Violenza sessuale domestica: realtà o finzione?


Alla ricerca della verità, tra mura domestiche e aule di tribunale
Violenza sessuale domestica: realtà o finzione?
Nei processi penali per i reati di violenza sessuale cosiddetta domestica (ossia, violenza sessuale presuntivamente consumata ai danni del coniuge, del convivente, del fidanzato, ecc.), spesso manca la serenità di giudizio. La forte sensibilizzazione al problema (opinione pubblica, mass media, ecc.) provoca una sorta di presunzione di verità, in favore di chi denuncia di avere subito un atto di violenza sessuale. Ciò compromette anche l'imparzialità del giudizio.

Negli ultimi anni, accanto al verificarsi di gravissimi fatti reali di violenza sessuale, sono, purtroppo, aumentati i processi penali per reati di violenza sessuale, instaurati subdolamente da chi ha interesse in un parallelo scontro giudiziario (procedimenti civili per divorzi, separazioni, affidamento di minori, ecc.). Si pensi alla persona che denuncia falsamente il coniuge per ottenere l'affidamento dei figli o, comunque, per assumere una posizione di supremazia in un procedimento di divorzio o separazione. In questi processi penali, l'avvocato che difende la persona accusata, deve sempre procedere ad un interrogatorio serrato (la cosiddetta cross examination), senza lasciarsi influenzare dal pietismo, che spesso circonda inevitabilmente queste vicende. Occorre sempre vagliare, con attenzione, l'attendibilità e la veridicità delle dichiarazioni rese dalla persona denunciante, con lo scopo di smascherare, davanti al giudice, ricostruzioni fattuali false.

Una soluzione potrebbe essere quella di riformare il nostro processo penale, avvicinandolo al modello statunitense, dove le dichiarazioni della vittima e dell'imputato hanno lo stesso peso probatorio. Nel nostro sistema processuale penale infatti, la vittima assume la qualità di testimone e, a differenza dell'imputato, deve giurare davanti al giudice di dire la verità. Nel sistema penale americano invece, anche l'imputato deve giurare davanti al giudice di dire la verità, con la conseguenza che le sue dichiarazioni assumono lo stesso valore probatorio di quelle della (reale o presunta) vittima del reato. Nei processi per i reati di violenza sessuale domestica, difficilmente vi sono testimoni oculari e, se non vi sono altre prove oggettive, diventano decisive le dichiarazioni delle parti in causa, ossia quelle dell'imputato e quelle della persona offesa dal reato. Orbene, se le dichiarazioni dell'incolpato non hanno lo stesso peso probatorio di quelle del denunciante, l'imparzialità reale del giudizio risulta gravemente compromessa. Ciò comporta l'aumento del rischio di condanne per reati di violenza sessuale domestica realmente non commessi.

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di Avv. Massimiliano Nicolai

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