Acquisto della cittadinanza italiana (parte I)
Cittadinanza italiana per matrimonio (precede introduzione e segue parte II)

CITTADINANZA PER MATRIMONIO (ART. 5 L. 91/92)
Lo straniero o l’apolide può acquisire la cittadinanza italiana a seguito di matrimonio o unione civile con un cittadino italiano. In tal caso il richiedente beneficia di un trattamento più favorevole rispetto ad altre modalità di acquisto della cittadinanza non solo in virtù dei minori tempi richiesti, ma anche in considerazione del fatto che gode di un vero e proprio dritto soggettivo al riconoscimento dello status di cittadino subordinato alla sola sussistenza dei prescritti requisiti e all’assenza di determinate cause ostative.
Trattandosi di un diritto soggettivo, i provvedimenti conclusivi di tali procedimenti sono privi di valutazioni discrezionali da parte della Pubblica Amministrazione.
Nel caso di cittadinanza per matrimonio, all’autorità amministrativa compete esclusivamente l’accertamento del possesso dei requisiti e l’inesistenza delle cause ostative: una volta che tale accertamento abbia avuto esito favorevole, il provvedimento appare vincolato. Solo nel caso in cui si riscontri la causa ostativa relativa alla sussistenza di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica, di cui all’art. 6, comma 1, lett. c), sussiste un certo margine di discrezionalità; ma si tratta comunque di una discrezionalità da esercitarsi nella fase dell’accertamento ed in essa si esaurisce.
Pertanto, il provvedimento attributivo della cittadinanza in conseguenza di matrimonio deve farsi rientrare nella categoria dell’accertamento costitutivo ed i suoi effetti si producono ex nunc, sul presupposto che, in un determinato momento storico, si sia verificato il concorrere di circostanze di fatto e di diritto previste dalla legge.
Competenza: A decorrere dal 1 giugno 2012 la competenza a decidere in capo ai provvedimenti di acquisto o di diniego della cittadinanza iure matrimonii è stata trasferita in capo al Prefetto della provincia di residenza del richiedente ed è pertanto a costui che va indirizzata la relativa domanda.
Qualora il coniuge straniero abbia la residenza all’estero, l’organo competente a conferire o denegare la cittadinanza è, invece, il capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione che riceve la domanda per il tramite dell’autorità consolare.
La competenza rimarrà in capo al Ministro dell’Interno nella sola ipotesi in cui, durante l’istruttoria, vengano in considerazione ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica (art. 6, lettera c)n l. 91/92). Ciò in quanto, in tal caso, la preclusione all’acquisto della cittadinanza non è ancorata all’oggettività di una sentenza di condanna, come avviene per le altre cause preclusive previste, ma si basa su un giudizio latamente discrezionale circa la compatibilità di atti, comportamenti ecc. dell’aspirante cittadino con interessi vitali della Nazione.
Requisiti: L’art. 5 della l. 91/92 prevede che il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano possa acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica qualora al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi. Se invece il richiedente risiede all’estero i tempi si allungano a tre anni dalla data del matrimonio. In ogni caso, se i coniugi hanno dei figli, i relativi termini sono dimezzati.
I requisiti richiesti dalla norma sono pertanto due: un vincolo matrimoniale (o un’unione civile) valida e perdurante ed il decorso di un determinato lasso di tempo.
Nel caso in cui il richiedente risieda in Italia è bene puntualizzare che l’art. 1 del regolamento di esecuzione della legge 91/92 (D.P.R. n. 572/1993) stabilisce che, ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti anche dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia, oltre che da quelle in materia di iscrizione anagrafica.
Come detto, primo fondamentale requisito è il matrimonio. Va accertata l’esistenza di un rapporto coniugale non meramente strumentale, ma effettivo e duraturo, in costanza del quale sia maturato altresì il prescritto periodo di residenza legale nel territorio dello Stato, a dimostrazione dell’avvenuto inserimento dello straniero nel tessuto sociale e civile nazionale.
La norma richiede che al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi. Deve perciò ritenersi priva di rilievo giuridico la mera separazione di fatto prima dell’omologazione da parte del Tribunale (concorde sul punto da ultimo Corte di cassazione, I sez., 17 gennaio 2017, n. 969 secondo cui "al momento dell’adozione del decreto di cittadinanza non devono essere intervenute condizioni ostative quali la separazione personale, ma da tale fattispecie differisce la separazione di fatto, che, pertanto, non impedisce il riconoscimento della cittadinanza"). Tuttavia, l’ambiguità dell’espressione "separazione personale" e il generale obbligo giuridico di coabitazione tra i coniugi hanno favorito il formarsi di una prassi amministrativa in base alla quale sono normalmente disposte indagini per accertare l’effettiva coabitazione dei coniugi.
Elementi ostativi: Ai sensi dell’art. 6 l. 91/92, precludono l’acquisto della cittadinanza:
a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;
b) la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ovvero la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;
c) la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti la sicurezza della Repubblica.
L’accertata esistenza di condanne per gli indicati delitti determina l’automatico rigetto dell’istanza di acquisizione della cittadinanza, senza la possibilità di riproporla, salvo il caso in cui intervenga la riabilitazione (art. 6, comma 3 l. 91/1992).
Nelle ipotesi in cui penda un procedimento penale nei confronti del richiedente per uno dei reati che precludono l’acquisizione della cittadinanza, ovvero in caso di richiesta di riconoscimento della sentenza estera di condanna per uno dei reati previsti dalla legge, il procedimento amministrativo sulla richiesta di cittadinanza resta sospeso fino a comunicazione della sentenza definitiva o dell’avvenuto riconoscimento della pronuncia straniera (art. 6, comma 4 l. 91/92).
Procedura operativa: Individuato l’apposito modulo predisposto sul sito del Ministero dell’Interno (Modello A - Cittadini Stranieri residenti in Italia - Art.5 richiesta per matrimonio o unione civile con cittadino italiano), occorrere compilare le 17 sezioni che lo compongono.
In particolare, per la domanda presentata dal residente in Italia è necessario inserire i seguenti dati: nome, cognome, sesso, data e luogo di nascita, codice fiscale, residenza (con relativa decorrenza), recapiti telefonici, estremi di un documento di identità, dati relativi al certificato di nascita ed al titolo di soggiorno, titolo di studio, attività svolta, data del matrimonio, dati del coniuge, eventuali indirizzi avuti nel paese di origine e/o in qualsiasi altro paese ad esclusione dell’Italia a partire dall’età di 14 anni, primo ingresso e ultimo rientro in Italia, precedenti residenze in Italia in comuni diversi dall’attuale, stato di famiglia (come da certificato rilasciato dal comune di residenza), dichiarazione di aver/non aver riportato condanne penali o di essere/non essere sottoposto a procedimenti penali in Italia, estremi della marca da bollo da 16 euro.
Vanno, infine, allegati i seguenti documenti: documento di identità, certificato di nascita e penale rilasciato dal Paese di origine del richiedente e dagli eventuali Paesi terzi di residenza, tutti tradotti e legalizzati, ricevuta di versamento del contributo di € 200,00, da effettuarsi sul conto corrente postale n.809020 intestato al Ministero dell’Interno-DLCI, causale cittadinanza, nonché gli eventuali ulteriori allegati.
Una volta inviata la domanda, la Pubblica Amministrazione ha il compito di valutare se sussistono i requisiti richiesti, e dunque un valido matrimonio e il decorso dei termini previsti per la residenza, nonché verificare che manchino le cause ostative tassativamente previste dall’art. 6 l. 91/92.
Conclusione del procedimento: Il termine perentorio per la definizione del procedimento è di 2 anni dalla data di presentazione della domanda, oltre il quale è preclusa l’emanazione del decreto di rigetto dell’istanza (art. 8, comma 2 l. 91/92, art. 3 d.P.R. 362/1994).
Sul punto si sono espresse anche le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, precisando che, poiché la normativa prevede un termine entro il quale lo Stato può far valere le eventuali circostanze ostative, trascorso detto termine, non può più rifiutare la concessione della cittadinanza (Cass., Sez. Un., sent. 7 luglio 1993 n. 7441). Esiste pertanto un vero e proprio diritto soggettivo perfetto in capo agli interessati, i quali potrebbero non attendere più la risposta dell’amministrazione, ma rivolgersi direttamente al Tribunale Civile del luogo ove risiedono, per chiedere semplicemente una sentenza che accerti la loro cittadinanza.
Se l’istruttoria si conclude con esito favorevole, il decreto di conferimento della cittadinanza italiana, a firma del Prefetto, viene notificato dal Comune di residenza (o dalla Prefettura - U.T.G. nel solo caso di residenza nel Comune di Ancona) all’interessato, il quale, entro 6 mesi dalla notifica , deve prestare giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato entro il termine di sei mesi davanti all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza, ovvero all’Autorità diplomatica o consolare italiana competente per la località straniera di residenza (art. 7 d.P.R. n. 572/1993).
L’interessato acquista così la cittadinanza italiana dal giorno successivo al giuramento.
Lo straniero o l’apolide può acquisire la cittadinanza italiana a seguito di matrimonio o unione civile con un cittadino italiano. In tal caso il richiedente beneficia di un trattamento più favorevole rispetto ad altre modalità di acquisto della cittadinanza non solo in virtù dei minori tempi richiesti, ma anche in considerazione del fatto che gode di un vero e proprio dritto soggettivo al riconoscimento dello status di cittadino subordinato alla sola sussistenza dei prescritti requisiti e all’assenza di determinate cause ostative.
Trattandosi di un diritto soggettivo, i provvedimenti conclusivi di tali procedimenti sono privi di valutazioni discrezionali da parte della Pubblica Amministrazione.
Nel caso di cittadinanza per matrimonio, all’autorità amministrativa compete esclusivamente l’accertamento del possesso dei requisiti e l’inesistenza delle cause ostative: una volta che tale accertamento abbia avuto esito favorevole, il provvedimento appare vincolato. Solo nel caso in cui si riscontri la causa ostativa relativa alla sussistenza di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica, di cui all’art. 6, comma 1, lett. c), sussiste un certo margine di discrezionalità; ma si tratta comunque di una discrezionalità da esercitarsi nella fase dell’accertamento ed in essa si esaurisce.
Pertanto, il provvedimento attributivo della cittadinanza in conseguenza di matrimonio deve farsi rientrare nella categoria dell’accertamento costitutivo ed i suoi effetti si producono ex nunc, sul presupposto che, in un determinato momento storico, si sia verificato il concorrere di circostanze di fatto e di diritto previste dalla legge.
Competenza: A decorrere dal 1 giugno 2012 la competenza a decidere in capo ai provvedimenti di acquisto o di diniego della cittadinanza iure matrimonii è stata trasferita in capo al Prefetto della provincia di residenza del richiedente ed è pertanto a costui che va indirizzata la relativa domanda.
Qualora il coniuge straniero abbia la residenza all’estero, l’organo competente a conferire o denegare la cittadinanza è, invece, il capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione che riceve la domanda per il tramite dell’autorità consolare.
La competenza rimarrà in capo al Ministro dell’Interno nella sola ipotesi in cui, durante l’istruttoria, vengano in considerazione ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica (art. 6, lettera c)n l. 91/92). Ciò in quanto, in tal caso, la preclusione all’acquisto della cittadinanza non è ancorata all’oggettività di una sentenza di condanna, come avviene per le altre cause preclusive previste, ma si basa su un giudizio latamente discrezionale circa la compatibilità di atti, comportamenti ecc. dell’aspirante cittadino con interessi vitali della Nazione.
Requisiti: L’art. 5 della l. 91/92 prevede che il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano possa acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica qualora al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi. Se invece il richiedente risiede all’estero i tempi si allungano a tre anni dalla data del matrimonio. In ogni caso, se i coniugi hanno dei figli, i relativi termini sono dimezzati.
I requisiti richiesti dalla norma sono pertanto due: un vincolo matrimoniale (o un’unione civile) valida e perdurante ed il decorso di un determinato lasso di tempo.
Nel caso in cui il richiedente risieda in Italia è bene puntualizzare che l’art. 1 del regolamento di esecuzione della legge 91/92 (D.P.R. n. 572/1993) stabilisce che, ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti anche dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia, oltre che da quelle in materia di iscrizione anagrafica.
Come detto, primo fondamentale requisito è il matrimonio. Va accertata l’esistenza di un rapporto coniugale non meramente strumentale, ma effettivo e duraturo, in costanza del quale sia maturato altresì il prescritto periodo di residenza legale nel territorio dello Stato, a dimostrazione dell’avvenuto inserimento dello straniero nel tessuto sociale e civile nazionale.
La norma richiede che al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi. Deve perciò ritenersi priva di rilievo giuridico la mera separazione di fatto prima dell’omologazione da parte del Tribunale (concorde sul punto da ultimo Corte di cassazione, I sez., 17 gennaio 2017, n. 969 secondo cui "al momento dell’adozione del decreto di cittadinanza non devono essere intervenute condizioni ostative quali la separazione personale, ma da tale fattispecie differisce la separazione di fatto, che, pertanto, non impedisce il riconoscimento della cittadinanza"). Tuttavia, l’ambiguità dell’espressione "separazione personale" e il generale obbligo giuridico di coabitazione tra i coniugi hanno favorito il formarsi di una prassi amministrativa in base alla quale sono normalmente disposte indagini per accertare l’effettiva coabitazione dei coniugi.
Elementi ostativi: Ai sensi dell’art. 6 l. 91/92, precludono l’acquisto della cittadinanza:
a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;
b) la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ovvero la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;
c) la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti la sicurezza della Repubblica.
L’accertata esistenza di condanne per gli indicati delitti determina l’automatico rigetto dell’istanza di acquisizione della cittadinanza, senza la possibilità di riproporla, salvo il caso in cui intervenga la riabilitazione (art. 6, comma 3 l. 91/1992).
Nelle ipotesi in cui penda un procedimento penale nei confronti del richiedente per uno dei reati che precludono l’acquisizione della cittadinanza, ovvero in caso di richiesta di riconoscimento della sentenza estera di condanna per uno dei reati previsti dalla legge, il procedimento amministrativo sulla richiesta di cittadinanza resta sospeso fino a comunicazione della sentenza definitiva o dell’avvenuto riconoscimento della pronuncia straniera (art. 6, comma 4 l. 91/92).
Procedura operativa: Individuato l’apposito modulo predisposto sul sito del Ministero dell’Interno (Modello A - Cittadini Stranieri residenti in Italia - Art.5 richiesta per matrimonio o unione civile con cittadino italiano), occorrere compilare le 17 sezioni che lo compongono.
In particolare, per la domanda presentata dal residente in Italia è necessario inserire i seguenti dati: nome, cognome, sesso, data e luogo di nascita, codice fiscale, residenza (con relativa decorrenza), recapiti telefonici, estremi di un documento di identità, dati relativi al certificato di nascita ed al titolo di soggiorno, titolo di studio, attività svolta, data del matrimonio, dati del coniuge, eventuali indirizzi avuti nel paese di origine e/o in qualsiasi altro paese ad esclusione dell’Italia a partire dall’età di 14 anni, primo ingresso e ultimo rientro in Italia, precedenti residenze in Italia in comuni diversi dall’attuale, stato di famiglia (come da certificato rilasciato dal comune di residenza), dichiarazione di aver/non aver riportato condanne penali o di essere/non essere sottoposto a procedimenti penali in Italia, estremi della marca da bollo da 16 euro.
Vanno, infine, allegati i seguenti documenti: documento di identità, certificato di nascita e penale rilasciato dal Paese di origine del richiedente e dagli eventuali Paesi terzi di residenza, tutti tradotti e legalizzati, ricevuta di versamento del contributo di € 200,00, da effettuarsi sul conto corrente postale n.809020 intestato al Ministero dell’Interno-DLCI, causale cittadinanza, nonché gli eventuali ulteriori allegati.
Una volta inviata la domanda, la Pubblica Amministrazione ha il compito di valutare se sussistono i requisiti richiesti, e dunque un valido matrimonio e il decorso dei termini previsti per la residenza, nonché verificare che manchino le cause ostative tassativamente previste dall’art. 6 l. 91/92.
Conclusione del procedimento: Il termine perentorio per la definizione del procedimento è di 2 anni dalla data di presentazione della domanda, oltre il quale è preclusa l’emanazione del decreto di rigetto dell’istanza (art. 8, comma 2 l. 91/92, art. 3 d.P.R. 362/1994).
Sul punto si sono espresse anche le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, precisando che, poiché la normativa prevede un termine entro il quale lo Stato può far valere le eventuali circostanze ostative, trascorso detto termine, non può più rifiutare la concessione della cittadinanza (Cass., Sez. Un., sent. 7 luglio 1993 n. 7441). Esiste pertanto un vero e proprio diritto soggettivo perfetto in capo agli interessati, i quali potrebbero non attendere più la risposta dell’amministrazione, ma rivolgersi direttamente al Tribunale Civile del luogo ove risiedono, per chiedere semplicemente una sentenza che accerti la loro cittadinanza.
Se l’istruttoria si conclude con esito favorevole, il decreto di conferimento della cittadinanza italiana, a firma del Prefetto, viene notificato dal Comune di residenza (o dalla Prefettura - U.T.G. nel solo caso di residenza nel Comune di Ancona) all’interessato, il quale, entro 6 mesi dalla notifica , deve prestare giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato entro il termine di sei mesi davanti all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza, ovvero all’Autorità diplomatica o consolare italiana competente per la località straniera di residenza (art. 7 d.P.R. n. 572/1993).
L’interessato acquista così la cittadinanza italiana dal giorno successivo al giuramento.
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