Fecondazione assistita anche alle coppie omosessuali?
Con la sentenza 221/2019 la Corte Costituzionale ha confermato gli articoli 5 e 12 della legge 19.02.2004, n. 40 in tema di Procreazione Medicalmente Assistita nella parte in cui escludono l’accesso alle tecniche di PMA per le coppie formate da due donne confermando anche le sanzioni previste per chiunque applichi tali tecniche a coppie composte da soggetti dello stesso sesso.
Il caso riguardava due donne, unite da unione civile, una delle quali aveva «intrapreso un percorso di PMA in Spagna, all'esito del quale aveva dato alla luce in Italia due gemelli», mentre l’altra desiderava anch’essa procreare; rivoltesi «all'Azienda per l'assistenza sanitaria n. 5 "Friuli occidentale"» la coppia si era vista opporre un rifiuto dal «responsabile del servizio» sul rilievo che l'art. 5 della legge 40/2004 riserva la fecondazione assistita alle sole coppie composte da persone di sesso diverso.
Il Giudice delle Leggi fa preliminarmente rilevare che il caso descritto «non riguarda, tuttavia, una ipotesi di "genitorialità sociale", tramite la quale possa essere tutelato un minore, anche nell'ambito di coppie omosessuali, ma soltanto il diritto di un adulto di procreare» e si deve comprendere il perimetro dei precedenti interventi con i quali la stessa Corte (sentenze n. 151/2009, 162/2014 e 96/2015) ha dato vita alla progressiva eliminazione «di taluni divieti posti dalla citata legge», ciò non implicando che una facoltà di procreare senza limiti (cfr. Corte Costituzionale 162/2014 che ha ammesso alla PMA le coppie alle quali "sia stata diagnosticata una patologia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili", dichiarando illegittimo l’art. 4, comma 3 della legge 40/2004 limitatamente a tale ipotesi; cfr. anche Corte Costituzionale 96/2015 che ha ammesso, con diagnosi preimpianto, alla PMA le coppie fertili portatrici di gravi malattie genetiche trasmissibili al nascituro). Al di fuori di quel perimetro «l'infertilità "fisiologica" della coppia omosessuale (femminile) non è affatto omologabile all'infertilità (di tipo assoluto e irreversibile) della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive: così come non lo è l'infertilità "fisiologica" della donna sola e della coppia eterosessuale in età avanzata» ciò anche in linea con la giurisprudenza sovranazionale ove si afferma «che una legge nazionale che riservi l'inseminazione artificiale a coppie eterosessuali sterili, attribuendole una finalità terapeutica, non può essere considerata fonte di una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti delle coppie omosessuali, rilevante agli effetti degli artt. 8 e 14 CEDU: ciò, proprio perché la situazione delle seconde non è paragonabile a quella delle prime (CEDU, 15 marzo 2012, Gas e Dubois contro Francia)».
Sulla capacità genitoriale di una coppia formata da persone dello stesso sesso, la Corte argomenta nel senso che «non può considerarsi irrazionale e ingiustificata, in termini generali, la preoccupazione legislativa di garantire, a fronte delle nuove tecniche procreative, il rispetto delle condizioni ritenute migliori per lo sviluppo della personalità del nuovo nato. In questa prospettiva, l'idea, sottesa alla disciplina in esame, che una famiglia ad instar naturae – due genitori, di sesso diverso, entrambi viventi e in età potenzialmente fertile – rappresenti, in linea di principio, il "luogo" più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato non può essere considerata, a sua volta, di per sé arbitraria o irrazionale. E ciò a prescindere dalla capacità della donna sola, della coppia omosessuale e della coppia eterosessuale in età avanzata di svolgere validamente anch'esse, all'occorrenza, le funzioni genitoriali».
Rispetto, infine, all’adozione ed alla trascrizione nel registro dello stato civile in Italia di un atto straniero dal quale risulti la nascita di un figlio da due donne, a seguito della medesima tecnica di procreazione assistita – comunemente nota come ROPA (Reception of Oocytes from Partner), la stessa Corte di Cassazione, nell'escludere che la trascrizione si ponga in contrasto con l'ordine pubblico interno ha rilevato che «non è configurabile un divieto costituzionale, per le coppie omosessuali, di accogliere e anche generare figli» ma che tutto ciò non esclude la validità delle conclusioni circa la legittimità del divieto di PMA alla coppia formata da persone dello stesso sesso in quanto vi è «una differenza essenziale tra l'adozione e la PMA. L'adozione presuppone l'esistenza in vita dell'adottando: essa non serve per dare un figlio a una coppia, ma precipuamente per dare una famiglia al minore che ne è privo», dovendosi anche ricordare che «la PMA, di contro, serve a dare un figlio non ancora venuto ad esistenza a una coppia (o a un singolo), realizzandone le aspirazioni genitoriali. Il bambino, quindi, deve ancora nascere: non è, perciò, irragionevole – come si è detto – che il legislatore si preoccupi di garantirgli quelle che, secondo la sua valutazione e alla luce degli apprezzamenti correnti nella comunità sociale, appaiono, in astratto, come le migliori condizioni "di partenza”».
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