La casa familiare non concorre a determinare l'assegno di mantenimento


La casa famigliare è assegnata al coniuge convivente con la prole nell'interesse esclusivo della medesima e non costituisce componente dell'assegno di mantenimento
La casa familiare non concorre a determinare l'assegno di mantenimento

La Corte di Cassazione è stata di recente e, giova sottolineare, nuovamente, chiamata a decidere su un caso di asserita violazione degli articoli 337 – bis 337 – sexies del codice civile poiché «la determinazione afferente all'assegno di mantenimento, tenuto conto dei tempi paritari di permanenza della minore presso ciascun genitore e dei redditi percepiti dal ricorrente» era dal ricorrente ritenuto «in stridente contrasto con la disposizione codicistica", tanto più alla luce dell'assegnazione della casa familiare» alla controparte, lamentandosi altresì che il giudice avrebbe dovuto «tenere conto dell'interesse del figlio, ma avrebbe dovuto "considerare anche l'eventuale titolo di proprietà».

In sostanza si è tornati a revocare in dubbio che la legge possa disarticolare la decisione circa la determinazione dell’assegno di mantenimento da quella sull’assegnazione della casa famigliare e che le decisioni sui due ben distinti oggetti possano rispondere ad altrettanto distinti ordini di motivazioni senza alcuna interazione delle une con le altre.

Con la sentenza 20-07-2020, n. 15397 la Corte di Cassazione ha respinto il gravame ritenendo i motivi radicalmente inammissibili, stante la «stabile opinione di questa Corte che anche in materia di affido condiviso ciascun genitore deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni degli stessi in misura proporzionale al proprio reddito e il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico (Cass., Sez. I, 4/11/2009, n. 23411), sicché è inconferente, ai fini della cogenza dell'obbligo, il fatto che un genitore goda di un livello reddituale più basso dell'altro». Tale conclusione, che ha onerato di assegno di mantenimento persino il genitore titolare di reddito inferiore, stante l'obbligo di garantire ai figli il mantenimento in proporzione alle possibilità economiche dei genitori, risulta pienamente coerente, così come già ricordato da Cass. civ. Sez. VI - 1, Ord., (ud. 01/07/2016) 29-09-2016, n. 19347, con la «giurisprudenza secondo cui l'assegnazione della casa familiare, prevista dall'art. 155 quater c.c., è finalizzata unicamente alla tutela della prole e non può essere disposta come se fosse una componente dell'assegno previsto dall’art. 156 c.c. (Cass. civ., sez. 1^, n. 9079 del 20 aprile 2011) mentre l'assegno di mantenimento è inteso a consentire una tendenziale conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio ma non alla perequazione dei coniugi».

Se la componente dell'assegnazione della casa, con i pur indubbi benefici economici che la stessa reca al genitore che ivi conviva con la prole, entrasse a far parte dei criteri di determinazione dell'ammontare dell'assegno perequativo in capo al coniuge non convivente ed a favore della prole, quest’ultima risulterebbe indebitamente coinvolta nella riconfigurazione dei rapporti economici tra i coniugi i quali sono, invece, tenuti a definirli tra loro senza il coinvolgimento dei figli.

Se l’art. 337 sexies c.c. fosse applicato facendone derivare una determinazione dell'assegno per i figli in conseguenza dell'assegnazione della casa, la prole si troverebbe a fare i conti con una riduzione dell'assegno, almeno in rapporto a quanto prevedibile in base al diritto dei figli di essere mantenuti in rapporto alle capacità economiche dei genitori, e a dover contribuire personalmente alla ridefinizione della condizione economica che in capo ai coniugi consegue alla separazione e non certo all'assegnazione della casa, la quale invece, coerentemente con principi costituzionali di tutela della prole, qualunque sia la sorte del matrimonio, e anche quando il matrimonio non vi sia, resta ancorata all’esclusivo ed intangibile interesse della prole stessa, nel senso che si è appena ricordato.

La stabilità di questo principio, che investe il metodo di approccio del Giudice alla decisione nel miglior interesse del minore, è confermata da una più risalente pronuncia del Supremo Collegio, Cass. civ. Sez. I, Sent., (ud. 16/03/2011) 20-04-2011, n. 9079, secondo la quale, ad ulteriore conferma della stabilità del principio, rispetto all’assegno di mantenimento «ad obiettivi del tutto diversi risponde viceversa il provvedimento di assegnazione della casa coniugale (art. 155 quater c.c.) che, pur avendo indiscutibili riflessi di carattere economico anche sotto il profilo delle maggiori spese cui può andare incontro per tale motivo il coniuge onerato (C. 10/26197, C. 05/12291, C. 98/4543), è finalizzato unicamente alla tutela della prole ed al suo esclusivo interesse a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta, circostanza da cui all'evidenza discende che la misura non può essere adottata come se fosse una componente dell'assegno previsto dal citato art. 156 (C. 07/17643, C. 07/10994, C. 06/20256, C. 06/1545)»: qualunque maliziosa connessione trai due aspetti delle decisioni in applicazione dell’art. 337 sexies del codice civile risulterebbe pertanto in aperto contrasto con la norma e con la consolidata giurisprudenza relativa sua applicazione.

 

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di Giuseppe Mazzotta

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