Come ottenere un giusto risarcimento del danno da morte


Guida al contenuto e ai criteri di utilizzo delle cosiddette Tabelle Milanesi per un giusto e completo risarcimento del danno da lesioni e da morte
Come ottenere un giusto risarcimento del danno da morte

Per quantificare il danno non patrimoniale patito dalla vittima di un infortunio è indispensabile conoscere bene il contenuto delle cosiddette “tabelle milanesi”.

Si tratta di uno strumento, la cui ultima edizione risale all’aprile del 2018, con il quale l’Osservatorio sulla giustizia civile del Tribunale di Milano ha aggiornato i metodi e valori di calcolo del danno alla persona.

Le tabelle milanesi propongono una liquidazione congiunta sia del danno biologico (psico-fisico) sia del danno cosiddetto “morale”, legato al dolore e alla sofferenza fisica.

Tali tabelle prevedono la liquidazione di un valore monetario specifico per ciascun punto di invalidità destinato a ristorare il danno biologico. Poi, è previsto un aumento dello stesso punto come riconoscimento della sofferenza morale. Più precisamente, dall’1 al 9 per cento il valore di ciascun punto è aumentato di un 25 per cento fisso, dal 10 al 34 per cento l’aumento è variabile (in un range che va dal 25 al 50 per cento); infine, dal 35 al 100 per cento l’aumento finalizzato al ristoro della sofferenza morale è pari a un 50 per cento fisso.

Le tabelle sono state elaborate sulla base di un monitoraggio delle sentenze aventi ad oggetto fatti illeciti. Parliamo di fatti illeciti penalmente irrilevanti ovvero connessi a un reato colposo.

Se ci troviamo, invece, in presenza di un reato doloso il giudice potrà aumentare o ridurre l’entità degli importi in considerazione della peculiarità del fatto concreto.

Per quanto riguarda il danno temporaneo, gli uffici giudiziari di Milano prevedono un valore monetario di liquidazione – per un giorno di inabilità assoluta – pari a € 98 che può essere aumentato, cioè personalizzato, in presenza di casi peculiari fino a un massimo del 50 per cento.

Per quanto concerne, invece, il danno da morte, cioè il danno da perdita del rapporto parentale, le tabelle di Milano scrivono espressamente che “non esiste un minimo garantito da liquidarsi in ogni caso”. Ciò significa che il magistrato dovrà valutare, volta per volta, la situazione che si offre al suo giudizio. E, comunque, è sempre la parte lesa che è tenuta ad allegare (cioè a riferire dettagliatamente) e poi a dimostrare di aver subito un danno non patrimoniale. Pertanto, non è sufficiente un certificato anagrafico che attesti la parentela con la vittima di un sinistro per garantire a chi intenta una causa di risarcimento danni di ottenere un apprezzabile ristoro. In questo senso, è determinante il lavoro istruttorio, di raccolta delle prove documentali e testimoniali, fatto dall'avvocato prima della causa.

È vero che – per la giurisprudenza di Cassazione – il danno non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale può essere riconosciuto anche sulla scorta di presunzioni semplici: si tende, infatti, a ritenere che una persona legata da un rapporto di parentela stretta con il defunto di regola patisca, proprio in ragione della contiguità familiare e del nesso affettivo conseguente, una qualche sofferenza morale. E tuttavia, in mancanza di un’adeguata descrizione di quello che era il menage concreto ed effettivo esistente tra la vittima e il superstite, il rischio è quello di vedersi liquidare un risarcimento molto basso.

Esso potrebbe anche ridursi a zero proprio perché non esiste un minimo garantito.
Anche nel caso del danno da perdita del rapporto parentale bisogna distinguere l’ipotesi di reati colposi da quella dei reati dolosi. Infatti, le tabelle si applicano solo ai reati colposi. Quando la morte sia stata causata con dolo, cioè con la volontà di uccidere ad esempio (ipotesi dell’omicidio doloso), il giudice potrà valutare tutte le peculiarità del caso concreto e, quindi, giungere a una liquidazione che supera la percentuale massima prevista dalle tabelle.

La liquidazione del danno da morte del prossimo congiunto avviene attraverso il sistema delle "forchette" o "forbici": trattasi di un "delta" di valori che spaziano da un minimo (lo zero) a un massimo. Oggi le somme stabilite dalle tabelle milanesi possono arrivare fino a un limite massimo che è circa di 332.000 euro per quanto riguarda il figlio, il genitore, il coniuge e il convivente more uxorio della vittima primaria. Tale soglia si spinge, invece, solo fino a 144.000 euro circa a favore di ciascun fratello e di ciascun nonno (per la morte del nipote).

È opportuno, però, sapere che, in base all’edizione delle tabelle dell’aprile 2018, i giudici, salvo casi davvero particolari, tenderanno ad assestarsi sui livelli medi di risarcimento (166.000 euro circa per il figlio, il genitore, il coniuge e il convivente more uxorio e 24.000 euro circa per ogni fratello o nonno). Anche in tal caso si rivelerà, perciò, decisivo il lavoro del legale finalizzato a documentare nel modo più ricco e articolato possibile la biografia della vittima e dei superstiti.

Le classi parentali, espressamente indicate dalle tabelle milanesi, non impediscono, ovviamente, al giudice di liquidare un risarcimento anche per categorie di parenti non esplicitate dalle tabelle: per esempio, a favore del nipote per la morte di un nonno o a beneficio di altri parenti alla lontana. In quest’ultimo caso, l’onere della prova gravante in capo all’attore (chi inizia il processo) sarà molto più stringente; nel senso che egli non potrà giovarsi di alcuna presunzione e sarà tenuto a dimostrare l’esistenza di fattori particolari (ad esempio la convivenza) atti a giustificare le proprie richieste.

Il giudice, peraltro, è tenuto a motivare le ragioni di un risarcimento che si assesta verso i minimi delle cosiddette forbici di tabella in quanto devono essere esclusi gli automatismi in sede di liquidazione. 

Ricordiamoci che ha diritto al risarcimento anche colui che non ha perso il proprio caro, ma ha subìto soltanto una “grave lesione” del rapporto parentale. Ciò accade quando la vittima primaria non muore, ma sopravvive con macro-lesioni.

Che cosa si intende per macro-lesione? Secondo la giurisprudenza, con questa terminologia ci si riferisce a una menomazione dell’integrità psicofisica grossomodo prossima o superiore al 60 per cento di danno biologico permanente.

Tuttavia, va pur detto che (secondo le tabelle milanesi) si può ottenere il risarcimento anche in presenza di percentuali inferiori perché ciò che conta è la natura e l'intensità del legame e la "quantità e qualità della alterazione della vita familiare".

Le tabelle milanesi, in questo caso, non contemplano un valore medio a favore del prossimo congiunto, ma soltanto un "tetto" pari a quello massimo della “forbice” prevista per la stima del danno da perdita del rapporto parentale. Per esempio, il giudice – per il danno non patrimoniale subito dalla madre per la macrolesione di un figlio – potrà liquidare da zero a 332.000 euro. Quest’ultima ipotesi si verifica nel caso di un totale sconvolgimento della vita familiare: laddove, ad esempio, la madre abbia abbandonato il lavoro per dedicare tutta la propria vita all’assistenza morale e materiale del figlio.  

 

Articolo del:


di Francesco Carraro

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