Comodato immobiliare


Esigenze familiari e restituzione del bene
Comodato immobiliare
Il contatto di comodato è notoriamente un contratto "snello", teso a soddisfare esigenze momentanee e di poco conto, quasi sempre senza rilevanza economica.
Per tale motivo, il Legislatore del 1942 ha apprestato una regolazione codicistica dell'istituto molto semplice, fatta di poche regole chiare.
Proprio l'assenza di necessità di una forma scritta e la sostanziale gratuità del contratto di comodato hanno portato, come contropartita, ad un "potere restitutorio" da parte del proprietario del bene piuttosto esteso, in ogni caso ben più importante di quello spettante al proprietario di un bene concesso in locazione.
Stabilisce difatti l'art. 1809 c.c. che "il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto.
Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata".

L'art. 1810 c.c. aggiunge che "Se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall'uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede".

Chiarendo che il discorso attiene in special modo al contratto di comodato immobiliare, proprio la pratica frequente di formare un contratto di comodato in forma del tutto orale ha portato alla necessità di definire gli oneri probatori spettanti alle parti in relazione al "contenuto del contratto".
Così, in particolare, il principio per cui il comodatario ha il diritto alla prosecuzione del rapporto per tutto il tempo per cui si protraggano le esigenze familiari si riferisce ai casi in cui sia certo ed inequivocabile che il rapporto abbia avuto origine in vista di una tale destinazione. E' quanto affermato espressamente dalla corte di Cassazione con sentenza del 21 novembre 2014, n. 24838.
Nel caso di specie, la Suprema Corte, osservando che nessuna prova era stata menzionata, ha cassato con rinvio la pronuncia della corte distrettuale che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva respinto la domanda di scioglimento del contratto e di restituzione dell'immobile proposta da un genitore nei confronti del figlio sul presupposto che il comodato era stato concesso per l'adibizione dell'immobile a residenza coniugale.
Con il contratto di comodato, precisa la decisione in epigrafe, il proprietario concede gratuitamente a terzi il diritto d'uso del bene proprio e che, soprattutto quando si tratti di un immobile, la sussistenza di una effettiva volontà di assoggettare il bene a vincoli ed a destinazioni d'uso particolarmente gravosi - quale è quello di cui si tratta - non può essere presunta, ma deve essere positivamente accertata. Nel dubbio, precisa la Cassazione, va adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del vincolo, considerato anche il sospetto ed il disfavore con cui l'ordinamento considera i trasferimenti gratuiti di beni e di diritti sui beni.
Deve invece essere interpretata ed applicata con larghezza la norma che autorizza il comodante a chiedere la restituzione del bene concesso gratuitamente in uso: soprattutto, conclude la decisione in epigrafe, quando si tratti di bene immobile e quando vengono prospettate esigenze abitative personali: per di più facenti capo ad una persona anziana, sola e bisognosa di cure; per di più a fronte di un'utilizzazione gratuita già protrattasi per anni.

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di Avv. Giuseppe Del sole

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