Privacy e telecamere all'interno del condominio
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. la società X, premettendo di essere proprietaria di n. 2 unità immobiliari poste al piano rialzato (definite A e B) e proprietaria dell’intero piano seminterrato, e premettendo che la proprietà dell’unità posta al piano primo e piano mansardato, collegate direttamente fra loro, è in capo al soggetto Y, chiedeva la tutela in via di urgenza lamentando la violazione della normativa in materia di privacy per illegittima installazione di apparecchi di video sorveglianza e l’inibitoria relativamente al parcheggio di una o più autovetture nell’area parte comune destinata esclusivamente a verde condominiale. Chiedeva altresì la tutela in via di urgenza atteso che, essendo unico proprietario del locale ad uso autorimessa e locale di sgombro, posto al piano seminterrato, il parcheggio di autovetture sulla parte comune destinata a verde condominiale impediva l’accesso alla proprietà.
Ed ancora, che le emissioni di gas di scarico delle autovetture in fase di parcheggio, erano potenzialmente idonee a causare un danno alla salute per il conduttore dell’unità immobiliare sita al piano terra, soprattutto nei periodi estivi in cui le finestre sono aperte.
A sostegno della propria domanda, la società ricorrente produceva i titoli ablativi della proprietà ovvero il permesso edilizio, le tavole allegate al permesso e gli atti di provenienza dai quali emergeva il fatto che il fabbricato costituisce un condominio, con parti esclusive e parti condominiali o di comproprietà. In particolare, in entrambi gli atti di acquisto, viene specificato che “Costituisce parte comune l’area del cortile destinata a verde, la recinzione, il cancello carraio, le murature portanti, le fondazioni, l’atrio di ingresso al piano terreno, la rampa di scale dal piano terreno al piano rialzato con relativo pianerottolo, il portoncino di ingresso”.
I convenuti, costituitisi in giudizio, contestavano l’ammissibilità della procedura d’urgenza richiamando la giurisprudenza che sostiene essere inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c. allorquando il ricorrente se ne avvalga dopo avere fatto decorrere un notevole lasso di tempo dall’insorgere del pregiudizio supposto come imminente ed irreparabile.
Rispetto alla violazione in materia della privacy, i convenuti contestavano la presenza di telecamere che potessero inquadrare le parti comuni compreso l’area cortile sostenendo che il puntamento delle telecamere era corretto in quanto inquadrava esclusivamente le parti private. In questo caso, doveva pertanto essere esclusa l’applicabilità della normativa in materia di protezione dei dati particolari.
Quanto al parcheggio delle autovetture, ritenevano il ricorso inammissibile in quanto la medesima tutela avrebbe potuto essere ottenuta mediante altri strumenti e, in particolar modo, avendo richiamato il pericolo derivante dalle emissioni di gas di scarico, che la tutela avrebbe dovuto essere invocata ai sensi dell’art. 844 c.c.
Preliminarmente, occorre individuare la disciplina applicabile al caso concreto ovvero al caso di impianto di videosorveglianza installato nell’edificio condominiale da un condomino. Trattandosi di telecamere sistemate su parte di edificio di proprietà comune e che il ricorrente sostiene essere orientate sull’ingresso comune, occorre avere riguardo all’art. 1122 ter c.c. (introdotto dalla Legge 220/2012) con il quale il legislatore, colmando il precedente vuoto normativo, ha previsto all’art. 1122-ter c.c. che è possibile “l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse”.
L’unico requisito è quello della previa delibera assembleare: “le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’art. 1336 c.c.”, vale a dire, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio calcolato in millesimi.
All’interno del condominio minimo valgono le norme del codice civile in materia di ripartizione delle spese, millesimi, organizzazione interna e così via, come ha confermato la Corte di Cassazione a Sezioni Unite che, nella sentenza n. 2046/2006, ha chiarito che la disciplina del condominio di edifici e non quella sulla comunione, prevista dal codice civile, trova applicazione anche nel caso di condominio minimo cioè quello composto da soli due partecipanti.
Con riguardo al funzionamento dell’assemblea (costituzione, validità delle delibere), nel condominio minimo valgono le stesse regole del condominio ordinario con i necessari adeguamenti. Ad esempio, se il codice civile prescrive la regola della maggioranza per le delibere assembleari, in presenza di due soli condomini sarà indispensabile raggiungere l’unanimità. Tale assunto è stato confermato dalla Corte di Cassazione che con sentenza n. 5329/2017 ha chiarito che “nel condominio cd minimo le regole codicistiche sul funzionamento dell’assemblea si applicano allorché l’assemblea si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione unanime, intendendosi con tale ultima espressione (decisione unanime) quella che sia frutto della partecipazione di entrambi i comproprietari alla discussione (essendo logicamente inconcepibile che la decisione adottata da un solo soggetto possa ritenersi presa all’unanimità)”.
In secondo luogo, la norma va coordinata con la normativa in materia di privacy.
L’installazione di un impianto di videosorveglianza deve avvenire rispettando la disciplina prevista in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 196/2003 e successive modifiche; Reg. UE 2016/679 – GDPR; Provvedimento del Garante dell’8 aprile 2010 in materia di videosorveglianza).
Con il Provvedimento del 18 maggio 2006 divenuto, successivamente, “Provvedimento 10 ottobre 2013 e ‘Vademecum del Palazzo‘” (che rinvia al Provvedimento dell’8 aprile 2010 ed alla riforma del condominio avvenuta con la legge 220/2012), il Garante ha trattato l’adeguamento del settore condominiale alla normativa della Privacy spiegando che:
• È obbligatorio segnalare le telecamere di videosorveglianza con appositi cartelli;
• Le registrazioni vanno conservate per un periodo non superiore a 24-48 ore. In caso di conservazione oltre i 7 giorni, è necessario presentare una verifica preliminare al Garante;
• I dati raccolti (foto, riprese) vanno protetti con idonee e preventive misure di sicurezza per consentirne l’accesso soltanto a persone autorizzate (titolare, responsabile, altri incaricati al trattamento);
• Le telecamere devono riprendere solo le aree comuni da monitorare (accessi, garage, ecc.) evitando la ripresa di luoghi circostanti e di particolari non rilevanti (strade, edifici, esercizi commerciali, ecc.);
• Il Titolare del trattamento dati personali (ed eventuali dati particolari) dei condomini e dei terzi (portiere, fornitori, ecc.) è il Condominio;
• L’Amministratore (legale rappresentante del Titolare) può essere nominato Responsabile del trattamento dal Condominio in quanto esegue trattamenti di comunicazione di dati personali a terzi.
Il Codice di deontologia del Garante della privacy distingue due casi ovvero: quello in cui ad installare sistemi di video sorveglianza sia il condominio, o più proprietari, o studi professionali; e quello in cui l’installazione avvenga ad opera di un singolo condomino persona fisica per fini esclusivamente personali e le immagini non vengano né comunicate sistematicamente a terzi né diffuse.
In questo secondo caso, stante il fatto che le immagini non verranno diffuse né comunicate a terzi, non si applica il Codice della privacy in quanto l’art. 5 comma 3 afferma “il trattamento dei dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all’applicazione del presente codice solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione”. E, a detta del Garante, non vi è l'obbligo di segnalare con un cartello la presenza della videocamera. Il condomino dovrà prestare attenzione al fatto che il sistema di videosorveglianza sia installato in modo tale che l’obiettivo della telecamera riprenda unicamente la porta d’ingresso del proprio studio.
Il caso che ci riguarda però, rientra nell’altra fattispecie.
In virtù dell’angolo di visualizzazione e per il luogo in cui sono poste, le video camere non riprendono soltanto gli spazi di pertinenza esclusiva della proprietà dei signori Y ma gli consentono di controllare le parti comuni del fabbricato e cioè il pianerottolo del piano rialzato e le scale condominiali o le porte d’ingresso di altri appartamenti confinanti, ipotesi questa in cui la video ripresa è illegittima in mancanza di assenso.
Il periculum di danno imminente è in re ipsa insito nella lesione di un bene fondamentale della persona ovvero del diritto alla riservatezza.
Sull’occupazione di un’area comune destinata ad area verde e sulla lesione del diritto esclusivo all’ingresso nell’autorimessa è da rilevare come l’utilizzo dell’area verde come posteggio dell’autovettura, costituisce alterazione della destinazione d’uso codificata negli atti di provenienza e nel permesso di costruire e comporta violazione della norma di cui all’art. 1102 c.c. “purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”.
Ed è pacifico l’insegnamento della Cassazione (per tutte Cass. 9 giugno 2010, n. 13879) secondo cui “la funzione principale del cortile sia quella di dare aria e luce agli appartamenti dello stabile di cui costituisce spazio accessorio anche in termini di destinazioni”.
A questo proposito giova ricordare che con una risalente decisione rimasta, peraltro, valida nel tempo perché priva di pronunce contrarie successive, la Suprema Corte ha affermato che “In tema di condominio degli edifici, l’utilizzazione a parcheggio di autovetture private di un’area comune alberata, originariamente goduta come ‘parco- giardino’, in relazione alla sua apprezzabile estensione, non si traduce in un miglioramento della cosa comune, ma comporta mutamento ed alterazione della destinazione della medesima, in pregiudizio dei diritti dei singoli condomini. Essa, pertanto, non può essere validamente deliberata dall’assemblea del condominio, con le maggioranze previste per le innovazioni utili (artt. 1120 primo comma e 1136 quinto comma c. c.), ma postula l’unanimità di tutti i condomini” (Cass. 14 novembre 1977, n. 4922).
Il Tribunale di Torino sezione 1, all’udienza del 18/3/2020, è riuscita a trovare un adeguato compromesso tra le due opposte posizioni predisponendo un verbale conciliativo nel quale è cristallizzato l’impegno del convenuto al posizionamento corretto del puntamento delle telecamere e la dichiarazione personale del convenuto resa in sede di udienza, a non parcheggiare le autovetture sull’area comune destinata a verde condominiale. Con conseguente rinvio della causa affinché parte ricorrente possa verificare, con un proprio tecnico di fiducia, che l’occhio delle telecamere riprenda effettivamente solo ed esclusivamente spazi privati (pianerottolo e rampa di scale di proprietà esclusivi). In tale sede, alla luce della verifica, il Giudice Istruttore pronuncerà la conciliazione della causa con previsione di compensazione delle spese di lite.
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