Come affrontare e superare la crisi di coppia


"C’era una volta"…così iniziavano le favole che ci raccontavano quando eravamo bambini. E “vissero felici e contenti" era la conclusione. E così vorremo la vita...
Come affrontare e superare la crisi di coppia

C’era una volta…E’ così che iniziavano le favole che ci raccontavano quando eravamo bambini e “vissero felici e contenti" ne era la conclusione. E’ così che ognuno di noi vorrebbe la propria vita: piena di amore e di felicità…Ma la realtà è molto diversa dalle favole e così, crescendo, ci accorgiamo che vivere non è così facile e che la vita di coppia che sognavamo non è cosa scontata.

Pensavamo che l’amore bastasse, che tutto potesse andare “liscio come l’olio” …perché ci amiamo…! Non è così! La vita di coppia, pur avendo dei risvolti altamente positivi, dei momenti idilliaci e la capacità di farci emozionare, comporta anche una grande fatica: la fatica di stare assieme all’altro, diverso da sé.

Anche quando si sono scorte le affinità, con il passare degli anni quelle stesse caratteristiche che ci erano sembrate positive possono risultare poi negative. Come mai?

Perché tante separazioni e divorzi laddove invece bisognerebbe vivere felici e contenti… così come nelle favole? Ebbene, le risposte possono essere molteplici: perché con il tempo si cresce e ci si evolve e quasi mai i componenti della coppia cambiano nella stessa direzione e nella stessa misura; perché la scelta del partner è quasi sempre di tipo collusivo; perché nutriamo aspettative non soddisfatte dall’altro; perché… insomma per tantissimi motivi.

Questo articolo vuole essere un aiuto per le coppie che si trovano a vivere situazioni difficili e/o conflittuali. Infatti, si propone di offrire degli strumenti utili e concreti nella scalata verso la realizzazione della coppia soddisfatta.

“Non esistono due persone che non si comprendono, esistono solo due persone che non comunicano” (antico proverbio africano).

La comunicazione è una condizione essenziale della vita, il silenzio stesso è un modo di comunicare. La parola “comunicare” significa mettere in comune, scambiarsi informazioni. Significa anche trasmettere un messaggio da un emittente a un ricevente ed ottenere una reazione ad esso: vi è una parte logico-semantica ed una parte affettivo-emotiva. Nel trasmettere un messaggio possono esserci difficoltà nella ricezione, perché le persone a cui esso è rivolto hanno un bagaglio mentale costituito da filtri e da schemi appresi dalle esperienze vissute nel corso del processo formativo.

Questi costituiscono meccanismi di difesa del ricevente e lo proteggono da quei messaggi che gli causano ansia e disagio. Ma questi filtri e questi schemi determinano anche delle distorsioni dei messaggi uditi. Solitamente, infatti, si recepisce un messaggio non come ci è stato comunicato, ma come l’avremmo comunicato noi stessi in quella stessa situazione.

Inoltre, anche le nostre aspettative possono in qualche modo distorcere la comunicazione ricevuta. Infatti, il sistema di credenze dell’individuo lo porta ad aspettarsi dagli altri determinate risposte. Infine, anche quando la persona a cui è rivolto il messaggio è psicologicamente libera e può lucidamente riceverlo in modo non distorto, la comunicazione non è ancora avvenuta: l’orecchio ha ricevuto il messaggio, le barriere psicologiche lo hanno fatto passare, ma spetta ora alla mente il compito di decodificarlo.

Tale decodifica non può non tener conto del contesto in cui vengono formulati. Infatti, una stessa frase detta in situazioni diverse può dare adito a differenti interpretazioni. Per pervenire ad una buona comunicazione, dunque, è importante accettare il fatto che, per quanto si possa pensare di sapere cosa ha detto l’altro, di fatto ciò può non corrispondere alla realtà.

E’ bene ricordare inoltre che la comunicazione implica non solo un dialogo esterno tra la coppia, ma anche una serie di monologhi interiori: i partner, parlando tra loro, ascoltano se stessi mentre si ascoltano l’un l’altro. Il più grande nemico della comunicazione è “l’illusione”, il non rendersi conto di poter non capire!

In tal senso è utile citare ciò che Serge Ginger ha descritto dettagliatamente, e cioè che uomini e donne sono due specie differenti in quanto esiste una differenza biologica tra i due sessi che produce effetti sia sugli atteggiamenti che sui comportamenti. Anche John Gray nel suo libro: “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere. Imparare a parlarsi per continuare ad amarsi”. Gray, soprattutto vuole dirci che gli uomini e le donne pensano diversamente, vivono diversamente, e parlano lingue diverse, per cui uno stesso comportamento assume per gli uni e le altre un significato diverso. All’uomo piace sentirsi esperto e apprezzato, ma avendo bisogno di solitudine, spesso si ritira nella sua “caverna” mentre le donne vogliono sentirsi amate, adorate ed amano condividere le proprie sensazioni con altre persone. E l’autore si domanda: “Ma allora comunicare è impossibile?” “Assolutamente no!”. Imparando a parlare la lingua dell’interlocutore il rapporto diventa facile, semplice e privo di tutte le complicazioni che nascono dalle incomprensioni.

 

Il dizionario Venusiano/Marziano

Quando una donna dice: “Questa casa è sempre in disordine”, è probabile che l’uomo capisca: “E’ colpa tua, sei sempre così disordinato, metti in ordine le tue cose”. In realtà gli sta dicendo: “sono stanca, ho bisogno di riposare ma la casa è in disordine. Perché non collabori con me e ti offri di aiutarmi?".

Quando una donna dice: “Siamo sempre di fretta” è probabile che l’uomo capisca “Aspetti sempre l’ultimo minuto per fare le cose e finiamo sempre per fare tardi per colpa tua!”. In realtà la donna gli sta dicendo “Oggi mi sento sotto pressione, ma so che non è colpa tua. Mi vuoi abbracciare dicendomi che mi comprendi?”.


La comunicazione corretta

La comunicazione corretta è fondamentale per una buona relazione. Infatti, il principale motivo di conflitto tra i partner è rappresentato proprio da una cattiva comunicazione.

Accade molto spesso che la coppia, nel conflitto, perda la capacità di comunicare correttamente ed incominci a litigare.  Pertanto accade che:
1.    Si addossa all’altro la colpa, non vedendo la propria corresponsabilità in ciò che sta accadendo;
2.    Lo si biasima connotandolo di epiteti poco edificanti;
3.    Non ci si concentra sulla causa del litigio, ma si cambia argomento correlandolo a litigi precedenti;
4.    Si ascolta se stessi e non ciò che l’altro sta veramente dicendo. Alcune espressioni rappresentano pienamente queste scorrette modalità di comunicazione. Ad esempio: “E’ colpa tua se ho fatto tardi, prima di uscire ho dovuto preparare la cena per i bambini, farli mangiare, metterli a letto e poi alla fine vestirmi”. Oppure “Sei una sciocca ad agire in questo modo, non vedi che stai facendo una stupidaggine?" “Perché non fai come faccio io?”
5.    “Io so che adesso è colpa mia, ma l’altra volta tu….

Un ulteriore errore di comunicazione è dovuto al fatto che molto spesso non comunichiamo le nostre emozioni e non esprimiamo i nostri bisogni. Comunicare le proprie emozioni significa verbalizzarle dopo averle riconosciute. Esprimere i propri bisogni significa conoscere la giusta modalità di espressione, che deve essere assertiva e non aggressiva. Imparare a comunicare i propri sentimenti si può! Innanzitutto è necessario identificarli e, dopo ci si prepara ad esprimerli secondo uno schema come quello qui sotto riportato:

PAROLA CHIAVE: Si cerca la parola chiave affettiva che connota l’emozione: “Io sono nervosa”.

DEFINIZIONE: Si definisce il modo in cui ci si sente: “Mi sento agitata e frastornata”

INTENSITA’: Si chiarisce quanto è stata importante l’azione per la quale si è determinata l’emozione: “Per me era molto importante che tu mi aiutassi nella risoluzione di quel problema”.

CAUSA ED EFFETTO PRECEDENTI STORICI: Si definisce causa ed effetto e si associano i precedenti storici: “Quando hai dichiarato il tuo disinteresse non ho potuto fare a meno di arrabbiarmi, mi sembrava come quando i miei genitori non si interessavano ai miei problemi e mi abbandonavano a me stessa”.

CONTESTO: Si evita di addossare al compagno la responsabilità del proprio malessere (evitando il tu…tu..tu…) facendo riferimento al proprio contesto: “Quando qualcuno non mi aiuta nella soluzione di un problema per me importante, mi sento abbandonato”.

Risulta evidente che incolpare l’altro, apostrofarlo con parole offensive o rivangare vecchie questioni che nulla hanno a che vedere con la situazione attuale, non aiuta la coppia a dialogare. Al contrario ciò inasprisce gli animi e a volte porta ad una spirale di “botta e risposta” da cui poi è difficile uscire. Viceversa, la comunicazione corretta si basa sull‘espressione dei sentimenti come pilastro fondamentale. Inoltre ha bisogno della disponibilità reciproca, di un clima di libertà, e non di costrizione e controllo e del senso di eguaglianza delle parti. Essa mira al raggiungimento di obiettivi comuni, pur rispettando ciascuno la propria individualità.

LA COLPA:. Quando la comunicazione non è corretta e non si riesce a trovare un accordo sul problema sul quale si sta discutendo, scoppiano i litigi i quali, mal gestiti, portano a conflitti anche profondi. Quasi tutti i litigi sono basati su un meccanismo perverso di interazione: ognuno dà la colpa all’altro di ciò che sta accadendo o di ciò che è disfunzionale nel rapporto. Così la “colpa” rimbalza dall’uno all’altro senza soluzione di continuità, quasi fosse una pallina di ping pong. In realtà la parola “colpa” non dovrebbe essere pronunciata in quanto nel rapporto di coppia quasi mai si è nella consapevolezza di ciò che succede e quasi mai si è nella consapevolezza che tutto ciò che si verifica accade col contributo di tutti e due nella stessa percentuale, al 50%, e quindi con la stessa responsabilità: si è due metà di una stessa mela. Inoltre non siamo neanche consapevoli che ciò che ci dà tanto fastidio nell’altro corrisponde ad una parte di noi che non accettiamo. In realtà l’altro ci fa da specchio e noi combattiamo ciò che nell’altro ci crea disagio, solo perché non abbiamo né la forza, né il coraggio di combatterlo in noi stessi.  E’ infine di fondamentale importanza acquisire la consapevolezza che nella relazione di coppia, pur rimanendo vivi “io “e un “tu”, esiste un “noi”. Quando una coppia si fa guerra dunque, è una lotta che viene fatta non soltanto dall’uno contro l’altro, ma anche e principalmente al “noi” costruito insieme.

IL LITIGIO: Trattando dei litigi in seno alla coppia, accenniamo alle parole di Francesco Alberoni in un articolo pubblicato anni fa dal titolo: “Se il divorzio scatena la belva che è in noi” Ecco la sua testimonianza: “Perché si sta litigando? Perché due persone vissute insieme diversi anni, quando si separano, non riescono quasi mai ad evitare il conflitto, i litigi violenti, le accuse, le recriminazioni?" Molti pensano che siano proprio questi litigi la causa della separazione. I due partner litigano così ferocemente che, ad un certo punto non ne possono più e si separano. Ma se così fosse, la separazione dovrebbe essere un sollievo, un momento di gioia e i due membri della coppia dovrebbero essere raggianti e stringersi la mano da buoni amici. Invece la separazione è un trauma profondo. Restano i rancori e i litigi sono pronti a scoppiare anche dopo. Ma sono effettivamente i litigi che conducono la coppia alla separazione? No, i litigi non sono la causa della separazione ma il sintomo della sua difficoltà: sono la manifestazione di legami, domande, bisogni reciproci ancora vivi, talvolta indistruttibili. Le persone che sono state profondamente innamorate e/o che hanno vissuto assieme per anni assieme si avviano sulla strada che porterà alla separazione quando non riescono più a darsi qualcosa che per ciascuno di loro, è essenziale. E non riescono a crederci. Perché ciascuno, nel matrimonio o nella convivenza ha cercato di dare il meglio di sé, si è sacrificato e si aspetta che l’altro sia soddisfatto. Invece ciascuno ha nel proprio cuore mille desideri, mille bisogni che nessuna persona al mondo può soddisfare. Tutte le persone cambiano e, spesse volte i due partner non cambiano nella stessa direzione e allora entrambi cominciano a rimproverarsi reciprocamente di non corrispondere alle originarie aspettative. L’amore finisce perché ciascuno diventando appieno se stesso, si allontana da come l’altro lo voleva. La delusione e il rancore profondi sono possibili soltanto in persone che si sono volute bene e che, per molto tempo, hanno fatto ogni sforzo per capirsi, e per soddisfare i desideri reciproci…Il litigio è un grido, è una richiesta di stima per se stessi e una richiesta all’altro di cambiare. E’ un confronto tra due prospettive di vita in cui ciascuno vuol vedere riconosciuta la validità, la dignità della propria e, nello stesso tempo, vuole che l’altro cambi per adeguarsi a lui. Nei litigi c’è sempre una richiesta angosciosa, pressante:
"Dammi questo... fai così...” E questa richiesta è accompagnata dalla giustificazione: “Fallo perché io sono diverso da te e per me è essenziale”.  Anche se la richiesta è fatta in tono lamentoso o rancoroso, il significato è sempre questo: “Riconosci il mio valore e il mio diritto”. E l’altro risponde nello stesso modo, rifiutando, perché “la mia natura è diversa, perché ho anch’io un analogo valore, un’analoga dignità, un’analoga differenza che voglio venga accettata“. In fondo, ciascuno richiede all’altro di essere ciò che non è e, così facendo, mette in discussione la sua identità, il suo valore in quanto persona: non un singolo gesto, ma il suo modo di essere. Per questo i litigi sono così drammatici e provocano tanta sofferenza. Si comprende anche perché la separazione e il divorzio, spesso, non fanno cessare questi scontri.  Basta che se ne ripresenti l’occasione e si riaccendono: perché ogni essere umano vuol vedere riconosciuto il suo valore. Ciascuno, anche dopo molto tempo, continua a voler ottenere un riconoscimento dalla persona che forse ha amato di più nella vita. Il riconoscimento degli altri non gli basta. Vuole proprio quello. Ed è per questo che vi sono molti uomini e molte donne che dopo anni di separazione attendono ancora il gesto, la parola, l’ammissione, il riconoscimento che ritengono loro dovuti (F. Alberoni).

IL CONFLITTO: Abbiamo visto che una comunicazione scorretta porta ai litigi. Questi se mal gestiti, portano a conflitti profondi ed alla conseguente crisi del rapporto. Ma la parola “crisi” non significa solo momenti di stallo o di negatività, etimologicamente proviene dalla parola “crino” che significa “scelta”. Pertanto, paradossalmente, può rappresentare un’opportunità di crescita individuale e di evoluzione del rapporto stesso. Riguardo al “conflitto” Heiter afferma: “Un conflitto è una situazione in cui elementi apparentemente incompatibili esercitano una forza di direzione opposta e divergente”. (Heiter, 1990). Come risolverlo? Lo si risolve nel momento in cui tutte le parti coinvolte sentono di aver raggiunto ciascuna il proprio obiettivo. La conflittualità mette in gioco una notevole quantità di energie e, come già detto, può in molti casi diventare il presupposto per un cambiamento positivo della relazione. Perché ciò possa accadere però è necessario che il conflitto non abbia scopi distruttivi e che si mantenga il rispetto per se stessi oltre che il rispetto per l’altro. L’altro, il partner, non deve rappresentare il “nemico” da punire e da distruggere, ma piuttosto colui assieme al quale si vuole risolvere il problema. Spesso, infatti, lo si vuole vincere, lo si vuole annientare e così facendo si diventa ciechi, perdendo di vista la possibilità di individuare i propri bisogni, sia l’obiettivo da perseguire, sia il potenziale cambiamento positivo della propria vita e della vita di coppia. In questi casi la conflittualità si concretizza purtroppo nella sconfitta e nella distruzione dell’avversario e non nell’opportunità di riflettere sulle proprie reali esigenze e di “crescere”. Se ne deduce dunque che il conflitto, per essere inteso in maniera positiva, deve mirare alla soluzione del problema e non deve avere come scopo la competizione, bensì la cooperazione. Sarà proprio questa infatti che farà sì che lo scontro stesso diventi la forza propulsiva per migliorare la relazione interpersonale. Quando ciò non accade, si vive nel disaccordo, non sempre e non solo quando si è in coppia, ma, spesso, anche da separati. La conflittualità stessa costituisce un modo per restare legati, anche dopo anni di separazione, dopo il divorzio e anche dopo che si sono create nuove relazioni di coppia. Al contrario, quando il litigio è confronto e non astio ed ostilità, consente di regalare a sé ed al proprio partner una chiarificazione utile alla serenità dei partner ed un’opportunità di crescita della coppia stessa.

Ma affinchè questo accada è indispensabile rispettare alcune piccole regole:
•    Considerare il litigio come il risultato di comportamenti reciproci;
•    Restare in tema, non rispondendo alle accuse con altre accuse, ma soffermando la propria attenzione solo sull’argomento della discussione;
•    Evitare ogni forma di umiliazione, non mortificando l’altro, ma cercando di sdrammatizzare;
•    Bandire la competizione, non cercando di imporre il proprio punto di vista, né volendo dimostrare la propria superiorità;
•    Ammettere le proprie responsabilità senza paura di sembrare deboli;
•    Alla fine del litigio scambiarsi delle tenerezze.


LA SESSUALITA’: Nelle coppie la vita sessuale ha un ruolo fondamentale e costituisce un buon segnale dell’intimità che esiste tra i partner. Ma in molte coppie i sentimenti d’amore e di desiderio non vanno di pari passo e, quindi, i partner non riescono ad esprimere una sana e piacevole sessualità. Questa si prepara ogni giorno, fuori dal letto, con gli atteggiamenti della vita quotidiana ed è composta da momenti preparatori quali il gioco, la comunicazione, l’intimità…Ascoltare e comprendere le proprie emozioni assume un significato fondamentale nella sessualità. Nel rapporto sessuale c’è un interscambio di emozioni e di energie. E’ necessario fermarsi ad ascoltare il corpo e il desiderio proprio e dell’altro per dare armonia alla relazione di coppia. Per realizzare ciò è necessario che non ci sia “l’ansia da prestazione”, ma che il rapporto sia tranquillo e rilassato concentrandosi su un approccio corporeo caldo e sensuale fatto di carezze e di attenzione a ciò che si prova. “Una realtà quasi universale ma ampiamente misconosciuta è che il sesso non costituisce semplicemente una parte della relazione, ma incarna, letteralmente e metaforicamente, la profondità e la qualità dell’intero rapporto emotivo della coppia” (D. Schnarch,2005).

E’ fondamentale, quindi, che i partner comprendano il significato di quello che stanno facendo prima di focalizzarsi sul come. Le coppie infatti hanno bisogno di capire che quello che fanno a letto è l’espressione autentica ed assolutamente chiara di loro stessi e dei loro sentimenti reciproci ed anche piccoli particolari assumono grandi significati.  Nelle coppie disfunzionali i partner utilizzano il sesso per confermare le convinzioni negative che si sono fatte di se stessi. Accade quindi che due Sé insicuri si puntellino a vicenda e, dopo un po’ di anni insieme, in cui si è avuto paura di farsi vedere come si è veramente nella realtà e ci si è sforzati di compiacere ed essere compiaciuti, il gioco diventa estenuante ed arrivano le crisi. Il problema di fondo di molte coppie consiste nel non riuscire a mantenere un contatto visivo con chi si ama mentre si ha un rapporto sessuale. Occorre quindi che alla sessualità, ingrediente fondamentale in ogni relazione di coppia, sia dato il dovuto spazio e la dovuta attenzione affinché assolva il compito, oltre che di un atto sessuale, anche di momenti rigeneranti per una sana e profonda intimità di coppia. Per migliorare l’intesa sessuale la coppia può ricorrere alle fantasie sessuali. Queste fanno parte dell’universo più intimo di una persona ed il pudore spinge a nasconderle, mentre in realtà è funzionale al rapporto esprimere le proprie ed accettare quelle dell’altro. Quando si vive una sessualità piena si alimenta l’impegno emotivo, con il risultato di un sempre maggiore affiatamento della coppia.  E’ indispensabile, prima di concludere, sottolineare che meno una coppia è differenziata, meno un partner può tollerare l’ansia di poter “ferire” l’altro. Maggiore è l’ansia che la coppia sperimenta durante il rapporto sessuale e più inibito diviene il suo stile sessuale. Per differenziazione intendiamo la capacità di rimanere se stessi, mentre si sta con l’altro. Infatti solo in tal modo, come si è precedentemente detto, si può realizzare un rapporto pieno e profondamente appagante. Divenire più differenziati è probabilmente la migliore cosa che si possa fare nella propria vita, sia per le persone che si amano che per se stessi.

 

Spero che il mio articolo ti abbia interessato . Se desideri approfondire qualche aspetto mi puoi contattare tranquillamente ed io ti risponderò. Se poi desideri migliorare il tuo rapporto con il partner , puoi richiedere il primo colloquio gratuito in studio o online  e iniziare poi, se lo desiderate , effettuare   un percorso di consulenza di coppia. A presto! Un caro saluto

Articolo del:


di Giulia Frattini

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