Buste paga inferiori al lavoro svolto


Cosa succede quando una busta paga è inferiore al lavoro effettivamente prestato?
Buste paga inferiori al lavoro svolto
Oggi ci occupiamo di un annoso problema, molto frequente nei contratti di lavoro e che ci vede ogni giorno impegnati in questo senso: la stipula di contratti di lavoro che non rispecchiano l'effettiva quantità e quantità di lavoro apportato dal prestatore di lavoro subordinato.
Infatti, spesso, parte datoriale tende ad inquadrare i lavoratori sotto categorie contrattuali non confacenti alla reale portata del lavoro svolto. E' il classico caso, ad esempio, di lavoratori assunti, formalmente, a tempo determinato e parziale (c.d. Part Time), ma che, invece, lavorano a tempo indeterminato e Totale. Tale circostanza provoca in capo al lavoratore un grave ed ingiusto danno economico, risarcibile in sede giurisdizionale mediante la c.d. "vertenza", ossia un iter processuale che vada a riqualificare il rapporto di lavoro nelle categorie contrattuali corrette, consentendo al lavoratore di recuperare le somme non percepite in precedenza.
Tale assunto si basa sull'antecedente giuridico per il quale la retribuzione costituisce l’elemento fondamentale del rapporto di lavoro che ha la sua origine in un contratto sinallagmatico o a prestazioni corrispettive, caratterizzato dal connotato dell’onerosità e dall’esistenza di un nesso funzionale tra prestazione lavorativa e controprestazione economica. L’obbligo retributivo, pertanto, in virtù del sinallagma contrattuale, costituisce il principale adempimento del datore di lavoro a cui corrisponde la prestazione lavorativa della controparte, considerando che la corresponsione economica dovrà essere adeguata a quella dell’obbligazione lavorativa. L’ art.2094 Codice Civile, ai fini dell’elaborazione della nozione di retribuzione, stabilisce che il prestatore di lavoro subordinato è colui che si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore (Cassazione 22/9/1999, n.10314).
Requisito fondamentale della nozione di retribuzione è l’obbligatorietà, laddove essa costituisce l’oggetto di un’obbligazione pecuniaria da parte del datore di lavoro.
Ne deriva, pertanto, che sarà parte integrante della remunerazione tutto ciò che è dovuto al prestatore di lavoro in via necessaria e non eventuale, come compenso di una specifica attività lavorativa (artt.1277 e seguenti cod. civ).
Inoltre, come disposto dall’art. 2099 cod. Civ , letto in combinato disposto con l’art 36 Cost., è sancito che la retribuzione sia subordinata alla qualità e alla quantità del lavoro effettivamente prestato, assumendo come parametro valutativo le disposizioni dei Contratti Collettivi Nazionali applicabili nel settore. Tale garanzia apposta dall’art. 36 Cost. a tutela del lavoratore subordinato non si riferisce solo ai singoli elementi retributivi, bensì al trattamento economico Globale, comprensivo della retribuzione per lavoro straordinario, come riconosciuto dalla Corte Costituzionale con sentenza N. 470/2002.
Nel caso oggetto di quest'articolo accade che il datore di lavoro, abbia corrisposto al lavoratore una retribuzione non confacente a quella che era la quantità e la qualità del lavoro prestato, rendendosi parzialmente inadempiente, ai sensi del richiamati artt. 2094 e 2099 cod. civ. e 36 Cost., nei confronti del lavoratore.
Tale circostanza legittima il lavoratore non solo a chiedere le dimissioni per giusta causa (che gli consentono di percepire lo stesso l'indennità di disoccupazione), ma anche e soprattutto a "fare vertenza" nei confronti del datore di lavoro. Tale atto dovrà però essere preceduto da analitici e veritieri conteggi, effettuati da un professionista esterno e adeguatamente reso edotto dei fatti di causa, che vadano a calcolare in modo compiuto quanto effettivamente spetta al lavoratore.
Il giudizio per il lavoratore sarà poi piuttosto economico. Infatti la legge prevede l'esenzione dal contributo unificato per i lavoratori monoreddito che abbiano un reddito inferiore ai 34.000 euro circa. Con le recenti riforme il rito del Lavoro mira anche a essere più breve e aperto a transazioni, sia stragiudiziali sia in corso di causa, che possano consentire al lavoratore di vedere più velocemente tutelate le proprie istanze.

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di Dott. Alessandro Scavo

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