I diritti della lavoratrice madre
I principali diritti della lavoratrice madre riguardo il licenziamento, le dimissioni ed il congedo di maternità
I DIRITTI DELLA LAVORATRICE MADRE
I principali diritti della lavoratrice madre riguardo il licenziamento, le dimissioni ed il congedo di maternità
Il licenziamento della lavoratrice madre
La legge vieta al datore di lavoro di licenziare la lavoratrice madre dall'inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. Il divieto di licenziamento opera anche nel caso in cui il datore di lavoro, al momento del licenziamento, non conosceva lo stato di gravidanza della lavoratrice.
In caso di licenziamento illegittimo, quindi, la lavoratrice ha diritto al ripristino del rapporto di lavoro sulla base del certificato medico dal quale risulti che essa, all'epoca del licenziamento, era già in stato di gravidanza.
Il divieto di licenziamento si estende anche ai casi di adozione e di affidamento, operando fino ad un anno dall'ingresso del minore in famiglia.
La legge prevede tuttavia alcune eccezioni al suddetto divieto.
È infatti ammesso il licenziamento nei seguenti casi:
- colpa grave della lavoratrice, considerata giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
- cessazione dell’attività aziendale;
- scadenza dei termini nei contratti a tempo determinato;
- esito negativo del periodo di prova.
Le dimissioni della lavoratrice madre
In tema di dimissioni, il D.lgs. n. 80/2015 attuativo del Jobs Act, ha sancito che qualora le dimissioni vengano rassegnate nel periodo in cui è previsto il divieto di licenziamento, la lavoratrice abbia diritto alle indennità previste dalla Legge e dalla contrattazione collettiva per il caso di licenziamento. Inoltre, sempre nel caso in cui le dimissioni intervengano in tale periodo, nessun preavviso deve essere riconosciuto dalla lavoratrice o dal lavoratore che abbia fruito del congedo di paternità.
La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all'articolo 54, comma 9 del Testo Unico sulla maternità, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.
Il congedo di maternità
Il congedo obbligatorio
Il congedo di maternità obbligatorio è un periodo di 5 mesi (due mesi precedenti la data presunta del parto e tre dopo) nei quali la donna per legge deve astenersi dal lavoro. E' stata peraltro introdotta la possibilità per la lavoratrice dipendente di continuare l’attività lavorativa nel corso dell’ottavo mese e di prolungare il periodo di congedo post partum, a condizione che il medico attesti lo stato di buona salute. Il congedo di maternità è riconosciuto alla madre lavoratrice anche nei casi di adozioni e/o affidamenti (nazionali e internazionali) di minori.
L’obbligatorio, da una decina d'anni, riguarda anche le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata dell’Inps, mentre non è prevista per le lavoratrici autonome (artigiane, commercianti, coltivatrici dirette, colone e mezzadre, imprenditrici agricole professionali) assicurate alle relative gestioni Inps. Tali lavoratrici, inoltre, non hanno diritto all’interdizione anticipata/ posticipata del congedo di maternità, che spetta invece alle dipendenti in caso di complicazioni di salute e che, se debitamente accertato, è pagato come il congedo obbligatorio prima e come malattia dopo.
Il congedo per le lavoratrici autonome
Le lavoratrici autonome previste dal testo unico su paternità e maternità (articolo 66 dlgs 151/2001) - artigiane, commercianti, coltivatrici dirette, colone, mezzadre, imprenditrici agricole a titolo principale, pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne - hanno diritto a un trattamento economico di maternità (anche se hanno continuato a lavorare) pari all’80% della retribuzione, per cinque mesi. Non hanno, quindi, l’obbligo di astensione dal lavoro.
Tale indennità spetta anche al padre lavoratore autonomo, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Il congedo facoltativo
Il periodo di congedo facoltativo è invece di 6 mesi ed è retribuito al 30% dello stipendio fino al 6° anno di vita del bambino, ma si può utilizzare fino al 12° anno del bambino (in questo caso non è retribuito). Il congedo facoltativo è detto anche "congedo parentale" perché può essere utilizzato, in via alternativa, dalla mamma o dal papà.
I principali diritti della lavoratrice madre riguardo il licenziamento, le dimissioni ed il congedo di maternità
Il licenziamento della lavoratrice madre
La legge vieta al datore di lavoro di licenziare la lavoratrice madre dall'inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. Il divieto di licenziamento opera anche nel caso in cui il datore di lavoro, al momento del licenziamento, non conosceva lo stato di gravidanza della lavoratrice.
In caso di licenziamento illegittimo, quindi, la lavoratrice ha diritto al ripristino del rapporto di lavoro sulla base del certificato medico dal quale risulti che essa, all'epoca del licenziamento, era già in stato di gravidanza.
Il divieto di licenziamento si estende anche ai casi di adozione e di affidamento, operando fino ad un anno dall'ingresso del minore in famiglia.
La legge prevede tuttavia alcune eccezioni al suddetto divieto.
È infatti ammesso il licenziamento nei seguenti casi:
- colpa grave della lavoratrice, considerata giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
- cessazione dell’attività aziendale;
- scadenza dei termini nei contratti a tempo determinato;
- esito negativo del periodo di prova.
Le dimissioni della lavoratrice madre
In tema di dimissioni, il D.lgs. n. 80/2015 attuativo del Jobs Act, ha sancito che qualora le dimissioni vengano rassegnate nel periodo in cui è previsto il divieto di licenziamento, la lavoratrice abbia diritto alle indennità previste dalla Legge e dalla contrattazione collettiva per il caso di licenziamento. Inoltre, sempre nel caso in cui le dimissioni intervengano in tale periodo, nessun preavviso deve essere riconosciuto dalla lavoratrice o dal lavoratore che abbia fruito del congedo di paternità.
La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all'articolo 54, comma 9 del Testo Unico sulla maternità, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.
Il congedo di maternità
Il congedo obbligatorio
Il congedo di maternità obbligatorio è un periodo di 5 mesi (due mesi precedenti la data presunta del parto e tre dopo) nei quali la donna per legge deve astenersi dal lavoro. E' stata peraltro introdotta la possibilità per la lavoratrice dipendente di continuare l’attività lavorativa nel corso dell’ottavo mese e di prolungare il periodo di congedo post partum, a condizione che il medico attesti lo stato di buona salute. Il congedo di maternità è riconosciuto alla madre lavoratrice anche nei casi di adozioni e/o affidamenti (nazionali e internazionali) di minori.
L’obbligatorio, da una decina d'anni, riguarda anche le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata dell’Inps, mentre non è prevista per le lavoratrici autonome (artigiane, commercianti, coltivatrici dirette, colone e mezzadre, imprenditrici agricole professionali) assicurate alle relative gestioni Inps. Tali lavoratrici, inoltre, non hanno diritto all’interdizione anticipata/ posticipata del congedo di maternità, che spetta invece alle dipendenti in caso di complicazioni di salute e che, se debitamente accertato, è pagato come il congedo obbligatorio prima e come malattia dopo.
Il congedo per le lavoratrici autonome
Le lavoratrici autonome previste dal testo unico su paternità e maternità (articolo 66 dlgs 151/2001) - artigiane, commercianti, coltivatrici dirette, colone, mezzadre, imprenditrici agricole a titolo principale, pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne - hanno diritto a un trattamento economico di maternità (anche se hanno continuato a lavorare) pari all’80% della retribuzione, per cinque mesi. Non hanno, quindi, l’obbligo di astensione dal lavoro.
Tale indennità spetta anche al padre lavoratore autonomo, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Il congedo facoltativo
Il periodo di congedo facoltativo è invece di 6 mesi ed è retribuito al 30% dello stipendio fino al 6° anno di vita del bambino, ma si può utilizzare fino al 12° anno del bambino (in questo caso non è retribuito). Il congedo facoltativo è detto anche "congedo parentale" perché può essere utilizzato, in via alternativa, dalla mamma o dal papà.
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