“Un diamante x sempre… se è la banca a venderlo!"
L'Antitrust sanziona le banche per l'affare dei diamanti ed arrivano le prime proposte di rimborso parziale ai clienti

"Un diamante è per sempre". Nessuna frase è più inflazionata di questa quando si ha a che fare con il prezioso metallo oggetto dei desideri di molte donne e motivo di apprensione per molti uomini.
Nell'ultimo periodo, però, i diamanti sono stati coinvolti in attività che con il romanticismo di coppia hanno ben poco a che fare, attività che hanno colpito indistintamente donne e uomini in quanti risparmiatori ed investitori.
Si tratta delle pietre preziose messe in vendita da società del settore (DLB - Diamond Love Bond, DPI- Diamond Private Investment ed IDB - Intermarket Diamond Business) tramite gli sportelli dei più grandi poli bancari italiani. Come ha funzionato finora?
Le banche, previ accordi con le società citate di cui utilizzavano il materiale informativo, consigliavano ai propri clienti l'acquisto di diamanti, presentandoli come un investimento sicuro, a rischio zero, estremamente redditizio ma a lungo periodo, tacendo il loro grado di appetibilità sul mercato e sulle conseguenti possibilità di rivendita.
Il consumatore, volendo mettere a frutto il proprio investimento, non avrebbe potuto vendere facilmente i diamanti acquistati, perché a) il prezzo a cui gli venivano venduti i diamanti era almeno il doppio del suo valore sui mercati internazionali, b) le commissioni di uscita sarebbero state molto salate.
Lo scandolo è esploso quando i mass media (in primis la trasmissione Report) e gli organi di vigilanza (Antitrust e Consob) si sono interessati alla vicenda. Secondo l'AGCM,"i profili di scorrettezza hanno riguardato le informazioni ingannevoli e omissive diffuse attraverso il sito e il materiale promozionale dalle stesse predisposto in merito" (comunicato stampa AGCM del 30/10/2017), ragione per cui sono state emesse sanzioni rilevanti nei confronti delle banche e delle società. Avverso dette sanzioni quest'ultime hanno proposto ricorso al TAR del Lazio, il quale ha sospeso i provvedimenti sanzionatori e rinviato la decisione ad ottobre 2018.
Al consumatore, i cui risparmi sono stati compromessi, serve dunque sapere cosa può fare per non vedere pregiudicato il proprio investimento. Vi è da dire che gli istituti di credito e le società venditrici di diamanti sono corse ai ripari dopo le prime manifestazioni di protesta da parte delle associazioni dei consumatori e degli organi di vigilanza.
Alcune banche e società hanno già proposto i primi rimborsi: DPI, società a cui si era appoggiata Intesa San Paolo, starebbe ricomprando i diamanti agli sportelli del gruppo di Torino; IDB, legata, tra le altre, a Unicredit e Banco Popolare, afferma di avere soddisfatto mandati a vendere i diamanti sul mercato per un importo vicino al milione di euro.
Il consiglio per i consumatori, in attesa della pronuncia del giudice ammministrativo, è quello di interrompere la prescrizione, inviando alla banca e alla società una formale lettera in tal senso a mezzo raccomandata AR o PEC, richiedendo il rimborso dell'investimento eseguito. Se la missiva dovesse essere disattesa, non è esclusa la possibilità di fare valere la propria posizione in sede di contenzioso, chiedendo all'autorità giudiziaria, per esempio, l'invalidità del contratto e/o la risoluzione, fermo restando il risarcimento del danno. Un'alternativa potrebbe essere quella di aderire ad una futura class action che le associazioni dei consumatori si sono dette pronte a promuovere, sempre fermo restando che è bene conoscere l'esito del giudizio pendente davanti al TAR del Lazio.
Nulla è perduto, quindi, ma non può dirsi diamante..tutto ciò che luccica!
Nell'ultimo periodo, però, i diamanti sono stati coinvolti in attività che con il romanticismo di coppia hanno ben poco a che fare, attività che hanno colpito indistintamente donne e uomini in quanti risparmiatori ed investitori.
Si tratta delle pietre preziose messe in vendita da società del settore (DLB - Diamond Love Bond, DPI- Diamond Private Investment ed IDB - Intermarket Diamond Business) tramite gli sportelli dei più grandi poli bancari italiani. Come ha funzionato finora?
Le banche, previ accordi con le società citate di cui utilizzavano il materiale informativo, consigliavano ai propri clienti l'acquisto di diamanti, presentandoli come un investimento sicuro, a rischio zero, estremamente redditizio ma a lungo periodo, tacendo il loro grado di appetibilità sul mercato e sulle conseguenti possibilità di rivendita.
Il consumatore, volendo mettere a frutto il proprio investimento, non avrebbe potuto vendere facilmente i diamanti acquistati, perché a) il prezzo a cui gli venivano venduti i diamanti era almeno il doppio del suo valore sui mercati internazionali, b) le commissioni di uscita sarebbero state molto salate.
Lo scandolo è esploso quando i mass media (in primis la trasmissione Report) e gli organi di vigilanza (Antitrust e Consob) si sono interessati alla vicenda. Secondo l'AGCM,"i profili di scorrettezza hanno riguardato le informazioni ingannevoli e omissive diffuse attraverso il sito e il materiale promozionale dalle stesse predisposto in merito" (comunicato stampa AGCM del 30/10/2017), ragione per cui sono state emesse sanzioni rilevanti nei confronti delle banche e delle società. Avverso dette sanzioni quest'ultime hanno proposto ricorso al TAR del Lazio, il quale ha sospeso i provvedimenti sanzionatori e rinviato la decisione ad ottobre 2018.
Al consumatore, i cui risparmi sono stati compromessi, serve dunque sapere cosa può fare per non vedere pregiudicato il proprio investimento. Vi è da dire che gli istituti di credito e le società venditrici di diamanti sono corse ai ripari dopo le prime manifestazioni di protesta da parte delle associazioni dei consumatori e degli organi di vigilanza.
Alcune banche e società hanno già proposto i primi rimborsi: DPI, società a cui si era appoggiata Intesa San Paolo, starebbe ricomprando i diamanti agli sportelli del gruppo di Torino; IDB, legata, tra le altre, a Unicredit e Banco Popolare, afferma di avere soddisfatto mandati a vendere i diamanti sul mercato per un importo vicino al milione di euro.
Il consiglio per i consumatori, in attesa della pronuncia del giudice ammministrativo, è quello di interrompere la prescrizione, inviando alla banca e alla società una formale lettera in tal senso a mezzo raccomandata AR o PEC, richiedendo il rimborso dell'investimento eseguito. Se la missiva dovesse essere disattesa, non è esclusa la possibilità di fare valere la propria posizione in sede di contenzioso, chiedendo all'autorità giudiziaria, per esempio, l'invalidità del contratto e/o la risoluzione, fermo restando il risarcimento del danno. Un'alternativa potrebbe essere quella di aderire ad una futura class action che le associazioni dei consumatori si sono dette pronte a promuovere, sempre fermo restando che è bene conoscere l'esito del giudizio pendente davanti al TAR del Lazio.
Nulla è perduto, quindi, ma non può dirsi diamante..tutto ciò che luccica!
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