La tutela contro la diffusione non autorizzata di immagini dei minori


E' necessario il consenso di entrambi i genitori alla diffusione online di immagini e contenuti dei figli infraquattordicenni e la tutela anche nei confronti dei terzi
La tutela contro la diffusione non autorizzata di immagini dei minori

L’utilizzazione e diffusione, anche mediante condivisione, di foto e contenuti riconducibili a minori risulta particolarmente delicato in ragione del diverso punto di vista che, già potenzialmente presente in costanza di matrimonio e/o convivenza tra i genitori, può ulteriormente combinarsi con analogo o diverso modo di pensare, con quello di soggetti terzi i quali intervengano nel quadro delle relazioni che con essi i minori stabiliscano a seguito della ricostituzione di nuovi nuclei famigliari successivi a separazioni e divorzi.

Sul delicatissimo argomento è recentemente intervenuto il Tribunale di Rieti accogliendo l’istanza, ex art. 700 c.p.c., di provvedimento cautelare connotato sia dall’indifferibile urgenza dell’intervento richiesto sia dalla residualità, ossia dalla mancanza di azioni alternative.

La contestuale presenza di tutti gli elementi descritti rende l’ordinanza del 7 marzo 2019 di particolare rilevanza.

In estrema sintesi i fatti: sposati il 10.06.2000, due coniugi si separavano il 19.12.2012 e, in seguito, il 16.11.2018, divorziavano, concordando le condizioni di affidamento dei figli. Successivamente, la nuova compagna del padre pubblicava ripetutamente sui social network o mass media, immagini, dati e informazioni relativi ai figli della coppia ormai divorziata, incontrando l'opposizione della madre, la quale, appunto, azionava il ricorso accolto dal Tribunale. Norma fondamentale in questa materia è l’art. 2 quinquies del D.lgs. 30.06gs 10.08.2018 n.2003 n. 196, così come integrato dal D.lgs. 10.08.2018, n. 101, in materia di «Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/679» ove è previsto che «il minore che ha compiuto i quattordici anni può esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali in relazione all’offerta diretta di servizi della società dell'informazione. Con riguardo a tali servizi, il trattamento dei dati personali del minore di età inferiore a quattordici anni, fondato sull'articolo 6, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento, è lecito a condizione che sia prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale».

Nel caso di minori di età inferiore ai quattordici anni, l’indispensabile consenso di entrambi i genitori si iscrive nel più ampio contesto della tutela offerta dall’art.10 c.c., in materia di «Abuso dell'immagine altrui» ove è stabilito che «Qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria su richiesta dell'interessato, può disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni». Si ripropone anche nel nostro ordinamento la «distinzione tra i c.d. petite enfants e grand enfants, già esistente nel diritto francese» che attribuisce, sì, una sorta di maggiore età digitale ai maggiori di quattordici anni, ma che tutela coloro che non li abbiano ancora compiuti, sul fondamento del fumus boni iuris, ossia la fondatezza, anche ad sommario accertamento, della richiesta tutela, e del periculum in mora ossia dell’indifferibilità della tutela stessa, entrambi avuto riguardo ai seguenti presupposti: «a-territorialità della rete, che consente agli utenti di entrare in contatto ovunque, con chiunque, spesso anche attraverso immagini e conversazioni simultanee, nonché la possibilità, insita nello strumento, di condividere dati con un pubblico potenzialmente mondiale e globalizzato, per un tempo non circoscrivibile».

L'ordinanza è di particolare interesse in quanto esprime appieno l’efficacia di intervento che deve caratterizzare la tutela dei minori, non solo per la sua indispensabile rapidità, ma anche per la garanzia della sua osservanza, affidata alla norma dell’art. 614 bis c.p.c. ove è stabilito, con riferimento alle «Misure di coercizione indiretta» che «con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento».

E la compagna del padre dei minori coinvolti è stata condannata al pagamento di una somma di denaro stabilita per ogni giorno di ritardo «nell'esecuzione della rimozione nonché per ogni episodio di violazione dell’inibitoria, in favore dei minori in solido tra loro, da versarsi su conto corrente intestato ai medesimi».

L'orientamento volto ad un’incisiva e rapida tutela dei minori rispecchia quello proprio anche delle conformi precedenti pronunce, sullo stesso tema, del Tribunale di Mantova (19.09.2017) e del Tribunale di Roma (23.12.2017).

 

Articolo del:


di Giuseppe Mazzotta

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