Gli accordi tra i coniugi (side letters): quando e perché sono validi
Capita sovente che i coniugi, parti del procedimento per separazione o divorzio abbiano la necessità di concludere e formalizzare accordi che, pur senza comparire agli atti processuali, vincolano gli stessi nel quadro delle clausole concordate di concerto con quelle rese evidenti in sede processuale.
Si tratta delle cosiddette scritture a latere, quelle per le quali è spesso presente un generico richiamo (ad es. «come da separato accordo») nel ricorso congiunto o, quando il procedimento sia iniziato in forma giudiziale, nel verbale di trasformazione del rito in seguito all’accordo raggiunto dai coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale.
Esemplificativamente, il verbale, nel quale il Presidente dà atto dell’accordo che i coniugi abbiano raggiunto in sede di prima udienza celebrata in seguito al ricorso giudiziale, stabilisce solitamente nel modo che segue: «Preso atto dell’accordo raggiunto dalle parti in ordine alle condizioni della separazione, riportate nel separato accordo; preso atto della richiesta di trasformazione del procedimento da giudiziale in consensuale formulata da entrambe le parti; ritenuto che detta richiesta può essere accolta e ritenuto, quindi, di dover disporre detta trasformazione; letti gli articoli di legge, così provvede: 1) dà atto della concorde volontà dei coniugi di separarsi consensualmente, alle condizioni indicate nel separato processo verbale sottoscritto dalle parti, siglato dal Presidente ed allegato al presente verbale; 2) ordina la trasformazione del procedimento da giudiziale in consensuale, mandando alla Cancelleria per le incombenze conseguenziali: 3) dispone che la Cancelleria rimetta gli atti al P.M. perché formuli il suo parere e, quindi, al Tribunale per la omologazione della separazione».
E fino a questo punto i coniugi hanno esplicitato il contenuto dei propri accordi, ciò avuto riguardo ad una soglia al di sotto della quale non è permesso scendere e che risulta individuata dal quadro generale dei diritti indisponibili o doveri inderogabili (a seconda del punto di osservazione dal quale si guarda ad essi), soglia sulla quale si collocano anche i poteri officiosi del Giudice il quale, ad esempio, in materia di diritto del minore al mantenimento, esercita poteri in deroga al principio dispositivo (ossia quello per il quale le Parti possono optare o meno per domandare tutela) procedendo, di propria iniziativa, anche a prescindere dalla domanda e dalla allegazione dei fatti ad opera delle Parti.
Su questa posizione si è già da tempo assestata la giurisprudenza di legittimità [Cass. civ., Sez. I, Ord., (data ud. 27/01/2021) 24/02/2021, n. 5065] la quale ha chiarito che «Deve, quindi, ritenersi superato, pertanto, il principio, pure sostenuto da questa Corte e richiamato dalla ricorrente, secondo cui gli accordi assunti prima del matrimonio o magari in sede di separazione consensuale, in vista del futuro divorzio, sono sempre nulli per illiceità della causa, perché in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio (Cass., 4 giugno 1992, n. 6857; Cass., 20 marzo 1998, n. 2955). E' ragionevole, infatti, ritenere che tali accordi non producano effetti vincolanti tra le parti solo laddove contengano clausole chiaramente lesive degli interessi dei beneficiari dell'assegno di mantenimento oppure condizioni contrarie all'ordine pubblico: in mancanza di tali circostanze, l'accordo transattivo produce effetti obbligatori per le parti, e ciò anche se il suo contenuto non venga recepito in un provvedimento dell'autorità giudiziaria». E queste sono appunto le side letters, meglio note come i “separati accordi” in cui trovano posto le disposizioni, ad es., inerenti alle concrete modalità del pagamento del mantenimento, ai figli o al coniuge, ovvero inerenti a soggetti terzi rispetto a quelli coinvolti nel procedimento per separazione o divorzio.
Pensiamo ad esempio al caso, non infrequente, in cui i coniugi abbiano intrattenuto, in costanza di matrimonio, rapporti giuridicamente rilevanti e che pure esulino dal contenuto proprio ed inderogabile dell'istituto matrimoniale, come, ad es., rapporti di lavoro, anche al di fuori dell’impresa famigliare. Eventuali pendenze residue nella fase terminale della crisi famigliare, pur astrattamente indifferenti rispetto al percorso giudiziario di separazione o divorzio, possono risultare di grande rilevanza proprio per la definizione della crisi matrimoniale, all’interno della quale i profili di assistenza morale e materiale risultano spesso connessi con quelli di altra natura e ciò proprio per la finalità che i coniugi perseguono attraverso il divorzio ossia quella di conseguire un definitiva autonomia personale e patrimoniale dall’ex coniuge [Non esattamente così per la separazione che costituisce, semmai, un istituto propriamente conservativo del matrimonio, ma di questo si tratterà eventualmente in altra occasione].
Assai spesso le side letters hanno ad oggetto l’accordo di corresponsione del mantenimento diretto al figlio maggiorenne: di particolare rilievo è la recentissima sentenza Cass. civ., Sez. III, Sent., 21/02/2023, n. 5353 nella quale si ribadisce «il principio secondo cui tanto in caso di separazione consensuale che di divorzio congiunto, "i coniugi possono concordare, con il limite del rispetto dei diritti indisponibili, non solo gli aspetti patrimoniali, ma anche quelli personali della vita familiare" (Cass. Sez. 1, sent. 20 agosto 2014, n. 18066, Rv. 632256-01), affermandosi anche che, "in tema di accordi conclusi in vista del divorzio, è valido il patto stipulato tra i coniugi per la disciplina della modalità di corresponsione dell'assegno di mantenimento, che preveda il versamento da parte del genitore obbligato direttamente al figlio di una quota del contributo complessivo di cui risulta beneficiario l'altro genitore (Cass. Sez. 1, ord. 24 febbraio 2021, n. 5065, Rv. 660758-01)».
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