Affidamento del minore ai servizi sociali e l'efficacia di nuove norme


L'affidamento ai servizi sociali, in caso di comportamento tenuto dai genitori in pregiudizio dei figli, viene riformato con specifiche regole attinenti al procedimento
Affidamento del minore ai servizi sociali e l'efficacia di nuove norme

Il nuovo articolo Art. 5 – bis della legge 04 maggio 1983, n. 184, in materia di diritto del minore ad una famiglia (secondo il titolo che la legge ha acquisito in seguito alla riforma intervenuta con la legge 28 marzo 2001, n. 149) è stato introdotto dall'art. 28, comma 1, lett. d), D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 di «Attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata».

La norma prevede al comma 1 che «Il minore può essere affidato al servizio sociale del luogo di residenza abituale, quando si trova nella condizione prevista dall'articolo 333 del Codice civile e gli interventi di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, si sono rivelati inefficaci o i genitori non hanno collaborato alla loro attuazione, fatto salvo quanto previsto all'articolo 2, comma 3».

L’art. 333 del Codice civile espressamente richiamato al fine di definire l’ambito di applicazione del nuovo articolo 5 – bis, prevede, a sua volta, che «Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice [disp. att. c.c. 38], secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore».

Si rileva immediatamente la differenza tra l’affido ai servizi sociali così disciplinato e quello famigliare che è regolato, sempre nell’ambito della legge 184/1983, ma dall’art. 4 ove esso è disposto «dal» servizio sociale, e non è «al» servizio sociale. L’affidamento famigliare è infatti [art. 4 legge 184/1983] è disposto «previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente in via esclusiva la responsabilità genitoriale, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento» a supporto della famiglia di origine del minore, il quale viene affidato a terzi in ragione di difficoltà della famiglia di origine, laddove ritenute superabili proprio attraverso una misura di sostegno che, per questa ragione, viene meno quando dette difficoltà risultino superate.

Non così l'affidamento ai servizi sociali che viene invece disposto quando la condotta del componenti la famiglia di origine del minore sia a quest’ultimo pregiudizievole, in aperto contrasto con il suo miglior interesse, costituendo essa stessa una difficoltà tale da legittimare un intervento che, contrariamente a quanto avviene in ipotesi di affidamento famigliare (laddove i genitori sono supportati proprio al fine di permettere loro di riprendere la condotta di assistenza e cura della prole) qui costituisce un elemento avversativo ad un sano ed equilibrato sviluppo psicofisico del minore.

Per le ragioni illustrate suscita perplessità la scelta del legislatore delegato di collocare questa disciplina immediatamente dopo quella dell'affidamento famigliare, stante la radicale differenza di presupposti.

D’altra parte, risulta evidente, proprio da questa vicinanza di collocazione, come l’affido ai servizi sociali costituisca un rimedio azionabile nei casi di inefficacia o inadeguatezza di misure di sostegno alla famiglia di origine.

La nuova norma risponde all’esigenza di procedimentalizzare l’attività che i servizi svolgono nelle situazioni in cui l’intervento del Giudice limita la responsabilità genitoriale. Si determinano infatti nel provvedimento che dispone l’affido ai servizi sociali, «a) il soggetto presso il quale il minore è collocato; b) gli atti che devono essere compiuti direttamente dal servizio sociale dell'ente locale, anche in collaborazione con il servizio sanitario, in base agli interventi previsti dall'articolo 4, comma 3; c) gli atti che possono essere compiuti dal soggetto collocatario del minore; d) gli atti che possono essere compiuti dai genitori; e) gli atti che possono essere compiuti dal curatore nominato ai sensi dell'articolo 333, secondo comma, del codice civile; f) i compiti affidati al servizio sociale ai sensi dell'articolo 5, comma 2; g) la durata dell'affidamento, non superiore a ventiquattro mesi; h) la periodicità, non superiore a sei mesi, con la quale il servizio sociale riferisce all'autorità giudiziaria che procede ovvero, in mancanza, al giudice tutelare sull'andamento degli interventi, sui rapporti mantenuti dal minore con i genitori, sull'attuazione del progetto predisposto dal tribunale». In tal modo si riduce l’ambito di discrezionalità con la quale il servizio in passato era chiamato a definire l’ambito dell’affido del minore nel circostanze descritte, con una limitazione che è anche, per così dire, di sistema, visto che il servizio sociale, oltre che attenersi alle indicazioni specifiche del caso concreto da parte del Giudice, deve anche tener «conto delle indicazioni dei genitori che non siano stati dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale e del minore nonché, ove vi siano, del curatore e del curatore speciale», il che equivale a dire che esiste un limite intrinseco di motivazione dell’azione del servizio il quale, nella sua attività, dovrà operare sapendo e potendo motivare rispetto a ciò di cui, ad esempio, non abbia tenuto conto, venendo in tal modo rispettato il principio di ordine generale della tendenziale preferenza per il minore della conservazione del rapporto con la famiglia a di origine, in un quadro generale di intervento sussidiario ad opera dell’autorità.

Quanto, infine, alla concreta applicazione dell'istituto in esame occorre considerare come le indicazioni provenienti dalla famiglia di origine giungono all'attenzione diretta del Giudice grazie la periodicità semestrale con la quale il servizio riferisce al Tribunale, al quale è in tal modo consentito di monitorare e valutare l’efficacia della misura adottata.

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di Giuseppe Mazzotta

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