Il minore e le garanzie del suo ascolto nei procedimenti di famiglia.


Caratteristiche del ruolo dello psicologo che ascolta il minore in sede di Consulenza Tecnica d’Ufficio ove incaricato di verifica tecnica delle competenze genitorial
Il minore e le garanzie del suo ascolto nei procedimenti di famiglia.

Nei procedimenti che lo riguardano, come ad esempio quelli in materia di separazione e divorzio, il minore ha un interesse a prendervi parte tutelato mediante la previsione di un adempimento costituito dalla sua audizione, garantito mediante la sanzione di nullità che eventualmente colpisce il provvedimento del giudice che abbia ingiustificatamente omesso, anche espressamente escludendola, questa attività.

Lo stabilisce l’art. 336 bis del codice civile, in materia di ascolto del minore, in base al quale «Il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano».

Il legislatore ha stabilito una distinzione in ragione dell’età alla quale si riconduce un vero e proprio obbligo di ascolto del minore che diviene una facoltà se il minore ha meno di dodici anni, dovendosi tuttavia pur sempre motivare la ragione della mancata audizione, visto che deve in quel caso si esclude la “capacità di discernimento” che, appunto, fonda l’obbligo anche rispetto al minore infradodicenne.

Il giudice è quindi chiamato a valutare il profilo psicologico del minore coinvolto nel procedimento che lo riguarda e questo potrebbe rendere necessario o opportuno il ricorso ad esperti dotati di una competenza specifica rispetto a questa finalità. In questo caso il giudice può optare, in luogo dell'ascolto diretto, per un ascolto affidato ad un esperto. Il ruolo dell'esperto e la natura del suo intervento devono essere correttamente individuati in ragione della finalità per la quale il Giudice ad essi si affida.

Nel caso dell’ascolto mediato con l’intervento del consulente esperto (psicologo, psichiatra) il Giudice introduce nel giudizio l’utilizzo, quanto mai opportuno, di strumenti professionali idonei a garantire che la raccolta del pensiero del minore avvenga con modalità tali da costituire una garanzia sotto due distinti profili:

  • da un lato, deve essere assicurato il pieno rispetto del minore nella situazione processuale in cui i suoi più fondamentali interessi sono coinvolti entro il conflitto tra le persone di speciale riferimento quali, appunto, i genitori che, pur esercenti la responsabilità genitoriale, sono tuttavia in disaccordo tra loro su questioni fondamentali quali il mantenimento, la frequentazione e le scelte inerenti alle esigenze sanitarie, al percorso scolastico o alla dimensione dello svago, anch’essa fondamentale ai fini di equilibrato sviluppo psicofisico;

  • dall’altro, deve essere garantita la genuinità dell’acquisizione delle informazioni dal minore anche oltre le fisiologhe e comprensibili distorsioni di cui la comunicazione del minore può risentire, causa la percezione da parte del medesimo di un ruolo sostanzialmente rovesciato in sede processuale laddove egli rischia di sentirsi condizionante delle decisioni del giudice su argomenti che interessano i genitori; del resto il minore che viene chiamato in audizione verrà introdotto mediante rassicurazioni circa il fatto che non sarà lui a dover scegliere né a decidere rispetto ai genitori e, per un elementare ed inderogabile regola della comunicazione, al cospetto di un concetto descritto pur previamente negato, non solo il minore, ma qualunque ascoltatore, altro non farebbe che concentrasi proprio su quanto ha appena sentito anziché escluderlo come il suo interlocutore pretenderebbe.

Proprio per queste ragioni è certamente assai più prudente ipotizzare che a condurre l’audizione, una volta edotto del contenuto del procedimento, sia un esperto nelle discipline utili ad acquisire con il massimo della possibile obiettività la narrazione del minore.

Ben diverso ruolo l’esperto psicologo svolge nella Consulenza Tecnica d’Ufficio che invece consiste in una «indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali, in primo luogo, la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori e la relazione in essere con il figlio» (Cass. civ., Sez. I, Ord., (data ud. 14/06/2021) 02/09/2021, n. 23804 – Cass. 24 maggio 2018, n. 12957), laddove si procede sulla base di un ben diverso presupposto in quanto è in discussione il sostrato di condizioni famigliari e di competenze genitoriali entrambe essenziali alla cura del minore.

La distinzione della tipologia di intervento dell’esperto nel processo di famiglia si iscrive nella struttura e nelle finalità del procedimento medesimo.

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di Giuseppe Mazzotta

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