Critiche al nesso di acusalità naturale


Critiche mosse al far dipendere solo da un nesso di causalità tra evento e danno il risarcimento. Dimostrazione della infondatezza di tali critiche
Critiche al nesso di acusalità naturale
Da quel che abbiamo detto nella precedente "noterella" risulta che il giudice può pervenire alla condanna, mettiamo di Rossi, al risarcimento dei danni patiti, mettiamo da Bianchi, in base a questo semplice ragionamento: "Io, giudice, condanno Rossi al risarcimento, perché ho accertato: I- che Rossi ha tenuto il comportamento A; II- che l'ha tenuto con colpa o dolo; III - che vi é un nesso di causalità tra il comportamento di Rossi e l'evento dannoso che ha colpito Bianchi (dove per nesso di causalità si intende quel che si intende nel parlare comune, in cui si afferma che, un dato comportamento ha causato un dato evento, quando, mancando tale comportamento, sarebbe mancato anche tale evento).

Non pochi studiosi però ritengono viziato tale ragionamento e ne trovano la prova nel fatto che in certi casi può portare a condanne (secondo loro) inique. E il vizio che tali studiosi trovano nel ragionamento sopra riportato, non starebbe nel concetto di colpa o dolo (di cui sub II), ma nel concetto di nesso di causalità (di cui sub III ): occorre pertanto sostituire - essi sostengono - il concetto di causalità naturale (così essi si riferiscono al concetto di cui sub III) con altri concetti (di nesso di causalità).

A questo punto vediamo due degli esempi, che tali Studiosi danno, per dimostrare la fondatezza della loro critica (al concetto di causalità naturale).

Primo esempio: Rossi, andandosene in bicicletta, arrivato a un incrocio calcola che nessun altro veicolo sopravvenga e continua dritto: errore, sopraggiunge Bianchi ed egli lo investe: la velocità era tutt'altro che forte, le lesioni subite da Sempronio sono state tutt'altro che gravi, ma ciò non di meno si rende necessario il trasporto di Bianchi all'ospedale. Dove succede il fattaccio: il chirurgo sbaglia l'operazione e...manda al Creatore il povero Bianchi

Secondo esempio: sempre il solito Rossi investe il solito Bianchi, sempre causandogli lievissime lesioni. Ciò nonostante Bianchi va trasportato all'ospedale; purtroppo durante il tragitto l'autoambulanza viene investita da Tizio, e Bianchi viene ucciso.

In entrambi i casi gli Studiosi di cui sopra pongono la domanda (retorica): non é iniquo condannare il Rossi a un risarcimento milionario per aver tenuto un comportamento, che non era assolutamente prevedibile potesse causare così gravi danni? E, a tale domanda rispondendo positivamente, sostengono che il giudice, non deve limitarsi a constatare l'esistenza di un nesso di causalità naturale tra un dato comportamento e il danno, ma deve altresì accertare che, in base alle statistiche (criterio proposto dai seguaci della "teoria della "causalità adeguata") o in base alle cognizioni scientifiche più avanzate (criterio proposto dai seguaci della causalità scientifica e accolto dalla Corte Suprema di Cassazione), nessuno potesse prevedere la possibilità che, dal comportamento del Rossi, sortisse il danno poi effettivamente verificatosi.

Che cosa si può contestare alle teorie sopra indicate (della causalità adeguata e della causalità scientifica)?

Primo, che tali teorie, non vengono a eliminare la necessità di servirsi del criterio della causalità naturale per stabilire l'esistenza di un obbligo risarcitorio: vengono semplicemente ad aggiungere a tale criterio un altro criterio - ma con ciò, a dir il vero, non veniamo a fare una contestazione, ma solo un chiarimento, che ci pare, però, utile per sgombrare il "tavolo della discussione" da elementi che potrebbero ingenerare confusione (confusione già di per sè creata dal nome di "nesso di causalità" dato a quel quid pluris - perché non chiamarlo Pinco Pallino?! - che, per arrivare a una condanna, dovrebbe aggiungersi al nesso di causalità vero e proprio).

Seconda contestazione: le teorie contestate pretenderebbero basarsi su elementi "obiettivi", cioé che prescindono dalle tecniche usate per l'accertamento della colpa, ma tale pretesa é del tutto infondata. Infatti, per stabilire se il comportamento del Rossi é stato, o no, colposo, come dovremmo procedere? Evidentemente con una comparazione (parametrazione) tra le previsioni fatte dal Rossi ("Non é prevedibile che all'incrocio sbuchi un altro veicolo") e le previsioni fatte da un altro essere umano, chiamiamolo Pinco Pallino ("Sì, é prevedibile che un veicolo sbuchi"; "sì é prevedibile - oppure non é prevedibile - che una persona, portata all'ospedale, abbia la sfortuna di morire sotto i ferri di un chirurgo incapace"). Ora il fatto che le previsioni di Pinco Pallino siano consacrate in un libro di statistica o di medicina (o di ingegneria...) nulla cambia. Quindi é assurdo sostenere che l'accertamento del nesso di causalità, adeguata o scientifica, si basa su tecniche diverse da quelle adottate per l'accertamento della colpa, solo perché si basa su quello che risulta da un libro di medicina (o di ingegneria...). La verità é che l'accertamento del nesso di causalità adeguata o del nesso di causalità scientifica non avviene in modo per nulla diverso dall'accertamento della colpa. E noi crediamo che le teorie del "nesso di causalità adeguata" e del "nesso di causalità scientifica", studiate nella loro naturale sede - che é quella dell'elemento soggettivo (dolo e colpa) - si...sgonfierebbero subito, perché si rivelerebbero semplicemente un tentativo di introdurre surretiziamente la rilevanza dell'elemento soggettivo, in casi in cui il legislatore tale rilevanza vuole escludere.

Terza contestazione: Non vi é nulla di iniquo se, essendo derivato da un comportamento denotato solo da una levissima culpa un danno gravissimo, l'autore di tale comportamento viene condannato a un ingentissimo risarcimento. Abbiamo visto che tali irrazionalità sono connaturate al sistema di risarcimento che il legislatore ha scelto (e non poteva non scegliere). Un danno (ingentissimo) si é verificato: il legislatore deve scegliere se accollarlo a Rossi, che lo ha causato sia pure con lievissima colpa, oppure a Bianchi, che di nessuna colpa si é macchiato: tertium non datur. Perché mai si dovrebbe ritenere più giusto far pesare il danno sull'innocente Bianchi anziché sul colpevole Rossi?

A questo punto, va notato che, negli esempi portati a dimostrazione della necessità di liberare Rossi da ogni responsabilità (per l'iniquità ecc.), c'é sempre "di mezzo" (queste parole sono usate a ragion veduta) un terzo su cui accollare il risarcimento (il chirurgo maldestro, l'autista che investe l'autoambulanza). Ed é chiaro il perché: se, per riferirci al secondo esempio, l'autoambulanza fosse stata distrutta, non da un'altra auto, ma, metti, da una bomba sganciata da un aereo nemico, per cui liberare Rossi (il ciclista maldestro) dall'obbligo risarcitorio, significherebbe lasciare l'infortunato Bianchi senza risarcimento, la pretesa iniquità di obbligare Rossi a risarcire apparirebbe ancora? Noi pensiamo di no.

Questa osservazione ci spinge a domandarci se l'equa soluzione dei casi, proposti dai fautori delle teorie della causalità adeguata e della causalità scientifica, non vada basata su una intelligente interpretazione, dell'ultima parte dell'articolo 1223 e del capoverso dell'articolo 1226. Anche di ciò parleremo nella prossima noterella.

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di Luigi Maria Sanguineti

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