L’importanza (a volte) di essere aulici


Essere aulici aiuta il lessico e la psiche. E' salutare anche per il corpo
L’importanza (a volte) di essere aulici
"Il riso abbonda sulla bocca degli stolti" recita un vecchio adagio. Potrà essere anche vero, però autorevoli scienziati hanno dimostrato che sorridere aiuta: aiuta nella distensione dei muscoli facciali attenuando le rughe, aiuta soprattutto l’animo rasserenandolo. Un sorriso è piacevole sia per se’ che per chi lo riceve. È ormai consolidato l’utilizzo del sorriso nei nosocomi, soprattutto quelli riservati ai bambini. Il sorriso anche come cura.

Molti si staranno chiedendo il significato di questi discorsi, che "ch’azzeccano" con l’attività professionale o di impresa, dove si vuole andare a parare?

È ferma convinzione che nella vita a volte ci si debba fermare e "guardarsi addosso", tirare le somme, in alternativa "tirare il fiato".

In momenti di crisi come l’attuale, le occasioni sono propizie perché in periodo di ciclo economico più vorticoso, di tempo non ce n’è mai a sufficienza. Bisogna quindi fermarsi e pensare, magari ridere (non con la sola mente, ma proprio con l’espressione del viso) di sé stessi per risposte o atteggiamenti ritenuti sciocchi sostenuti in precedenza.

Discutere anche del niente, anche a costo di far solo prendere aria alla bocca. Un discorso non è mai solo aulico, contiene sempre una dose di concretezza.

L’importanza (a volte) di essere aulici allena la mente, allena la persona nell’uso della grammatica, nell’approfondimento di concetti che possono sembrare astratti ma che hanno sempre un fondo di verità. Si possono fare voli pindarici con astrazioni, avere reminiscenze di un passato remoto, trovare una giustificazione ad un concetto acquisito nello studio scolastico e così via.

Allora tutto può essere aulico, non solo il filosofare spiccio o semiserio che sia.

Erano aulici gli antichi greci? Non certo i romani (mi scuso per il salto) che nell’antichità classica erano considerati materialisti. Loro erano pratici, tutte le loro azioni conducevano ad un fine utile, mai fine a sé stesso. È per questo che sovente ingaggiavano i greci: per distogliere l’ordinarietà dalle loro menti.

Cicerone è stato uno dei pochi latini ad aver studiato e coltivato la filosofia dei greci ma solo per essere utilizzata nei suoi discorsi, nella sua oratorìa. Per i romani l’oratorìa di Cicerone era inarrivabile in quanto intrisa di concetti filosofici derivati dagli studi dei greci.

La scorsa estate ero in sauna con un amico, un ingegnere informatico, e ci si dilettava nel filosofare spiccio disquisendo di lana caprina o se fosse nato prima l’uovo o la gallina o sulla grandezza dell’uovo di Colombo. Per noi l’importante era rivaleggiare goliardicamente per trovare la giustificazione più logica alla soluzione prospettata, senza accorgerci che anziché coinvolgere, avevamo infastidito una signora, la quale stizzita è uscita dalla sauna bofonchiando qualcosa, credo anche ironicamente, in disapprovazione dei discorsi aulici. Così siamo proseguiti sull’utilità per l’uomo di trovare ristoro mentale nelle conversazioni pompose, solenni non necessariamente contenenti un fine pratico. E da quello ne è scaturita la diversa impostazione mentale del genere femminile rispetto a quello maschile. Direi come sia evidente che la donna ha in genere una mente più pratica in quanto l’agire deve sempre avere un fine logico. La prova è nella storia: sono esistite e esistono tutt’ora grandi regine, grandi statiste, grandi scienziate, ma quando si scende sul campo della filosofia che spesso è di contenuti astratti, il sesso femminile scompare. Non ho memoria di economiste di rilievo nei duemila anni, dai i primi rudimenti di economia formulati nell’antica Grecia derivati come costola della filosofia. L’impostazione mentale femminile quindi non è migliore o peggiore di quella maschile, è semplicemente diversa.

E qui abbiamo trovato giustificazione nella disapprovazione femminile ai nostri discorsi aulici.

Leggevo un articolo su David Lynch, noto regista statunitense, il quale sostiene che almeno dieci minuti al giorno di meditazione ad occhi chiusi migliora la concentrazione e il rendimento lavorativo sia negli adulti che nei giovani. Aggiungiamo allora che almeno dieci minuti di discussioni auliche, ci accontentiamo, alla settimana migliorano lo spirito e la mente, dando spunti a speculazioni complesse e soluzioni alternative a cui prima non ci si pensava. Una sorta di "brainstorming" senza finalità applicative.

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di dott. Antonio Gianni Baldon

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