Figli e affido esclusivo al genitore che garantisce accesso all'altro


La differenza tra bi-genitorialità intesa come mera non ingerenza dei genitori tra loro e co-genitorialità nella prospettiva della collaborazione in favore della prole
Figli e affido esclusivo al genitore che garantisce accesso all'altro

Con ordinanza del 04 novembre 2019 la Suprema Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi sul ricorso avverso la sentenza con la quale la Corte d'appello di Trento n. 144 del 26 maggio 2017 aveva confermato la decisione del Giudice in prime cure, che aveva disposto l'affido esclusivo alla madre delle due figlie minori, ha confermato la decisione del giudice di merito.

La Suprema Corte muove dall'essenziale presupposto, già dalla medesima espresso a partire dal lontano 2006 (con la pronuncia 14840/2006) e, pertanto, ormai largamente consolidato, secondo il quale «in materia di affidamento dei figli minori, il giudice della separazione e del divorzio deve attenersi al criterio fondamentale (...) rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo i danni derivati dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore».

E' bene precisare che il miglior interesse del minore costituisce un effettivo metro di giudizio, come risulta dal fatto che «la regola dell'affidamento condiviso non è negoziabile dai genitori e, soprattutto, non è ammissibile una rinuncia all'affido bigenitoriale da parte di uno dei partners, in quanto trattasi di un Diritto del Fanciullo e non dei genitori: quanto è oggi reso evidente e palese dall'art. 315-bis c.c., come introdotto dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, il quale predica che "il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni". Ne consegue che, dove i genitori intendano stabilire l'affido esclusivo, in sede di separazione consensuale, questi hanno l'onere di specificare quali circostanze concrete, dettagliate e specifiche lo rendano di pregiudizio per il minore o per lo stesso inadeguato» (Tribunale Varese, 21/01/2013).

Si tratta in questa sede di approfondire quello che viene comunemente definito il criterio dell'accesso, il quale nella prospettiva della cogenitorialità, ossia di un esercizio della responsabilità genitoriale che si realizza quando i genitori non si limitano, per così dire, a non ostacolarsi l'un l'altro, procedendo come su singolarmente rette parallele, ma risultano capaci di azionare, nel quadro della separazione, meccanismi utili in funzione della struttura propria di una famiglia separata, la quale beneficia di forme di cooperazione alquanto diverse rispetto a quelle proprie della famiglia convivente sotto il medesimo tetto.

Occorre, quindi, valutare il genitore esercente la responsabilità verso la prole mediante un «giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione di genitore singolo, giudizio che, ancorandosi ad elementi concreti, potrà fondarsi sulle modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull'apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente che è in grado di offrire al minore».

Nello specifico caso deciso dalla Corte d'Appello di Trento si erano rilevati, in capo ad uno dei genitori, i seguenti elementi di criticità: trasferimento in regione diversa e distante da quella di residenza delle minori; mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento; scarsa partecipazione alle scelte inerenti le vite delle figlie; trascuratezza dei propri doveri genitoriali, il tutto anche con adeguato riscontro da parte del giudice di merito delle dichiarazioni rese dai figli minori.

Onde completare il contesto di riferimento dell'istituto dell'affido esclusivo e delle motivazioni che possono sorreggerlo, giova ricordare come la mera conflittualità riscontrata tra i genitori «non preclude il ricorso al regime preferenziale dell'affidamento condiviso dei figli ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse (Cass. civ. Sez. I Sent., 06/03/2019, n. 6535)».

Onde esemplificare, infine, uno fra i molti concreti effetti dell'affido esclusivo, si ricorda che «nel caso di affidamento esclusivo della prole ad uno dei genitori, le spese straordinarie in favore del figlio, previamente specificate dalla sentenza di divorzio, possono essere decise dall'affidatario senza previo accordo con l'altro genitore» (Tribunale Roma Sez. I, 21/06/2016) e che, «costituendo tale ipotesi una decisione "di maggiore interesse" per il figlio, sussiste, a carico del coniuge non affidatario, un obbligo di rimborso qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso» (Tribunale Roma Sez. I, 07/07/2014).

 

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di Giuseppe Mazzotta

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