Diritto all'unità familiare e soggiorno irregolare
Nullità del decreto di espulsione dello straniero; omessa valutazione diritto alla vita familiare ai sensi art 8 CEDU; legame tra fratelli

Il decreto di espulsione deve dare conto di quali siano le ragioni che hanno fatto propendere, per l’adozione della misura espulsiva, nonostante l’integrazione sociale del destinatario ed i legami familiari che il medesimo ha in Italia; altrimenti il provvedimento è da annullare.
È quanto afferma una recentissima ordinanza del Giudice di Pace di Savona, la n. 2/2017 del 10/1/2017.
K.D. cittadino bengalese, impugnava il decreto di espulsione, emesso dalla Questura di Savona nei suoi confronti in quanto privo del permesso di soggiorno e dunque "clandestino", lamentando la mancata valutazione da parte della Pubblica Amministrazione delle proprie condizioni di vita familiare: Infatti il ricorrente aveva un fratello in Italia che era titolare di un regolare permesso di soggiorno con cui viveva. Tale circostanza non era nemmeno conosciuta dalla Questura che sul punto non aveva condotto alcuna indagine.
La Questura di Savona chiedeva il rigetto del ricorso in quanto l’art. 29 del D. Lgs. 286/98 (Testo Unico dell’Immigrazione), che elenca i soggetti per i quali è possibile esercitare il ricongiungimento familiare (1), non prevede tale possibilità tra fratelli.
La tesi del ricorrente si fondava sull'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) (2), che riconosce a chiunque si trovi sul territorio degli stati contraenti e dunque anche nei confronti dei cittadini stranieri che si trovino sotto la giurisdizione di tali stati, il diritto al rispetto della vita familiare. Tale norma pertanto impone una valutazione della vita familiare del soggetto interessato, che andrebbe quindi valorizzata allorché la permanenza dello straniero sul territorio dello Stato non si ponga in contrasto con interessi di pubblico rilievo.
Infatti com’è noto, l’articolo 117, co. 1, Cost. impone al legislatore interno di rispettare i vincoli derivanti "dagli obblighi internazionali", ai quali vengono ricondotti anche gli obblighi che promanano dall’adesione alla CEDU. Pertanto la Convenzione diviene criterio per l’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni interne, le quali dovranno essere lette e applicate secondo un significato che le renda non incompatibili con la Convenzione, e dunque con la Costituzione.
Quindi sebbene la legge italiana non preveda il ricongiungimento tra fratelli, secondo il Giudice, nell’ambito di una lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata della norma, la Pubblica Amministrazione dovrebbe verificare di volta in volta, caso per caso, se lo straniero abbia legami familiari sul territorio nazionale ed in caso affermativo valutare se il diritto alla vita familare debba prevalere o soccombere nanti ad interessi di pubblico rilievo quali l’ordine pubblico, la sicurezza nazionale e la prevenzione dei reati. Omessa una tale valutazione,afferma la sentenza, i decreti di espulsione vanno annullati per difetto di istruttoria e/o motivazione.
Nel caso di specie, era stata fornita la prova del legame familiare e della convivenza dei medesimi.
Il Giudice ha accolto il ricorso.
(1) Art. 29 co. 1 D. Lgs. 286/98: "1. Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:
a) coniuge non legalmente separato e di età non inferiore ai diciotto anni;
b) figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;
c) figli maggiorenni a carico, qualora per ragioni oggettive non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute che comporti invalidità totale;
d) genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza, ovvero genitori ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati, gravi motivi di salute."
(2) Art. 8 CEDU; "Diritto al rispetto della vita privata e familiare.
1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui."
È quanto afferma una recentissima ordinanza del Giudice di Pace di Savona, la n. 2/2017 del 10/1/2017.
K.D. cittadino bengalese, impugnava il decreto di espulsione, emesso dalla Questura di Savona nei suoi confronti in quanto privo del permesso di soggiorno e dunque "clandestino", lamentando la mancata valutazione da parte della Pubblica Amministrazione delle proprie condizioni di vita familiare: Infatti il ricorrente aveva un fratello in Italia che era titolare di un regolare permesso di soggiorno con cui viveva. Tale circostanza non era nemmeno conosciuta dalla Questura che sul punto non aveva condotto alcuna indagine.
La Questura di Savona chiedeva il rigetto del ricorso in quanto l’art. 29 del D. Lgs. 286/98 (Testo Unico dell’Immigrazione), che elenca i soggetti per i quali è possibile esercitare il ricongiungimento familiare (1), non prevede tale possibilità tra fratelli.
La tesi del ricorrente si fondava sull'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) (2), che riconosce a chiunque si trovi sul territorio degli stati contraenti e dunque anche nei confronti dei cittadini stranieri che si trovino sotto la giurisdizione di tali stati, il diritto al rispetto della vita familiare. Tale norma pertanto impone una valutazione della vita familiare del soggetto interessato, che andrebbe quindi valorizzata allorché la permanenza dello straniero sul territorio dello Stato non si ponga in contrasto con interessi di pubblico rilievo.
Infatti com’è noto, l’articolo 117, co. 1, Cost. impone al legislatore interno di rispettare i vincoli derivanti "dagli obblighi internazionali", ai quali vengono ricondotti anche gli obblighi che promanano dall’adesione alla CEDU. Pertanto la Convenzione diviene criterio per l’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni interne, le quali dovranno essere lette e applicate secondo un significato che le renda non incompatibili con la Convenzione, e dunque con la Costituzione.
Quindi sebbene la legge italiana non preveda il ricongiungimento tra fratelli, secondo il Giudice, nell’ambito di una lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata della norma, la Pubblica Amministrazione dovrebbe verificare di volta in volta, caso per caso, se lo straniero abbia legami familiari sul territorio nazionale ed in caso affermativo valutare se il diritto alla vita familare debba prevalere o soccombere nanti ad interessi di pubblico rilievo quali l’ordine pubblico, la sicurezza nazionale e la prevenzione dei reati. Omessa una tale valutazione,afferma la sentenza, i decreti di espulsione vanno annullati per difetto di istruttoria e/o motivazione.
Nel caso di specie, era stata fornita la prova del legame familiare e della convivenza dei medesimi.
Il Giudice ha accolto il ricorso.
(1) Art. 29 co. 1 D. Lgs. 286/98: "1. Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:
a) coniuge non legalmente separato e di età non inferiore ai diciotto anni;
b) figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;
c) figli maggiorenni a carico, qualora per ragioni oggettive non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute che comporti invalidità totale;
d) genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza, ovvero genitori ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati, gravi motivi di salute."
(2) Art. 8 CEDU; "Diritto al rispetto della vita privata e familiare.
1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui."
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