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Concorso a cattedra 2018


Parere sulla possibilità di impugnare il bando del concorso a cattedra 2018 per i dottori di ricerca non abilitati
Concorso a cattedra 2018
Com’è noto il M.I.U.R. con il decreto di cui all’oggetto ha indetto un Concorso per il reclutamento a tempo indeterminato di personale docente nella scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell’art. 17, comma 2, lett. b), e commi 3, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 13.4.2017, n. 59. In particolare il decreto n. 85 all’art. 3 recante i "requisiti di ammissione" prevede che "1. Ai sensi dell'art. 17, comma 3, del decreto legislativo, sono ammessi a partecipare alle procedure di cui al presente decreto i candidati in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento in una o piu' classi di concorso della scuola secondaria di primo o di secondo grado, o, per i soli posti di sostegno, che aggiungano al titolo abilitante la specializzazione per il sostegno per i medesimi gradi di istruzione. I suddetti titoli devono essere stati conseguiti entro il 31 maggio 2017. ...". Il richiamata art. 17, comma 3, del decreto legislativo 13.4.2017, n. 59 prevede, infatti che: "...La procedura di cui al comma 2, lettera b), bandita in ciascuna regione e per ciascuna classe di concorso e tipologia di posto entro febbraio 2018, e' riservata ai docenti in possesso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, di titolo abilitante all'insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno per i medesimi gradi di istruzione, in deroga al requisito di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b) e articolo 5, comma 2, lettera b)....". Occorre, pertanto impugnare il bando e sostenere che il titolo di dottore di ricerca è equiparabile all’abilitazione all’insegnamento necessaria per l‘accesso alla classe di concorso per cui chiede l’inserimento. Com’è noto, il titolo di dottore di ricerca si consegue attraverso un percorso universitario il cui accesso è regolato da un concorso pubblico, ed i crediti formativi ottenuti sono tre volte superiori rispetto a quelli ottenuti attraverso i canali abilitanti, sia p.a.s. - percorso abilitante speciale che t.f.a. - tirocinio formativo attivo. Nello specifico il titolo di dottore di ricerca istituito dal D.P.R. 11.7.1980 n. 382 e considerato ai sensi dell’art. 68 del medesimo D.P.R.: "quale titolo accademico valutabile unicamente nell'ambito della ricerca scientifica.." a seguito della "riforma degli ordinamenti didattici universitari" prevista dalla legge 19.11.1990, n. 341 e dalla successiva la legge 3.7.1998 n. 210 è stato considerato, ai sensi dell’art. 4 comma 7° della legge, titolo valutabile "ai fini dell'ammissione a concorsi pubblici per attività di ricerca non universitaria". Va altresì precisato che un accordo intergovernativo a livello europeo ovvero la "Dichiarazione di Bologna" sottoscritta nel 1999, detta "il Processo di Bologna" ha innescato in tutta Europa una serie di riforme radicali nel settore dell’istruzione superiore, a livello sistemico e istituzionale che ha riguardato anche il dottorato di ricerca. Partecipano attualmente al Processo di Bologna 46 Paesi, tutti firmatari della "Convenzione Culturale Europea" e tutti impegnati a raggiungere gli obiettivi dello Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore. Il Processo di Bologna è noto soprattutto per l’obiettivo di strutturare l’Istruzione Superiore in tre cicli, primo, secondo e terzo ciclo, così da far convergere formalmente strutture europee di Istruzione Superiore molto differenziate, e allinearle a standard internazionali. Nel 2005, i Ministri dell’Istruzione dei Paesi partecipanti al Processo di Bologna hanno adottato un Quadro generale dei Titoli dello Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore articolato in tre cicli, e hanno trovato un accordo circa l’opportunità di sviluppare quadri nazionali dei titoli compatibili con tale Quadro generale. Nello stesso anno la Commissione della Comunità Europea ha adottato la "raccomandazione 2005/251/CE dell’11.3.2005" riguardate "la Carta europea dei ricercatori e un codice di condotta per l’assunzione dei ricercatori". La Carta Europea contiene "un insieme di principi generali e requisiti che specificano il ruolo, le responsabilità e i diritti dei ricercatori e delle persone che assumono e/o finanziano i ricercatori" in particolare, essa "è destinata a tutti i ricercatori dell'Unione europea in tutte le fasi della loro carriera e disciplina tutti i campi di ricerca nel settore pubblico e privato, indipendentemente dal tipo di nomina o di occupazione, dalla natura giuridica del datore di lavoro o dal tipo di organizzazione o istituto nei quali viene svolto il lavoro". L'obiettivo politico finale della raccomandazione 2005/251/CE è chiarito al punto (8) del "considerando" dove si precisa che: "l’obiettivo politico finale della presente raccomandazione è contribuire allo sviluppo di un mercato europeo del lavoro attrattivo, aperto e sostenibile per i ricercatori, in cui le condizioni di base consentano di assumere e trattenere ricercatori di elevata qualità in ambienti veramente favorevoli alle prestazioni e alla produttività". Ancora la medesima raccomandazione al successivo punto (9) del "considerando" precisa che: "gli Stati membri dovrebbero sforzarsi di offrire ai ricercatori dei sistemi di sviluppo di carriera sostenibili in tutte le fasi della carriera, indipendentemente dalla loro situazione contrattuale e dal percorso professionale scelto nella R&S, e impegnarsi affinché i ricercatori vengano trattati come professionisti e considerati parte integrante delle istituzioni in cui lavorano". La Commissione prevedeva poi al punto 3) della Raccomandazione che: "gli Stati membri — nell’elaborare e adottare le loro strategie e i loro sistemi per lo sviluppo di carriere sostenibili per i ricercatori — tengano adeguatamente conto e s’ispirino ai principi generali e alle prescrizioni contenuti nella Carta europea dei ricercatori e nel codice di condotta per l’assunzione dei ricercatori di cui in allegato" ed al successivo punto 4 che: "gli Stati membri s’impegnino a recepire questi principi generali e requisiti rientranti nel loro ambito di competenza, nel quadro normativo e regolamentare nazionale o nei principi e orientamenti settoriali e/o istituzionali (carte e/o codici per i ricercatori). Così facendo, dovrebbero tenere conto della molteplicità di leggi, regolamenti e pratiche che, nei vari paesi e nei vari settori, determinano il percorso, l’organizzazione e le condizioni di lavoro di una carriera nel settore R&S". Dal quadro normativo sopra delineato è evidente che il titolo di dottore di ricerca è riconosciuto nel sistema scolastico nazionale ed europeo quale terzo e più alto grado di formazione del sistema universitario, tuttavia il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ha del tutto pretermesso la valorizzazione del titolo stesso violando la normativa di riferimento volta invece alla sua effettiva valorizzazione ed utilizzo in ambito lavorativo. Orbene è evidente che l’art. 3 del Decreto non prevede tra i titoli di accesso alla procedura concorsuale F.I.T. - formazione iniziale e tirocinio - i docenti in possesso del titolo di dottorato di ricerca, per i quali fino ad adesso la giustizia amministrativa non ha precluso la partecipazione alle precedenti procedure, riconoscendo la violazione ad opera del M.I.U.R. della normativa di rango europeo. Va ricordato che la giurisprudenza in occasione del precedente concorso a cattedra del 2016 ha sostenuto l’assimilabilità del titolo di dottore di ricerca all’abilitazione all’insegnamento, infatti il Consiglio di Stato con l’Ordinanza del Collegio della Sez. 6a n. 4904 del 3.11.2016 ha precisato che: "considerato che la questione relativa all’equiparazione tra dottorato di ricerca e abilitazione ai fini per cui è causa appare oggettivamente controvertibile o perlomeno non manifestamente infondata; che dunque, previa verifica sull’esattezza di quanto dichiarato dalle parti appellanti circa il possesso del titolo di dottore di ricerca (possesso peraltro non contestato dall’appellata), l’appello cautelare va accolto e per l’effetto va disposta l’ammissione con riserva degli appellanti a prove suppletive, da predisporre e da svolgere nel più breve tempo possibile". Va ancora precisato che la posizione iniziale del T.A.R. Lazio - Roma, anche a seguito dell’ulteriore riflessione posta in essere dal Consiglio di Stato in sede cautelare, è radicalmente mutata, e con l’ordinanza n. 7529 del 17.11.2016 ha precisato che: "...che sussistono i presupposti per l’accoglimento della proposta istanza cautelare ai fini della conferma del decreto cautelare monocratico e dell’ammissione di parte ricorrente.. relativamente alla valenza abilitativa del dottorato di ricerca". E’ vero anche il T.A.R. Lazio Roma ha mostrato qualche incertezza nell’equiparazione tra l’abilitazione del il dottorato di ricerca in occasione dell’inserimento nelle graduatorie di 2a fascia di circolo e di istituto sostenendo, in particolare con l’ordinanza n. 4888/2017, che solo "la partecipazione al concorso pubblico viene vagliata la capacità professionale all’insegnamento". Pertanto proprio partendo dall’assunto del Collegio della Sez. 3a Bis del T.A.R. Lazio ritengo che sia assolutamente necessario impugnare il bando di al Decreto n. 85 del 16.2.2018 nella parte in cui, all’art. 3, non prevede, quale titolo di accesso alla procedura concorsuale il dottorato di ricerca. Nello specifico occorre adire il Collegio del T.A.R. Lazio chiedendo, in via cautelare, un provvedimento che consenta ai dottori ricerca, di partecipare, con riserva alla procedura concorsuale, e nel merito l’accertamento del diritto all’equiparazione del titolo di dottore di ricerca, all’abilitazione all’insegnamento.

Avv. Leonardo Sagnibene

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