Università: accesso programmato e trasferimento
In tutti i casi di trasferimento di uno studente in una facoltà ad accesso programmato non è necessario il superamento di alcun test di preselezione

Il TAR Campania, Napoli, Sez. IV, con sentenza n. 2489 del 9 maggio 2017 ha confermato l'orientamento, secondo cui in tutti i casi di trasferimento di uno studente in una facoltà ad accesso programmato non è necessario il superamento di alcun test di preselezione.
A tale conclusione Il Collegio giunge alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa applicabile, nonché dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria del 2015.
L’Adunanza Plenaria, in particolare, ha evidenziando che:
i) "a livello di normazione primaria e secondaria, le uniche disposizioni in materia di trasferimenti si rinvengono ai commi 8 e 9 dell’art. 3 del D.M. 16 marzo 2007 in materia di "Determinazione delle classi di laurea magistrale", che, senz’alcun riferimento a requisiti per l’ammissione, disciplinano il riconoscimento dei crediti già maturati dallo studente", nel senso che (art. 8) saranno i regolamenti didattici ad assicurare il riconoscimento del maggior numero possibile dei crediti già maturati dallo studente, secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del corso di laurea di destinazione, anche ricorrendo eventualmente a colloqui per la verifica delle conoscenze effettivamente possedute, e motivando adeguatamente sul mancato riconoscimento.
ii) Per contro, l’art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264 subordina l’ammissione ai corsi i cui accessi sono programmati a livello nazionale (art. 1) o dalle singole università (art. 2) al "previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi".
iii) Sebbene la norma non riferisca espressamente la locuzione "ammissione" al solo "primo accoglimento dell’aspirante nel sistema universitario, a rendere sicuramente preferibile e privilegiata tale interpretazione può valere, nell’àmbito del corpus complessivo delle norme concernenti l’accesso ai corsi di studio universitari, l’art. 6 del D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, che, nell’indicare i "requisiti di ammissione ai corsi di studio", fa esclusivo riferimento, ai fini della ammissione ad un corso di laurea (di primo livello o magistrale: vedansi i commi dall’1 al 3), al "possesso del diploma di scuola secondaria superiore", ch’è appunto il titolo imprescindibile previsto per l’ingresso nel mondo universitario; il che rende palese che quando il legislatore fa riferimento alla ammissione ad un corso di laurea, intende riferirsi appunto allo studente (e solo allo studente) che chieda di entrare e sia accolto per la prima volta nel sistema.
Orbene, secondo il TAR Napoli le considerazioni che precedono non possono che avere riguardo al sistema universitario considerato nel suo complesso, e non possono restare circoscritte ai limitati casi di laureati provenienti da università straniere, pena la violazione di basilari principi costituzionali in materia di diritto allo studio e di eguaglianza tra soggetti coinvolti nelle medesime situazioni.
Pertanto, il test preselettivo, così come non può essere utilizzato per limitare il passaggio di studenti già immatricolati da università straniere a università italiane, parimenti non è legittimo utilizzarlo quale barriera preclusiva, per impedire l’iscrizione di studenti già laureati, dovendo rimettersi all’ateneo la valutazione in ordine al valore da attribuire agli esami sostenuti e, in finale, alla collocazione dello studente.
A tale conclusione Il Collegio giunge alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa applicabile, nonché dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria del 2015.
L’Adunanza Plenaria, in particolare, ha evidenziando che:
i) "a livello di normazione primaria e secondaria, le uniche disposizioni in materia di trasferimenti si rinvengono ai commi 8 e 9 dell’art. 3 del D.M. 16 marzo 2007 in materia di "Determinazione delle classi di laurea magistrale", che, senz’alcun riferimento a requisiti per l’ammissione, disciplinano il riconoscimento dei crediti già maturati dallo studente", nel senso che (art. 8) saranno i regolamenti didattici ad assicurare il riconoscimento del maggior numero possibile dei crediti già maturati dallo studente, secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del corso di laurea di destinazione, anche ricorrendo eventualmente a colloqui per la verifica delle conoscenze effettivamente possedute, e motivando adeguatamente sul mancato riconoscimento.
ii) Per contro, l’art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264 subordina l’ammissione ai corsi i cui accessi sono programmati a livello nazionale (art. 1) o dalle singole università (art. 2) al "previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi".
iii) Sebbene la norma non riferisca espressamente la locuzione "ammissione" al solo "primo accoglimento dell’aspirante nel sistema universitario, a rendere sicuramente preferibile e privilegiata tale interpretazione può valere, nell’àmbito del corpus complessivo delle norme concernenti l’accesso ai corsi di studio universitari, l’art. 6 del D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, che, nell’indicare i "requisiti di ammissione ai corsi di studio", fa esclusivo riferimento, ai fini della ammissione ad un corso di laurea (di primo livello o magistrale: vedansi i commi dall’1 al 3), al "possesso del diploma di scuola secondaria superiore", ch’è appunto il titolo imprescindibile previsto per l’ingresso nel mondo universitario; il che rende palese che quando il legislatore fa riferimento alla ammissione ad un corso di laurea, intende riferirsi appunto allo studente (e solo allo studente) che chieda di entrare e sia accolto per la prima volta nel sistema.
Orbene, secondo il TAR Napoli le considerazioni che precedono non possono che avere riguardo al sistema universitario considerato nel suo complesso, e non possono restare circoscritte ai limitati casi di laureati provenienti da università straniere, pena la violazione di basilari principi costituzionali in materia di diritto allo studio e di eguaglianza tra soggetti coinvolti nelle medesime situazioni.
Pertanto, il test preselettivo, così come non può essere utilizzato per limitare il passaggio di studenti già immatricolati da università straniere a università italiane, parimenti non è legittimo utilizzarlo quale barriera preclusiva, per impedire l’iscrizione di studenti già laureati, dovendo rimettersi all’ateneo la valutazione in ordine al valore da attribuire agli esami sostenuti e, in finale, alla collocazione dello studente.
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