Eredità: tra accettazione tacita e rinuncia esplicita


Quali sono le possibili scelte per il chiamato all’eredità nel momento dell’apertura della successione?
Eredità: tra accettazione tacita e rinuncia esplicita
Nel momento dell’apertura della successione, cioè al momento della morte del "de cuius" bisogna prestare attenzione, in qualità di chiamato all’eredità, a ben individuare l’eredità nel suo complesso.
Una volta compiuta questa non agevole operazione, si presentano tre possibili scelte per il chiamato all’eredità: l’accettazione (tacita o esplicita) ex art 474 c.c., l’accettazione con beneficio di inventario o la rinuncia.
Vorrei soffermarmi distintamente soltanto sul caso di accettazione "piena" o di rinuncia.

L’accettazione può avvenire non solo con una dichiarazione formale ma anche attraverso una serie di atti compiuti dal chiamato, posteriormente alla data del decesso, in relazione al patrimonio del de cuius.
Tali atti configurano una "presunzione assoluta" per la legge e una volta compiuti precludono la terza possibilità, cioè la rinuncia all’eredità.
Il termine finale per accettare l’eredità è fissato per legge con la prescrizione decennale conteggiata dalla data del decesso.
Una volta accettata l’eredità, l’accettazione, tacita o esplicita che sia, ha effetto fin dalla data del decesso, quindi retroattivamente, su tutti i beni ed i rapporti giuridici in capo al de cuius.
Gli strumenti di tutela giuridica per la persona chiamata all’eredità, in attesa della accettazione, vengono indicati all’art 460 cc.
L’accettazione espressa, tramite un atto pubblico o una scrittura privata, o tacita dell’eredità non può mai essere nè condizionata, nè vincolata ad un termine, nè parziale.

Ai sensi dell’art 476 c.c. , invece, il chiamato accetta tacitamente l’eredità quando pone in essere atti che presuppongono la sua volontà di accettare. Non è ammessa la prova del contrario, in merito a tali atti. Il chiamato è necessario che sia "consapevole" che tale atto va ad incidere sull’asse ereditario, ma non è necessario altresì che egli sia anche consapevole che tale atto configuri accettazione tacita.
Da notare che la presentazione della dovuta dichiarazione di successione all’Agenzia delle Entrate non configura una "accettazione tacita dell’eredità", così come il versamento della conseguente imposta di successione; altrettanto dicasi per la richiesta di registrazione del testamento o la sua trascrizione. Gli atti specificamente indicati all’art 477 c.c. configurano inoltre accettazione tacita per espressa previsione normativa e, come sopra accennato, non ammettono prova del contrario.

La dichiarazione di rinuncia deve essere rilasciata mediante atto pubblico presso un Notaio o presso la competente Cancelleria del Tribunale del circondario dove si è aperta la successione.
Tale dichiarazione deve essere libera da condizioni e termini e deve essere rilasciata a favore di tutti gli altri chiamati all’eredità. Il termine per rinunciare ad un’eredità è altresì il medesimo termine decennale richiamato sopra. Anche la dichiarazione di rinuncia ha effetto retroattivo fin dal giorno del decesso.

E’ importante ricordare che la rinuncia all’eredità può essere impugnata dai CREDITORI del "de cuius", oltre che dal soggetto che ha rinunciato (artt. 524 e 526 c.c.). I creditori possono quindi cercare di farsi autorizzare dal Tribunale ad accettare l’eredità in nome e per conto del DEBITORE (defunto) per potersi soddisfare sui beni ereditati fino a concorrenza del proprio credito.

Infine, prima di procedere con la accettazione di un’eredità, occorre ricordarsi di verificare lo stato delle pendenze giudiziarie del "de cuius", che potrebbero significare un rischio di aggravi di debiti (potenziali) in caso di cause pendenti che si potrebbero concludere con sentenza negativa (per il "de cuius") con conseguenti eventuali richieste di somme ulteriori da parte di terzi, somme non ancora venute ad esistenza o perlomeno non ancora quantificate al momento della formazione dell’asse ereditario.

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di Domenico Onofri

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