Verso un'architettura altruista


Un`emergenza o un evento anomalo spezza, per definizione, le regole del vivere quotidiano e spazza via quelle necessità di cui vogliamo circondarci
Verso un'architettura altruista
Un`emergenza o un evento anomalo spezza, per definizione, le regole del vivere quotidiano e spazza via quelle necessità, spesso indotte, di cui vogliamo circondarci. In particolare pone in evidenza altre - più essenziali - priorità.
Disporre di una casa, intesa come un riparo efficace e sufficientemente confortevole, appare tra le prime e più urgenti necessità.

Le recenti storie di eventi catatostrofici, che a differenza di un tempo si svolgono ora sotto la ripresa diretta delle televisioni, ci hanno permesse di accorgerci (oltre alla drammaticità delle immagini) quale sia la desolazione che regna dopo la catastrofe e quanto sollievo possa offrire disporre di un luogo riparato per organizzare la ricostruzione di una vita. E’ evidente che nel caso di calamità naturali il primissimo soccorso non possa che essere affrontato con tende, roulotte e attrezzature veloci da porre in opera, precarie ma, per così dire, immediate.
Ma nell’immediato "dopo" la necessità di dare un luogo in cui ricreare, anche psicologicamente, la tutela che ci proviene dalla casa appare importante.
Sono molti gli esempi per cui questo "dopo" non è breve e quindi il tema di offrire spazi abitabili, confortevoli, efficienti, esteticamente apprezzabili e potenzialmente duraturi appare un impegno doveroso ma possibile.

La qualità tecnica ed estetica dei manufatti (sia interna, per l’organizzazione degli spazi, per forme e colori che esterna per la sua capacità ambientale) appare importante per restituire serenità a chi si trovi improvvisamente proiettato in una nuova situazione abitativa. Ma l’emergenza, se vogliamo pensare in modo più ampio, non è legata solo ad eventi catastrofici; basti pensare ai forti eventi migratori in atto che portano con sé la necessità di alloggi temporanei e di costruzioni dinamiche, trasformabili ed a costo contenuto. Proviamo a considerare, quella gran parte della popolazione del pianeta che vive in situazioni decisamente lontane dagli standard occidentali in cui Favelas, bidonville, baraccopoli sono modi diversi di declinare un problema di sovraffollamento, ma che testimoniano un modo di abitare in condizione disumane.

Si tratta quindi di pensare non solo all’emergenza (dove il fattore tempo è l’unica discriminante), ma ad un architettura che proviamo a chiamare ALTRUISTA che si spinga alla ricerca di un modello costruttivo rapido, economico ed al tempo stesso confortevole. Un'architettura che affida ai progettisti il compito di confrontarsi con budget ridottissimi e con necessità che sono lontane dagli eccessi e dal surplus degli edifici spettacolo che oggi affollano le pagine delle riviste. Per la verità il tema di una costruzione rapida ed economica è già presente nella storia dell’architettura dagli albori del Movimento moderno. Agli inizi del secolo scorso un grande bisogni di merci, in particolare mezzi di trasporti, suggerisce all’industria il concetto di FAF (facile a fabriquer) come risposta a queste istanze. L’esempio più mirabile di questo approccio può essere ritrovato dalla 2cv della citroen. Questa piccola auto nasce con un semplice e diretto breafing: deve essere per "quattro passeggeri ed un sacco di patate a 60 chilometri all'ora con un consumo di tre litri per cento chilometri". Le sospensioni dovranno permettere l’attraversamento di un campo arato con un paniere di uova senza romperle e la vettura deve essere concepita in modo semplice per permettere ai contadini di utilizzarla. Ed inoltre deve essere possibile entrare a bordo con il cappello in testa.

Quest’auto che ha avuto uno straordinario successo ci mostra come sia stato possibile assolvere a tutte le aspettative di una vasta utenza realizzando un prodotto a robusto ed a costo contenuto.

Questo clima culturale ha fortemente pervaso anche la nuova architettura che in quegli anni cercava di dare risposte alla grande richiesta di abitazioni (anzi i due mondi si alimentarono di vicendevoli e continui scambi) e da questo concetto di FAF che nascono le sperimentazioni di Le Corbusier prima (con le case citrohan e domino) e di Jean Prouvè poi. Le case Citrohan di Le Corbusier, progettate già a partire dal 1920 e realizzate in lotti limitati, sono costruite allo stesso modo di un'auto in una catena di montaggio e vengono assemblate a tempo di record poiché la loro pianta si basa su un modulo replicabile. «Occorre creare lo spirito della produzione in serie, lo spirito di costruire case in serie, lo spirito di concepire case in serie» è il pensiero di Le Corbusier.

Lo spirito industriale, le costruzione assemblate, il costruire a secco (si direbbe oggi), già 100 anni fa furono individuati come le risposte più efficaci per una casa di rapida realizzazione. Alla tecnologia del peso/massa, della muratura e della costruzione in cantiere, si sostituisce la tecnica del costruire assemblando, della struttura e del rivestimento, investendo sulla progettazione e sulla programmazione. Molteplici sono nel tempo le sperimentazioni su questi temi svolte dai più noti architetti e che, mantenendosi fedeli al costruire assemblando, dimostrano come sia possibile dare risposta alle esigenze abitative, pur con budget ridotti, proponendo una elevata "dignità" architettonica.
Gestire le emergenze può essere, quindi, inteso non solo come una rapida risposta ad esigenze abitative contingenti ma come un`occasione per realizzare un modello di architettura più economico, funzionale, duraturo e sostenibile: un’architettura che prima di pensare all’architetto pensi alla gente (che la abiterà). In altre parole, un`architettura altruista.

Articolo del:


di Fabrizio Bianchetti

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse