Il contratto di locazione deve avere forma scritta


Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione chiariscono in via definitiva gli specifici casi di deroga alla forma scritta nel contratto di locazione
Il contratto di locazione deve avere forma scritta
La prima disciplina organica dei contratti di locazione di immobili urbani ad uso abitativo è intervenuta con legge 27 luglio 1978, n. 392, volta alla determinazione legale del contratto con specifico riferimento al canone di locazione, calcolato in base a parametri oggettivi e sostanzialmente sottratto alla libera negoziazione delle parti. La divaricazione tra l'indirizzo della legge e quello del mercato ha prodotto la conseguente tendenza ad una diffusa evasione fiscale, frutto di accordi aventi ad oggetto canoni di locazione di ammontare non dichiarato in contratto o, più semplicemente, inseriti nel quadro di rapporti stabiliti e mantenuti di fatto, in assenza di un contratto scritto e basati su accordi meramente verbali. Il legislatore è allora tornato sull'argomento negli anni '90: con il D.L. 11 luglio 1992, n. 333, dettato in materia di «Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica» ove si prevedeva che una libera pattuizione del corrispettivo della locazione a fronte di un raddoppio della durata minima del contratto, da quattro ad otto anni; con la legge 431 del 1998 il legislatore si staccava, poi, definitivamente dall'equo canone imposto dalla legge, nell'intento di armonizzare le esigenze fiscali con le tendenze del mercato immobiliare. Quest'ultima legge, al comma 4 dell'art. 1, prevede che per «la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta»: insomma affitti più cari ma non più "in nero". A tal proposito la stessa legge, poco più avanti, prevede anche, all'art. 13, 1° comma che «E' nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato». Al 4°comma si prevede che «sono nulli, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito» prevedendosi, tuttavia, al 5° comma che «il conduttore può altresì richiedere (...) che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 2 ovvero dal comma 3 dell'articolo 2», ossia che venga sanata la nullità prodottasi quando il locatore abbia «preteso l'instaurazione di un rapporto di locazione di fatto (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 17/09/2015, n. 18214)» in assenza di contratto scritto: in tali casi il giudice «determina il canone dovuto». In conclusione la legge prevede una nullità radicale per un caso, e una nullità, in certo qual modo, condizionata, in un altro, con il rischio di quelle estensioni dell'una o dell'altra interpretazione, in giudizi diversi sulle stesse ipotesi, che hanno, infatti, portato alla necessità di una pronuncia della Cassazione, giunta con la sentenza 17/09/2015, n. 18214, a Sezioni Unite, volta a dirimere definitivamente un contrasto giurisprudenziale, sentenza che, proprio a questo proposito, rileva come la legge «deroga ai principi generali della insanabilità del contratto nullo» riconoscendo al «al conduttore la possibilità di esperire una specifica azione finalizzata alla sanatoria del rapporto contrattuale di fatto venutosi a costituire in violazione di una norma imperativa. Ma proprio la portata eccezionalmente derogatoria ad un principio cardine dell'ordinamento (i.e. la insanabilità del contratto nullo) non consente un'interpretazione della norma diversa da quella rigorosamente letterale», mentre «nel caso in cui tale forma sia stata concordata liberamente tra le parti (o addirittura voluta dal conduttore), torneranno ad applicarsi i principi generali in tema di nullità». Il vincolo di forma del contratto di locazione risponde ad esigenze di certezza dell'esistenza e del contenuto del contratto, della volontà delle parti, della possibilità di controllarne il contenuto nell'interesse pubblico, di trascrizione a fini di pubblicità e di opponibilità a terzi. La forma scritta, dice ancora la Corte, è allora «ad essentiam, limitando, peraltro, la rilevabilità della nullità in favore del solo conduttore» con una speciale tutela nel caso in cui esso si sia visto imporre un rapporto di locazione in forma solo orale, da un proprietario che abbia abusato della propria posizione dominante all'interno di un asimmetrico rapporto contrattuale.

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di Avvocato Giuseppe Mazzotta

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