U.E.: impiccati al 3% nel rapporto deficit/pil


Un disastro economico e sociale per rispettare un numero partorito da un misto di superficialità, ignoranza e crudeltà umana
U.E.: impiccati al 3% nel rapporto deficit/pil
Come noto gli Stati aderenti all’Unione Europea in base al famigerato "Trattato di Maastricht" hanno l’obbligo di contenere la spesa pubblica entro il 3% del conseguito prodotto interno lordo (pil). Detto in termini più espliciti quel numero è la differenza tra la spesa annuale di uno Stato (creazione di ricchezza) e la sua capacità produttiva da cui poi ricavare gli introiti fiscali (distruzione di ricchezza). Percentuale che con l’ultimo aberrante accordo sul "Fiscal Compact" dovrà essere ulteriormente ridotta in quanto ritenuta eccessiva. Sic!
E’ incomprensibile come la quasi totalità dei cittadini non si sia mai chiesta, e ancora non si chieda, da dove sia scaturito quel tragico 3%. Se, a suo tempo, lo avesse appurato si sarebbe accorta dell’assoluta gratuità di quel numero pretendendone l’immediata rimozione e oggi non staremmo qui a parlarne con tutto il carico di sofferenze umane che tale rapporto ha inflitto e continua ad infliggere a milioni di esseri umani.
Dunque, vediamone l’origine secondo quanto riferito dal suo suggeritore Guy Abeille, ex funzionario della direzione del Bilancio del governo Mitterrand:
"Abbiamo stabilito la cifra del 3 per cento in meno di un'ora. È nata su un tavolo, senza alcuna riflessione teorica. Mitterrand aveva bisogno di una regola facile da opporre ai ministri che si presentavano nel suo ufficio a chiedere denaro (...). Avevamo bisogno di qualcosa di semplice. Tre per cento? È un buon numero, un numero storico che fa pensare alla trinità"
Sperimentata in Francia negli anni '80 quella soglia percentuale "francese" fu promossa ad "europea" con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht costituendone così uno dei suoi fondamentali parametri.
E’ incredibile come una decisione di tale (infausta) portata sia stata assunta e, di fatto, imposta senza nemmeno una parvenza di analisi teorica che, comunque, mai avrebbe potuto affermarsi essendo priva di una qualsiasi base scientifica.
E’ bene sapere che il rispetto di quel rapporto ha comportato e comporta, per un Paese come il nostro con un pil stagnante, ripetuti tagli di spesa pubblica che tradotti nella vita quotidiana dei suoi cittadini significa: disoccupazione giovanile, precariato, sacche di povertà a livelli mai visti dal dopoguerra, tagli alla sanità con aumento della mortalità, patrimonio e servizi pubblici (ospedali, scuole, strade, trasporti..) sempre più fatiscenti e inefficienti, una interminabile miriade di fallimenti di piccole e medie imprese come conseguenza di un generale processo di deindustrializzazione o delocalizzazione estera di estesi comparti produttivi, pensioni, salari e stipendi bloccati e sempre più insufficienti per fare fronte al costante aumento del costo della vita e ......penso possa bastare.
E tutto questo disastro economico e sociale per rispettare un numero partorito da un misto di superficialità, ignoranza e crudeltà umana. Già due tra i più grandi economisti della storia, Keynes e Lerner, affermavano che il deficit di bilancio non è un numero, ma soltanto uno strumento col quale uno Stato spendendo quanto necessario nell'esclusivo intesse pubblico riesce ad ottenere la piena occupazione, la piena produzione, il pieno risparmio.

Articolo del:


di Nivel Egidio Ruini

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse