Diritto tributario e CEDU: prospettive di tutela


L'articolo illustra sinteticamente un'applicazione pratica della tutela della proprietà di fonte europea in una fattispecie tributaria
Diritto tributario e CEDU: prospettive di tutela
Per molto tempo gli studiosi e gli operatori del diritto tributario hanno trascurato il tema dei diritti fondamentali tutelati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e dal diritto dell’U.E., in ragione di un apparente disinteresse di tali fonti europee per i diritti fondamentali dei contribuenti.
Tale scenario è profondamente mutato, potendosi oggi affermare con certezza che le suddette fonti non si disinteressano affatto della tutela dei diritti fondamentali dei contribuenti, con la conseguenza che la c.d. "tutela multilivello" dei diritti fondamentali (assicurata dal diritto nazionale, dal diritto dell’U.E. e dalla CEDU) sussiste anche con riguardo alla materia tributaria.
In questo senso, si segnala che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (C.EDU) ha recentemente ammesso il ricorso presentato da una società italiana che ha lamentato la violazione di diverse norme della Convenzione, per avere subito una pretesa impositiva, confermata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 18467/2017, mediante l’affermazione di un principio di diritto che appare essere arbitrario e creativo, in quanto imprevedibile all’epoca in cui sono stati compiuti i fatti di causa.
Infatti, premesso che la disciplina della estromissione agevolata dei beni societari ai soci di cui all’art. 29 della legge n. 449/1997 è espressamente preclusa per i soli beni strumentali "per destinazione", nel caso di specie la Corte di Cassazione ha disconosciuto l’agevolazione in questione per essere stata applicata dalla società a un bene strumentale - espressamente definito - "per natura": ossia un terreno (formalmente) agricolo di una società vitivinicola, che alla data di assegnazione ai soci risultava, sulla base dalle risultanze processuali, essere estromesso dal ciclo produttivo della società (essendo da poco terminata la relativa coltivazione e per avere la società già richiesto al Comune il formale riconoscimento della natura edificabile del terreno in questione, in attuazione di un precedente giudicato amministrativo, al fine di attuare un progetto di lottizzazione).
Fermo restando che il procedimento dinanzi alla Corte di Strasburgo non è un "quarto grado" di giudizio, con il ricorso alla C.EDU la società ha dedotto la violazione della tutela della proprietà assicurata dall’art. 1, primo protocollo aggiuntivo alla CEDU, del principio di legalità in materia di sanzioni di cui all’art. 7 della CEDU, del divieto di discriminazione di cui all’art. 14 della CEDU, in relazione alla tutela della proprietà, e dei principi del processo equo di cui all’art. 6 della CEDU.
Con particolare riguardo alla tutela della proprietà, è stata dedotta, in primo luogo, la violazione del principio di legalità della pretesa impositiva, considerato che la norma applicabile nel caso di specie (l’art. 29 della legge n. 449/1997) si è dimostrata inidonea a proteggere l’interessato dalle ingerenze arbitrarie e imprevedibili delle Autorità nazionali. Ciò in quanto la norma in questione non è riuscita a evitare che dette Autorità ampliassero, in modo arbitrario e imprevedibile, la portata della preclusione oggettiva all’applicazione della agevolazione in questione, per estenderla - oltre ai beni strumentali "per destinazione", anche - ai beni strumentali "per natura" (analoghi argomenti sono stati utilizzati in relazione alla dedotta violazione del principio nulla poena sine lege di chi all’art. 7 della CEDU con riguardo alle sanzioni conseguentemente irrogate).
In secondo luogo, la società ha dedotto la violazione della proprietà per vizio di proporzionalità dell’ingerenza fiscale. Ciò poiché, analogamente a quanto già deciso dalla C.EDU con il caso Di Belmonte contro Italia, nella fattispecie in esame l’imposizione fiscale (anche se, per ipotesi, rispettosa del principio di legalità) è dovuta esclusivamente al ritardo dell’ente locale ad ottemperare al giudicato amministrativo che aveva in precedenza sancito la natura edificabile del terreno.
Infatti, se l’Ente locale avesse adempiuto tempestivamente al giudicato amministrativo (come era suo dovere fare in un termine ragionevole, nella specie ampiamente violato), si sarebbe realizzata quella "radicale trasformazione" che avrebbe fatto perdere al terreno in questione la qualità di bene strumentale "per natura" all’attività agricola, rientrando conseguentemente nel capo di applicazione dell’agevolazione (come interpretata dalla Corte di Cassazione).
In definitiva, non devono essere sottovalutate le possibilità di difesa dei diritti fondamentali dei contribuenti che derivano dalla CEDU e dalla Carta di Nizza, nei rispettivi ambiti di applicazione, anche in ragione della possibilità di invocare un giudizio da parte di un giudice sovrannazionale, che è naturalmente più distaccato dalle emergenze finanziarie interne rispetto ai giudici nazionali.

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di Giulio Chiarizia

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