Cessione/affitto d'azienda: divieto di concorrenza
Colui che cede o affitta la sua azienda ha l'obbligo di astenersi dalla concorrenza nei confronti della controparte. Che contorni ha questo divieto?

Fra i numerosi aspetti che entrano in gioco in caso di cessione oppure di affitto di azienda, uno dei meno considerati nella pratica riguarda il divieto di concorrenza a carico del cedente o del locatore (e a favore, ovviamente dell’acquirente o del locatario). Eppure, per quanto poco dibattuto fra i contraenti, questo divieto esiste ed è il codice civile a imporne le connotazioni quando le parti non si accordano diversamente.
Gli articoli da esaminare sono il n. 2557 e il n. 2562.
In caso di cessione, in particolare, al cedente è richiesto di non avviare un’attività concorrenziale rispetto a quella propria dell’azienda ceduta per i cinque anni successivi all’atto di vendita. La concorrenzialità va determinata sulla base dell’attività svolta, della sua ubicazione e di altri fattori che siano idonei a sviarne la clientela. Per verificare se un’attività è concorrenziale o meno occorrerà dunque verificare come prima cosa se sono ceduti gli stessi prodotti o servizi.
Ipotizziamo che il signor Tizio abbia venduto una macelleria al signor Caio. Ovviamente a Tizio sarà precluso aprire un’altra macelleria, perché violerebbe il divieto di concorrenza, ma è possibile che il giudice ritenga illecitamente concorrenziale anche l’apertura di una salumeria. Se invece Tizio dovesse avviare una bottega di falegnameria di difficoltà non ce ne sarebbero.
Tuttavia, è importante anche verificare se le aree geografiche cui le attività si rivolgono combaciano in tutto o in parte. Se la macelleria acquistata da Caio sorge a Ustica, è ovvio che un’eventuale nuova macelleria di Tizio nella stessa isoletta creerebbe una significativa (e vietata) concorrenza. Se invece essa sorgesse nel quartiere di Ostia a Roma, una nuova macelleria sulla Tiburtina non determinerebbe problemi di alcuna sorta.
Nell’atto di cessione dell’azienda o in un contratto separato, comunque, le parti possono accordarsi per ridurre la portata del divieto di concorrenza, o addirittura sopprimerlo. Oppure, in senso inverso, si può estenderne la portata fino a vietare al cedente anche attività non propriamente concorrenziali o allargarne la portata fino all’intero territorio nazionale. Non avrebbe però valore legale una clausola che vietasse al cedente di esercitare qualsivoglia attività d’impresa.
Come accennato, la legge prevede per il divieto di concorrenza il limite temporale di cinque anni dall’atto di cessione. Anche per questa regola è possibile alle parti concordare nel ridurre o azzerare tale durata temporale, mentre non è mai consentito ampliarla.
C’è una precisazione fondamentale da sottolineare. Il divieto di concorrenza riguarda l’avvio di nuove attività a carico del cedente, ma nulla si prescrive in merito ad attività che egli già esercitava alla data della cessione, che dunque potranno continuare la loro vita imprenditoriale senza alcuna limitazione. Non sono vietati, inoltre, singoli atti posti in essere occasionalmente, poiché il divieto riguarda l’avvio di vere e proprie attività d’impresa.
Nella pratica commerciale è molto frequente anche il ricorso all’affitto dell’azienda. La normativa sul divieto di concorrenza si ripete pari pari anche a questa ipotesi, a carico del locatore e a favore degli interessi del locatario. Regole e considerazioni sono le stesse già descritte con riferimento alla cessione dell’azienda, con un’unica differenza: la durata temporale massima non è pari a cinque anni bensì alla durata del contratto.
E in caso di usufrutto? Questa fattispecie è molto più rara, ma è comunque esistente e regolata dal nostro legislatore. Ancora una volta si applicano al 100% le norme sul divieto di concorrenza previste per la cessione, salva la durata massima che in questo caso coincide con la durata del rapporto giuridico.
Gli articoli da esaminare sono il n. 2557 e il n. 2562.
In caso di cessione, in particolare, al cedente è richiesto di non avviare un’attività concorrenziale rispetto a quella propria dell’azienda ceduta per i cinque anni successivi all’atto di vendita. La concorrenzialità va determinata sulla base dell’attività svolta, della sua ubicazione e di altri fattori che siano idonei a sviarne la clientela. Per verificare se un’attività è concorrenziale o meno occorrerà dunque verificare come prima cosa se sono ceduti gli stessi prodotti o servizi.
Ipotizziamo che il signor Tizio abbia venduto una macelleria al signor Caio. Ovviamente a Tizio sarà precluso aprire un’altra macelleria, perché violerebbe il divieto di concorrenza, ma è possibile che il giudice ritenga illecitamente concorrenziale anche l’apertura di una salumeria. Se invece Tizio dovesse avviare una bottega di falegnameria di difficoltà non ce ne sarebbero.
Tuttavia, è importante anche verificare se le aree geografiche cui le attività si rivolgono combaciano in tutto o in parte. Se la macelleria acquistata da Caio sorge a Ustica, è ovvio che un’eventuale nuova macelleria di Tizio nella stessa isoletta creerebbe una significativa (e vietata) concorrenza. Se invece essa sorgesse nel quartiere di Ostia a Roma, una nuova macelleria sulla Tiburtina non determinerebbe problemi di alcuna sorta.
Nell’atto di cessione dell’azienda o in un contratto separato, comunque, le parti possono accordarsi per ridurre la portata del divieto di concorrenza, o addirittura sopprimerlo. Oppure, in senso inverso, si può estenderne la portata fino a vietare al cedente anche attività non propriamente concorrenziali o allargarne la portata fino all’intero territorio nazionale. Non avrebbe però valore legale una clausola che vietasse al cedente di esercitare qualsivoglia attività d’impresa.
Come accennato, la legge prevede per il divieto di concorrenza il limite temporale di cinque anni dall’atto di cessione. Anche per questa regola è possibile alle parti concordare nel ridurre o azzerare tale durata temporale, mentre non è mai consentito ampliarla.
C’è una precisazione fondamentale da sottolineare. Il divieto di concorrenza riguarda l’avvio di nuove attività a carico del cedente, ma nulla si prescrive in merito ad attività che egli già esercitava alla data della cessione, che dunque potranno continuare la loro vita imprenditoriale senza alcuna limitazione. Non sono vietati, inoltre, singoli atti posti in essere occasionalmente, poiché il divieto riguarda l’avvio di vere e proprie attività d’impresa.
Nella pratica commerciale è molto frequente anche il ricorso all’affitto dell’azienda. La normativa sul divieto di concorrenza si ripete pari pari anche a questa ipotesi, a carico del locatore e a favore degli interessi del locatario. Regole e considerazioni sono le stesse già descritte con riferimento alla cessione dell’azienda, con un’unica differenza: la durata temporale massima non è pari a cinque anni bensì alla durata del contratto.
E in caso di usufrutto? Questa fattispecie è molto più rara, ma è comunque esistente e regolata dal nostro legislatore. Ancora una volta si applicano al 100% le norme sul divieto di concorrenza previste per la cessione, salva la durata massima che in questo caso coincide con la durata del rapporto giuridico.
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