Locazione e simulazione del canone, conseguenze


In caso di canone simulato, maggiorato rispetto a quello risultante dal contratto, l`accordo simulatorio è affetto da nullità insanabile
Locazione e simulazione del canone, conseguenze
IN CASO DI CONTRATTO DI LOCAZIONE AD USO ABIATTIVO
REGISTRATO CON CANONE INFERIORE A QUELLO REALE PATTUITO
RESTA VALIDO IL CANONE ESPOSTO NEL CONTRATTO REGISTRATO
La Suprema Corte - con la sentenza n. 18213 del 17/9/2015 resa a Sezioni Unite - ha risolto una questione di massima affermando che - ai sensi dell’art. 13 comma 1, della L. 431/1998 - in ipotesi di locazione ad uso abitativo registrata per un canone inferiore al reale, il contratto resta valido per il canone apparente, mentre l’accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, insanabile dall’eventuale registrazione tardiva.

La terza sezione della Cassazione, con ordinanza n. 37/2014, aveva rimesso alle Sezioni Unite la questione relativa alla simulazione nel contratto di locazione, evidenziando la necessità di rimediare all’orientamento espresso dalla Sent. 16089 del 27/10/2003: la predetta sentenza, infatti - dando una interpretazione particolare dell’art. 13 comma 1 della Legge 431/1998 - aveva affermato come la mancanza di registrazione del contratto di locazione non ne determinasse la nullità, sicchè - in caso di contratto simulato nel canone, in quanto quello risultante dal contratto registrato era inferiore a quello pattuito realmente con la c.d. "controdichiarazione" - il locatore poteva chiedere l’applicazione del canone maggiore esposto nella controdichiarazione, ponendosi solo un problema di tardiva regolarizzazione fiscale a far data dalla stipulazione.

Una volta provata ed accertata la simulazione, non ci sarebbe stato alcun contrasto tra i due diversi canoni, perché il canone è soltanto quello effettivamente voluto fra le parti, cioè quello maggiorato. Secondo la citata sent. 16089/2003 l’art. 13 comma 1 della L. 431/1998 non sanzionerebbe la pattuizione del canone più elevato rispetto a quello originario registrato se tale accordo è contemporaneo ed ulteriore rispetto al contratto (c.d. controdichiarazione), mentre la sanzione scatterebbe solo in caso di pattuizione successiva alla conclusione del contratto.

E’ evidente che la tesi della sentenza 16089/2003 appariva del tutto in contrasto con l’obiettivo della L. 431/1998, cioè la lotta alla evasione fiscale (potendo così il locatore occultare al fisco la differenza percepita fra i due canoni), scopo che veniva vanificato riconoscendo l’efficacia sanante della registrazione tardiva della c.d. controdichiarazione.

Le Sezioni Unite, partendo dal presupposto che il procedimento simulatorio si sostanzia in una unica convenzione negoziale, afferma che la c.d. controdichiarazione non è altro che uno strumento probatorio idonea a fornire la "chiave di lettura" del negozio apparente, in quanto il procedimento simulatorio consta di un previo accordo fra tutte le parti e di un unico negozio (nella specie, il contratto registrato contenente il canone fittizio) cui accede una controdichiarazione contenente l’indicazione del prezzo realmente convenuto.
La sostituzione - attraverso il contenuto della controdichiarazione - dell’oggetto apparente (il canone fittizio) con quello reale (il canone effettivamente convenuto) contrasta con la norma imperativa che impedisce tale sostituzione e pertanto lascia integra l’unica convenzione negoziale originaria: il contratto registrato. Quindi, non è la mancata registrazione della c.d. controdichiarazione, ma la illegittima sostituzione di un prezzo con un altro - espressamente sanzionata da nullità - ad essere colpita dalla previsione legislativa; è proprio la clausola successivamente inserita attraverso la controdichiarazione ad essere affetta da nullità ex lege, con conseguente perdurante validità di quella sostituenda (il canone apparente) e dell’intero contratto.

Nessun ravvedimento sanante quindi - affermano le S.U. della Suprema Corte - potrebbe avere una tardiva registrazione della c.d. controdichiarazione: solo un nuovo accordo di tipo novativo, rispetto al precedente contratto registrato, consentirà alle parti di modificare il precedente assetto negoziale, con conseguente assoggettamento ex nunc alla corrispondente imposizione fiscale.

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di Avv. Daniela Losavio

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