Scissione societaria, la tutela patrimoniale dei beni dal rischio di impresa


Il processo di segregazione dei beni dell'imprenditore, ecco come tutelare il patrimonio dal rischio di impresa
Scissione societaria, la tutela patrimoniale dei beni dal rischio di impresa

 

Quando un individuo decide di fare l’imprenditore è perché insegue dei sogni, non ultimo quello di diventare ricco. Se è tenace, ha buone idee, sa cogliere le opportunità e rinnovarsi, la sua impresa crescerà di conseguenza e genererà flussi finanziari sempre crescenti.

Una parte di questi tornerà nella sua disponibilità sotto forma di emolumenti e dividendi e il rimanente verrà investito nell’impresa. Il reinvestimento in azienda avviene attraverso diverse forme, ad esempio: acquisto di macchinari ed attrezzature, sviluppo di brevetti, assunzione di ulteriore personale. Non è infrequente il caso che l’imprenditore utilizzi la sua impresa come veicolo per operare degli acquisti, solitamente immobili, da intendersi come investimento personale. Ciò accade in particolare quando l’impresa gode di ottima salute e, quindi, si cerca di ottimizzare il carico fiscale ricorrendo ad investimenti che permettano un parziale ristoro di base imponibile, oltre ad essere di utilità per l’impresa stessa.

L’ottimizzazione della base imponibile non è però la sola ragione; talvolta l’imprenditore utilizza la sua azienda per poter effettuare degli investimenti che gli sarebbero altrimenti impossibili come privato, a causa dell’eccessivo esborso oppure per un merito di credito giudicato insufficiente.

Trascorso del tempo e consolidata l’azienda, l’imprenditore avverte l’esigenza di consolidare il suo patrimonio anche nell’ottica di garantire una rendita per sé o per la propria famiglia.

Si interroga, a quel punto, sulle modalità da utilizzare per ricondurre nel proprio ambito le risorse che ha individuato come personali e che si trovano nel perimetro della sua azienda.

La prima soluzione che normalmente viene in mente è quella della retrocessione dei beni dal perimetro aziendale al proprio ambito.

Si tratta di una soluzione estremamente dispendiosa in termini fiscali oltre che burocratici. Bisogna infatti procedere ad una cessione fatta a prezzi di mercato, il cosiddetto valore normale, per la quale l’azienda si trova costretta ad applicare l’Iva oltre alla quasi certa emersione di una plusvalenza tassata. Questi sovra costi devono essere ribaltati sull’imprenditore che si trova, in un certo qual modo, a pagare due volte, una volta come azienda ed un’altra come privato, ciò che, di fatto, è già suo.
Esistono delle alternative per ottenere comunque il risultato sperato, con costi decisamente inferiori.
La più lineare di queste è la scissione.

 

Cos'è la scissione

La scissione è una delle operazioni straordinarie di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale previste dal nostro ordinamento e dà la possibilità di scorporare una parte delle attività dell’impresa e di conferirle ad una società di nuova costituzione, detta beneficiaria, in cui i soci sono gli stessi e portano le stesse percentuali di partecipazione detenute nella società originaria, detta scissa.

Una scissione attuata con queste modalità è detta scissione parziale proporzionale, non richiede l’intervento di periti o di altre figure terze ed ha tempi di attuazione piuttosto rapidi, cioè 60gg.

Il pregio più grande della scissione è rappresentato dalla sua neutralità fiscale.
Il termine fiscalmente neutro sta a significare che il trasferimento dei beni non è assoggettato ad Iva, non emergono plusvalenze in capo alla società scissa e l’imposta di registro è stabilita in maniera fissa.

L’operazione di scissione permette di scorporare attività e passività liberamente; non è cioè previsto a livello normativo un vincolo di correlazione. Ciò non toglie comunque che esista un vincolo legato al buon senso: se si conferisce alla beneficiaria un immobile gravato da mutuo è chiaro ed evidente che bisogna trasferirgli anche la quota di debito iscritta in bilancio.

Va detto, per completezza, che esistono anche altre forme di scissione, più precisamente: non proporzionale, totale, neutra. Si tratta però di forma realizzative, non adatte quindi al processo di segregazione, cioè di tutela patrimoniale, dei beni dell’imprenditore dal rischio di impresa.
Alla conclusione dell’operazione di scissione parziale proporzionale l’imprenditore si troverà a detenere quote in due società: quella operativa e quella neocostituita che fungerà da cassaforte.

L’imprenditore a questo punto è completamente padrone del suo futuro: può gestire separatamente la società che contiene i beni oggetto di scissione, può vendere la società operativa più liberamente di quello che avrebbe potuto fare se quest’ultima avesse detenuto in pancia quei beni, normalmente trattasi di immobili, il più delle volte non strumentali, può darli in locazione alla società operativa o, in ultima analisi, cedere le quote della società beneficiaria in caso si presentasse una ghiotta opportunità.

Il processo di segregazione non può essere programmato ed attuato con tempistica casuale, ma va pianificato per tempo perché esistono, come in tutte le cose della vita, anche delle controindicazioni. Tutte superabili se l’operazione di scissione è attuata con le giuste modalità.
Le principali criticità in cui si può incorrere nell’attuazione dell’operazione di scissione possono essere così riassunte:

1. Capitalizzazione

Nella scissione la differenza contabile tra le attività e le passività conferite rappresenta il patrimonio netto (capitale più eventuali riserve) della beneficiaria a cui, specularmente, corrisponde una analoga diminuzione del patrimonio netto della società scissa. E’ necessario, quindi, valutare a priori l’entità della diminuzione e verificare se e quali ulteriori passività possano essere conferite alla beneficiaria per limitare l’impatto del decremento, tenendo comunque presente che la beneficiaria deve essere in grado di sostenerle.

Se, malgrado ciò, il patrimonio netto risulta insufficiente è necessario prendere in considerazione l’opzione di effettuare un versamento in conto capitale così da ancorarlo al patrimonio netto ed evitare di trovarsi l’operazione bloccata per mancata soddisfazione del requisito del capitale.

 

2. Rapporti con gli istituti di credito

Le banche concedono le linee di credito di primo grado (affidamento di cassa) e di secondo grado (sconto fatture) sulla base dei bilanci annuali e sulle situazioni di periodo fornite dall’azienda. Una volta acquisite procedono a calcolare alcuni indici finanziari specifici per la verifica dei requisiti patrimoniali (la cosiddetta capitalizzazione) e di rischio. E’ opinione diffusa nel mondo imprenditoriale che il termine bancario “capitalizzazione” sottintenda avere un capitale sociale e delle riserve, cioè il patrimonio netto, non troppo esiguo.

In realtà non è così; le banche guardano soprattutto agli attivi dei bilanci, in particolare agli immobili ed alle partecipazioni. Per loro ha molto più merito di credito, il cosiddetto scoring, una società con impianti ed immobili ed un capitale sociale pari al minimo legale, piuttosto che una società che non possiede altre immobilizzazioni significative, che non siano i crediti commerciali, ed un patrimonio netto relativamente cospicuo.

L’operazione di scissione impatta sia sulle attività che sul patrimonio netto riducendoli e ciò, se non pianificato attentamente, può causare problemi perché gli istituti di credito possono chiedere il rilascio di fidejussioni personali, od altre forme di garanzia, per permettere all’azienda di continuare ad operare con le linee di credito esistenti.

 

3. Opposizione dei creditori

Nella operazioni di scissione, dal momento del deposito del progetto al momento dell’assemblea di ratifica dell’operazione con costituzione della società beneficiaria, redatta presso un notaio, devono decorrere 60 giorni.  Questo intervallo di tempo è stato previsto dal legislatore per permettere ai creditori di venirne a conoscenza e, se ne ricorrono i presupposti, presentare un decreto di opposizione all’attuazione dell’operazione.

Se la scissione viene congegnata in un periodo di crisi aziendale, quindi con l’unico scopo di sottrarre dei beni dall’aggressione dei terzi, l’operazione è destinata a naufragare.

Fatte queste doverose premesse è, quindi, intuibile che il processo di segregazione dei beni dell’imprenditore dal rischio di impresa deve essere attentamente valutato e pianificato per tempo in tutti i suoi aspetti. I requisiti di capitalizzazione devono essere rispettati, la situazione economica e finanziaria devono essere soddisfacenti e consolidate già da qualche esercizio in modo da rispettare i requisiti di merito di credito imposti delle banche, ed evitare azioni da parte di terzi creditori sociali.
Un’attenta analisi delle variabili in gioco, unita ad una strategia gestionale e patrimoniale almeno di medio periodo, consentirà all’imprenditore di poter godere tranquillamente della sua rendita senza compromettere la sua ricchezza più importante: l’azienda.

 

Articolo del:


di Dott. Enrico Gigliucci

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