successivamente alla richiesta di misura cautelare, proposta dal Pubblico Ministero (P.M.), il quale ha svolto o coordinato le indagini una volta acquisita la notizia di reato.

Già in questo preciso momento il cittadino è automaticamente propenso ad una intrinseca colpevolezza dell’indagato, cosa che si capisce nel momento in cui cerchi di far capire al tuo interlocutore di turno, che la misura cautelare non equivale ad una sentenza di colpevolezza, ma solo ad una fase incidentale del processo. Purtroppo, il discorso finisce sempre nello stesso modo e con le stesse parole pronunciate dall’amico, il quale ti stronca dicendo “ Vabbè allora perché lo hanno arrestato?!”. Solo in questo momento capisci che il discorso non può che finire male e preferisci assecondarlo o canzonarlo prendenti gioco di lui, magari ricordandogli che se fosse così non ci sarebbero stati tanti errori giudiziari che hanno rovinato la vita delle persone e dei loro familiari.

Questo argomento non voglio approfondirlo adesso, ma sarà oggetto di un'altra articolo anche perché merita un approfondimento specifico, magari citando qualche caso famoso.

Alle volte mi chiedo come sia verifichi tutto questo, e di come sia possibile evitarlo, anche perché mi rendo conto che l’interlocutore è fortemente plagiato dalla televisione, avendo lui stesso a portata di mano una sola faccia della medaglia, quella più veloce e fruibile del programma televisivo.

La soluzione potrebbe essere nel portare il telespettatore in quei luoghi deputati alla giustizia e di come viene quotidianamente amministrata, portandolo a toccare con mano la realtà, e inevitabilmente lo stesso comincerebbe a porsi tante domande mettendo da parte tutte le sue certezze.

La verità è che siamo abituati a dare sempre giudizi, alle volte sprezzanti, al comportamento altrui in ogni momento della nostra esistenza, dalla cosa più piccola al fatto di cronaca più eclatante senza renderci conto che il nostro giudizio può essere del tutto errato, anche quando abbiamo la soluzione del caso da più persone che converge sempre nello stesso punto.

Il processo è una cosa seria e non deve essere confuso con la televisione altrimenti si finirà per credere a qualunque cosa che ci viene propinata sotto forma di immagini televisive, con il sottofondo di una musica incalzante in stile scena di “Psyco”.

Avv. Luca Troncone

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