L’adozione nazionale in casi particolari ai sensi dell’art. 44 comma 1, lettera c), L. 184/1983


Cosa accade se il minore non è orfano di padre e madre, ma i genitori non hanno comunque la potestà?
L’adozione nazionale in casi particolari ai sensi dell’art. 44 comma 1, lettera c), L. 184/1983

Due coppie, parenti, in qualità di zii di tre minori, ricorrono all’istituto dell’adozione in casi particolari, rivolgendosi al Tribunale dei minori territorialmente competente, in applicazione dell’art. 44 ex legge del 4 maggio del 1983 n. 184.

L’art. 44, lettera a) e c), della predetta legge non consente ai parenti entro il quarto grado l’adozione in casi particolari di minori i cui genitori sono dichiarati decaduti dalla loro potestà; ma prevede con l’art. 10 l’adozione in casi particolari in cui il minore orfano di uno dei genitori mentre l’altro è stato dichiarato decaduto dalla potestà genitoriale e viene affidato a tempo indeterminato ai parenti che lo abbiano chiesto.         

Nel caso trattato, i minori non erano orfani di uno dei genitori, ma entrambi avevano perso la potestà genitoriale, in quanto il padre detenuto in regime del 41 bis, la madre tossicodipendente in comunità di recupero da cui spesso si allontanava conducendo una vita dissennata anche in loro presenza. Per cui i parenti (entro il quarto grado) si erano occupati di loro da sempre ottenendo dall’autorità giudiziaria il loro affidamento, che volevano trasformare in adozione per garantirgli maggiore serenità, tranquillità, e continuità familiare.

In sostanza sussiste una analogia, con quanto prevede il nostro ordinamento  sull’adozione in casi particolari, con l’art.10 della n.184 del 1983, da parte di un parente entro il quarto grado del minore orfano di genitori, che abbia uno stretto rapporto affettivo significativo con lo stesso dalla sua tenera età, offrendogli la garanzia di una continuità affettiva e familiare in un ambiente conosciuto, e il caso di minori i cui genitori benché viventi hanno perso la potestà genitoriale che gli impedisce di occuparsi di loro rendendoli adottabili attraverso altri canali, ma non quello dei familiari.

La soluzione al nostro caso è determinato dalla similitudine delle due situazioni che ricevono dalla legge una disparità di trattamento, in violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione: Quella dell’orfano di padre e madre, regolata dalla lettera a) dell’art. 44 della legge n.184 del 1983,e quella del minore affidato ai parenti entro il quarto grado, ma di cui uno o entrambi i genitori sono ancora in vita, pur se decaduti dalla potestà genitoriale, regolata dalla lettera c) del medesimo articolo. In entrambi i casi i minori sono privi di rapporti con i genitori e sono validamente assistiti da parenti, i quali, però, potrebbero adottarli solo se ricadono nella previsione della lettera a) e non in quella della lettera c).

Concludendo, l’art 44 della già menzionata legge, la si può considerare una sorta di clausola residuale per i casi speciali, non inquadrabili nella disciplina delle adozioni legittimante, contestando l’adozione dei minori anche quando non ricorrono le condizioni di cui al primo comma dell’art.7. In questa logica di apertura, la lettera c) fornisce un’ulteriore valvola per i casi che non rientrano in quelli più specifici previsti dalle lettere a) e b).

A differenza di quella legittimante, la particolare adozione del citato art. 44 non recide i legami del minore con la famiglia di origine, ma offre allo stesso la possibilità di rimanere nell’ambito della famiglia che l’ha accolto, formalizzando il rapporto affettivo instauratosi con chi si sta effettivamente occupando del lui, come nel caso trattato.

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di Avv. Anna Perrotta

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