Alla regolamentazione dell’affido devono adeguarsi gli adulti e non i minori


La collocazione del minore a settimane alternate può pregiudicarne l'adattamento alla separazione
Alla regolamentazione dell’affido devono adeguarsi gli adulti e non i minori

Con sentenza 2945/2018 in data 02/11/2018 il Tribunale di Firenze ha confermato l’affido condiviso di un minore «con domiciliazione alternata fra genitori su base settimanale (...) e attribuzione in via esclusiva al padre delle decisioni relative alla cura (...) ed all’attività sportiva (…)».

La decisione si segnala per almeno tre rilevanti profili:

1) l’alternanza settimanale della permanenza del minore;

2) l’accurata istruttoria;

3) la sproporzione, notevole, tra le risorse psicoaffettive del nucleo genitoriale e l’impegno richiesto al minore;

Ripercorriamone i passaggi salienti:

1) «Alla luce delle relazioni dei servizi sociali e della psicologa che seguiva S., il Giudice modificava la frequentazione di S., disponendo una collocazione a settimane alterne far i genitori, a partire dall’uscita di scuola del lunedì».

2) E’ anzitutto nel contesto di questo intervento dei servizi territoriali che emergono le gravissime lacune proprie del nucleo genitoriale:

«Il nucleo familiare è stato a lungo monitorato e supportato dai servizi sociali quanto meno a partire da fine 2011, quando il minore era costretto a vivere una situazione di alta conflittualità fra i genitori, incapaci di evitare condizionamenti sul minore, costantemente al corrente nel tempo delle decisioni dei vari organi giudiziari intervenuti».

«I Servizi Sociali riportavano il forte desiderio di S. di “non sentirsi più preso fra due fuochi”, costretto a “difendere ora l’uno ora l’altro genitore”».

«La madre ha mantenuto nei confronti del figlio un atteggiamento da un lato eccessivamente protettivo/impositivo e non adeguato alla sua crescita (per esempio limitandolo nelle uscite con gli amici; facendo pressione sullo sport di S. che fino al maggio 2016 si è sentito costretto a praticare la danza (essendo sua madre insegnate di tale disciplina) e solo dopo è riuscito a iscriversi a basket; ma allo stesso tempo ha continuato a renderlo partecipe della conflittualità con il padre, arrivando, quando S. aveva solo dodici anni, a narrargli episodi in cui a suo dire in passato sarebbe stata aggredita dal marito e padre di S.».

«Infine negli ultimi tempi è emerso (...) l’atteggiamento oppositivo della madre ad ogni ragionevole intervento prescritto dai medici dell’Ospedale pediatrico Meyer (...) fino a ipotizzare la preferenza per trattamenti omeopatici e comunque non farmacologici» atteggiamento che ha reso «indispensabile la limitazione della responsabilità genitoriale in capo alla madre sull’argomento».

«Il minore, che ha espressamente chiesto di essere ascoltato dal giudice, nonostante i numerosi colloqui avuti con il personale dei servizi sociali e la psicologa, ha confermato tale atteggiamento alquanto irrazionale della madre, che ha sempre creato problemi in occasione delle visite di S. al Meyer, ove sono intervenuti anche i Carabinieri (…) ed ha confermato altresì le sue condotte di fatto ostruzionistiche rispetto ad un sereno rapporto tra S. e la sua nuova compagna».

3) A fronte di tutto ciò il minore «ha espresso la sua ferma volontà di mantenere una frequentazione a settimane alterne fra i genitori, mostrando di non soffrire la distanza fra la scuola (...) e l’abitazione del padre (…) ed anzi asserendo di riuscire a frequentare maggiormente gli amici di Firenze quando è con il padre per la sua disponibilità ad accompagnarlo e riprenderlo».

La decisione del Tribunale di Firenze offre molti spunti di riflessione critica: di fronte alle rilevate carenze del nucleo genitoriale, palesemente in difficoltà nel gestire le proprie responsabilità, merita attenzione come il provvedimento susciti nel minore le responsabilità derivanti dal fatto di doversi rimettere alle esigenze di vita di entrambi i genitori, che pure, specie la madre, non solo sono fortemente autocentrati, ma tendono a indurre nel minore una netta inversione del ruolo genitoriale, come risultato agli atti del processo dal coinvolgimento del figlio nei dettagli delle vicende giudiziarie, rispetto alle quali il minore S. ha chiaramente percepito, lamentandosene, di essere stato investito di un’indebita funzione di arbitro.

Dovendo vivere una settimana dall’uno ed una settimana dall’altro, il minore non avrà alcuna stabilità, ma sopratutto si dovrà relazionare con due genitori rigidi nel loro menage di vita e che chiederanno al figlio di adattarvisi.

Inoltre il provvedimento ulteriormente divarica l’esercizio della responsabilità genitoria dalla collocazione, quando dispone che il minore comunque resti stabilmente presso il genitore il quale così fermamente si è opposto alle sue cure mediche da motivare un provvedimento che attribuisse al padre in via esclusiva la decisione su di esse.

La sentenza è in netta discontinuità sia con le risultanze istruttorie, che avrebbero motivato ben diversa collocazione del minore presso il genitore maggiormente capace di accesso all’altro, sia con la tutela del minore cui dovrebbe garantirsi che siano gli adulti ad adattarsi alle sue esigenze e non viceversa.

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di Giuseppe Mazzotta

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