Separazione o divorzio, il significato di “Bigenitorialità”


Bigenitorialità, non significa trascorrere uguale tempo con entrambi i genitori, ma significa partecipazione attiva da parte di entrambi i genitori
Separazione o divorzio, il significato di “Bigenitorialità”

Con Ordinanza n. 31902 del 10 dicembre 2018, la Corte di Cassazione si è pronunciata ispirandosi ancora una volta al supremo interesse del minore che deve essere tutelato al di sopra di ogni altro, rifiutando l’applicazione di un metodo puramente “matematico” per regolamentare la presenza dei figli minori presso ciascun genitore: l’obiettivo non può (e non deve) essere una proporzione effettiva in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore ma, piuttosto, un concreto ed armonico esercizio della bigenitorialità con le complessive esigenze di vita del figlio e nel rispetto di entrambi i genitori.

Adottando tale prospettiva, il principio di bigenitorialità si declina come “presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione” (cfr. Cass. Civ., 23 settembre 2015, n. 18817). Pertanto, il diritto di visita di un genitore può anche essere limitato, se l’altro offre un ambiente più idoneo alla crescita del minore, senza che ciò intacchi il principio di bigenitorialità.

Bigenitorialità, dunque, non significa trascorrere uguale tempo con entrambi i genitori, ma significa partecipazione attiva da parte di entrambi i genitori nel progetto educativo, di crescita, di assistenza della prole, in modo da creare un rapporto equilibrato che in nessun modo risenta dell’evento della separazione.

La “Bigenitorialità”, ovvero l’affido condiviso, appare la soluzione migliore nel caso di una separazione con figli, ma non sempre è di facile attuazione: può accadere che l’ex coniuge si comporti anche (e, purtroppo) da ex genitore, trascurando impegni, dimenticando promesse, disinteressandosi di esigenze, risultando assente dalla vita dei figli.

E’ dimostrato che una custodia “partecipata” dei genitori possa offrire diversi vantaggi con effetti positivi sui bambini. L’affido condiviso, infatti, mira a tutelare la genitorialità materna e paterna, coinvolgendo entrambi i genitori. Tuttavia, riuscire a mantenere separate la relazione di coppia da quella genitoriale risulta spesso complicato.

Nella lite giudiziaria convogliano dolori, sofferenze, frustrazioni, inadeguatezze, impotenza e tanto, tanto rancore e, troppo spesso, i figli sono coinvolti nelle guerre genitoriali, “non visti” e non compresi nelle loro reali esigenze, trasformati in “beni” da dividersi e di cui appropriarsi. Inoltre, ciò che gli adulti ritengono giusto, come lo spartirsi equamente la permanenza dei figli nella casa dell’uno e dell’altro, può non esserlo per i bambini. Tuttavia, il momento separativo può essere molto doloroso, lacerante, conflittuale, ed è faticoso per i genitori riuscire a non perdere di vista il vissuto ed il bisogno dei figli che possono diventare, allora, lo strumento dello scontro o, addirittura, della difficoltà a separarsi degli adulti, con gravi ripercussioni sul loro sviluppo psichico.

Ciò posto, la bigenitorialità rimane un principio quasi del tutto inapplicato nel suo significato intrinseco più profondo e, senza adeguate tutele, in merito al legittimo diritto dei figli a mantenere un rapporto stabile ed equilibrato con entrambe le figure genitoriali.

Le norme di legge non assicurano che la coppia genitoriale continui effettivamente a collaborare o che inizi a farlo proprio dopo la fine della relazione sentimentale. I rapporti possono essere compromessi, in realtà, anche se è un solo adulto a rimanere con i più piccoli gravato, e a volte sopraffatto, da solo, dalle responsabilità.

In Italia, l’affido condiviso è gravato dal principio, ancora prevalente, della maternal preference che impone la triste consuetudine della trattativa sui giorni e sulle ore che i figli devono trascorrere con ciascun genitore: nel nostro paese quello che dovrebbe essere aggiornato è il modello comportamentale, sia esso materno o paterno, femminile o maschile; molti sforzi dovrebbero essere compiuti per promuovere interventi di prevenzione, percorsi di sostegno psicologico, gruppi di supporto e mediazione familiare finalizzati ad aiutare le coppie a separarsi senza fare “rumore”, riorganizzando la vita di tutti e, soprattutto, dei bimbi coinvolti, in modo costruttivo.

Genitorialità reciproca vuol dire impegno emotivo di entrambi genitori a mettere al primo posto il benessere dei figli, proteggendoli dagli effetti negativi della rottura della famiglia; significa comunicazione e confronto anche quando si preferirebbe non avere nulla a che fare l’uno con l’altro, favorirsi vicendevolmente nel rapporto con i bambini, riuscire a far sentire ai più piccoli che l’infelicità di certi momenti è una questione tra grandi e che tutto quello che li riguarda, l’amore per loro, è invece ancora intatto.

 

Articolo del:


di Avv. Carolina Akie Colleoni

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse