Quale valore probatorio delle risultanze delle "scatole nere"?
Dispositivi satellitari e vlore probatorio dei rilievi
La cosiddetta legge sulla concorrenza e mercato ha introdotto un nuovo articolo al Codice delle Assicurazioni Private, precisamente l'art. 145-bis titolato "Valore probatorio delle cosiddette «scatole nere» e di altri dispositivi elettronici".
Il legislatore spinge per l'adozione delle scatole nere installate sui veicoli al fine di gestire con maggiore veridicità le conseguenze dei sinistri stradali e avere un supporto probatorio importante per la determinazione della responsabilità dell'incidente, nonché evitare truffe nel settore assicurativo.
Secondo il decreto “Destinazione Italia”, in caso di sinistro con automezzo con la scatola nera "le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento del dispositivo".
Prima della riforma ci sono state pronunce con le quali si è disconosciuta l'attendibilità ai rilievi effettuati con la cd “scatola nera” (tra queste si ricorda la sentenza del Giudice di Pace di Noci n. 32/2011; quella del Tribunale di Bari – Sezione di Putignano – n. 145/2013; quella del Gdp Viterbo, n. 2956/06).
Sostanzialmente, dei dubbi in merito alla possibilità di far ritenere provato un sinistro stradale con tali meccanismi sussistono.
Invero, generalmente, un apparecchio quale la scatola Unibox o Octo Telematic ovvero qualsiasi altro dispositivo satellitare, rileva “le accelerazioni che si determinano nella circolazione stradale, quando queste siano riferibili, per intensità ed intervallo in cui si verificano, ad un urto, e quindi superano anche la soglia minima, stabilita in 2g; provvedono a registrarle memorizzandole; ed inviano un messaggio alla centrale operativa tramite un sistema di comunicazione Gsm, comprensivo della posizione topografica rilevata tramite Gps. che attiva anche il soccorso stradale nel caso che tali accelerazioni siano talmente elevate da configurare un incidente grave.
Se vi è urto, ma con accelerazione di entità minore di 2m/s2, esso non viene rilevato e neppure trasmesso alla centrale operativa (… ); la misura dell’accelerazione viene fornita in multipli e sottomultipli di “g” essendo “g” l’accelerazione di gravità pari a 9.81 m/sec2 (…)”.
Conseguentemente la mancata registrazione di un incidente con un urto non particolarmente forte deve ritenersi possibile.
A ciò si aggiunge che, in mancanza di una previsione specifica, un altro problema afferente l’attendibilità dei rilievi è dato dal fatto che, generalmente, lo strumento non è omologato quale unità di misura per carenza, come detto, della legislazione nazionale, sebbene un apparecchio destinato al rilevamento di scontri automobilistici risponda a specifiche tecniche testate in sede di produzione delle celle accelerometriche e venga provato e testato così che possa ritenersi garantita, quand’anche entro limiti ampi, la precisione della rilevazione.
Ai fini probatori, ad esempio, anche la registrazione costante dei dati di posizione e di utilizzazione della vettura sono un indice del corretto funzionamento dell’apparecchiatura, così come testimoniati dalle stringhe dei dati di percorrenza.
L’art. 32, comma 1 del Decreto Legge n. 1 del 24 gennaio 2012, convertito in Legge n. 27 del 24 marzo 2012, ebbe a modificare l’art. 132 del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs 209/2005), prevedendo la facoltà dell’installazione sul proprio veicolo di meccanismi elettronici che registrano l’attività del veicolo, quali la c.d. “scatola nera” o dispositivi similari. Tanto, al dichiarato fine di limitare le frodi ai danni delle assicurazioni e i costi economici a carico degli assicurati.
L’evoluzione normativa porterà all’obbligatorietà dell'installazione
Ma allora, qual è l’efficacia probatoria della “scatola nera” in caso d’incidente, ovvero qual è il valore processuale dei dati forniti da tali congegni alla luce della introduzione dell’art. 145 bis CDA?
Gli errori nel rilevamento sono certamente plausibili se si tiene conto, ad esempio, del caso nel quale, a seguito di un tamponamento tra due automobili, una delle persone trasportate sull’auto tamponata, ebbe a subire lesioni personali immediatamente refertate presso il Pronto Soccorso; tuttavia, l’auto sulla quale viaggiava il trasportato-danneggiato munita della “scatola nera”, ebbe a fornire dei dati riguardanti la dinamica del sinistro che, a detta della compagnia di assicurazioni, non erano compatibili con le lesioni subite dal danneggiato, così che si assumeva come nessun risarcimento fosse dovuto.
Proprio con riferimento a tale caso si ebbe a pronunciare il Giudice di Pace di Noci, avv. Tiziana Gigantesco che, nella Sent. 32/2011, ebbe ad affermare come i dati forniti dalla “scatola nera” non potevano superare il giudizio positivo di compatibilità tra incidente e lesioni già fornito nell’ambito dello stesso giudizio mediante C.T.U. medico-legale e che i dati della “scatola nera” non potevano invalidare gli altri elementi di prova raccolti, univocamente convergenti sulla sussistenza del nesso tra sinistro e danno lamentato.
Da qui l’inattendibilità scientifica della “scatola nera” perché una teoria, per essere qualificata come scientifica, deve possedere o la generale accettazione della comunità scientifica o i seguenti criteri di affidabilità:
1. verificabilità del metodo: una teoria è scientifica se può essere controllata mediante esperimenti;
2. falsificabilità: la teoria scientifica deve aver subito tentativi di falsificazione i quali, se hanno esito negativo, la confermano nella sua credibilità;
3. sottoposizione al controllo della comunità scientifica: il metodo deve essere reso noto in riviste specializzate in modo da essere controllato dalla comunità scientifica;
4. conoscenza del tasso di errore: al giudice deve essere comunicato, per ogni metodo proposto, la percentuale di errore accertato o potenziale che questo comporta.
Conseguentemente non convincente è il valore di prova legale attribuito alle risultanze della stessa scatola nera come previsto, a partire dallo scorso agosto, dalla legge sulla concorrenza.
Si deve allora segnalare che la questione del valore probatorio della scatola nera è stato rimesso alla valutazione della Corte costituzionale.
Lo ha disposto un’ordinanza di un giudice di pace di Barra (Dott. Ruscillo), emessa il 30 settembre, appena un mese e mezzo dopo l’entrata in vigore della nuova norma.
Il sospetto di incostituzionalità nasce soprattutto dal fatto che la norma (l’articolo 1, comma 20, della legge 124/2017) attribuisce il valore di piena prova dei fatti alle risultanze del dispositivo «salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo» (e la realtà ha dimostrato che casi del genere sono tutt’altro che teorici).
Ciò, secondo il giudice di pace, comporta che nel processo in cui una parte privata (la compagnia assicurativa) deposita i dati registrati dalla scatola nera non avendo l’onere di «dimostrare la legittimità delle acquisizioni e la correttezza delle risultanze», tale onere viene “scaricato” sulla controparte, il cui unico diritto ammesso dalla norma è solo quello di vedersi rendere fruibili le risultanze in questione.
Rispetto a tale produzione documentale di parte, la legge esclude che vi possa essere un contraddittorio tra le parti, come invece impone il principio della parità tra esse ed il diritto di difesa giusta (articoli 111 e 24 della Costituzione).
Tra l’altro, il danneggiato, per far valere le proprie ragioni e contrastare le risultanze della scatola nera, non può nemmeno utilizzare lo strumento della querela di falso, visto che si tratta di confutare atti con fede “privilegiata”, ma non provenienti da pubblici ufficiali.
Allora, non resterebbe che chiedere al giudice di disporre una consulenza tecnica d’ufficio visto che una consulenza di parte sarebbe solo «una mera allegazione difensiva».
A quanto innanzi si aggiunge che non risulta affrontato dalla norma il problema delle scatole nere già montate, all’atto dell’entrata in vigore della norma, sui veicoli in circolazione: sul punto la disposizione afferma che il giudice dovrebbe attribuire valore di prova legale ai dispositivi già in uso, purché «equiparabili».
Ma tale equiparabilità va valutata in base a requisiti che non risultano ancora fissati dal decreto ministeriale.
Dunque, il giudice dovrebbe dare valore alle risultanze della scatola nera come imposto dalla legge in vigore, senza avere la certezza che essa sia poi riconosciuta idonea.
Le osservazioni sollevate dal GDP di Barra appaiono condivisibili.
Non dimentichiamo, però, che anche prima della entrata in vigore dell’art. 145 bis CdA, mentre poteva e, quindi, mentre si può ritenere ammissibile un errore nel rilievo del cd “crash“ per quelle ipotesi di urto lieve, non poteva e, quindi, a maggior ragione non si può ritenere possibile un errore nel rilievo della posizione del veicolo al momento del sinistro, soprattutto quando il punto di localizzazione è molto distante da quello in cui si assume essersi verificato l’incidente.
In tale ipotesi, è evidentemente giustificata la previsione legislativa che sposta sulla parte danneggiata l’onere di dimostrare il cattivo funzionamento dell’impianto di rilevazione.
Il discorso, quindi, sicuramente non è chiuso. Restiamo in attesa di una risposta chiarificatrice della Corte Costituzionale e, magari, di un'interpretazione autentica.
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