Diritti del minore e bigenitorialità


L'applicazione in Italia dei diritti dei minori riconosciuti dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia del 1989
Diritti del minore e bigenitorialità
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge del 27 maggio 1991, n. 176, individua nella famiglia l'unità fondamentale della società e l'ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei fanciulli, riservandole la protezione e l'assistenza di cui necessita per poter svolgere il suo ruolo nella collettività e riconoscendo che il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità, deve crescere in un ambiente familiare in un clima di felicità, di amore e di comprensione.
Questa dichiarazione di principio sarebbe priva di contenuti se non si articolasse nella previsione di specifici diritti di cui il minore deve godere e di precise responabilità a cui gli adulti debbono essere chiamati per garantirne effettivamente uno sviluppo armonioso e completo. A ogni diritto del fanciullo corrisponde una responsabilità della comunità degli adulti e quindi, nell'ambito familiare, dei genitori. E i genitori sono richiamanti con ancora più vigore ad assumersi tali responsabilità nelle situazioni di crisi familiare che sfociano nella separazione.

L’art. 9 della Convenzione garantisce al fanciullo il diritto a non essere separato dai suoi genitori contro la loro volontà - a meno che questa separazione sia necessaria nell'interesse preminente del fanciullo - e di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori. L’art. 18 poi riconosce il principio secondo cui la responsabilità per quanto riguarda l'educazione del fanciullo e il provvedere al suo sviluppo è comune a entrambi i genitori, i quali devono essere guidati principalmente dall’interesse preminente del fanciullo.
L’italia ha cristallizzato tali principi - con colpevole ritardo - attraverso la legge 8 febbraio 2006 n. 54, che ha ridisciplinato ex novo l’art. 155 del c.c. e ha introdotto nel codice gli artt. da 155bis a 155sexies. La riforma, improntata al criterio della bigenitorialità quale elemento essenziale per il corretto e armonioso sviluppo dei figli minori, prevede che "Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi". Dalla lettura della disposizione in esame emerge come sia un errore grossolano quello di considerare i c.d. diritti di visita un privilegio concesso al genitore non collocatario; il diritto di vedere e frequentare entrambi i genitori è del minore ed entrambi i genitori hanno il dovere di adoperarsi perché l’esercizio di tale diritto sia effettivo.

E' certamente necessario che trascorra molto tempo affinché la riforma normativa si traduca in una rivoluzione culturale - quale certamente è quella che non solo riconosce nel bambino un soggetto di diritto ma lo colloca al centro della comunità sociale - ma a distanza di oltre otto anni dall’entrata in vigore della novella, appaiono comunque evidenti i progressi in favore di una genitorialità consapevole e responsabile, attuati grazie all’introduzione dell’affidamento condiviso e del principio di bigenitorialità.

Ciò che, a parere di chi scrive, appare ancora oggi troppo spesso trascurato - se non addirittura travisato nei suoi contenuti essenziali - è il c.d. diritto all’ascolto del minore, previsto e garantito dall’art. 12 della Convenzione ONU, che riconosce al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, dandogli la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato. Di rado nelle procedure giudiziarie tese a disciplinare l'affidamento e il collocamento di un minore e le modalità di esercizio dei diritti di visita da parte del genitore non collocatario, il minore interessato viene ascoltato e, ancor più rararmente, la sua opinione viene presa in seria considerazione ai fini della decisione che lo riguarda. Vero è che i contenuti della Convenzione, in quanto ratificata dall'Italia, debbono trovare immediata applicazione nel nostro Paese, ma probabilmente solo la cristallizzazione in una norma nazionale del diritto all'ascolto di cui all'art. 12 della Conv. ONU ne renderebbe effettivo l'esercizio, come è già successo per il principio di bigenitorialità.

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di avv. Eleonora Castagnola

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