Maltrattamenti dei minori in famiglia


Sono considerati maltrattamenti sui minori anche i soprusi ai quali sono costretti ad assistere
Maltrattamenti dei minori in famiglia

Nel 2017, i minori vittime di reati in Italia sono stati ben 5.788, l’8% in più dell’anno precedente e addirittura il 43% in più rispetto a dieci anni prima, quando erano 4.061. Sono i drammatici dati diffusi dal Comando Interforze della Polizia di Stato e riportati nell’edizione 2018 del “Dossier Indifesa” di Terre des hommes. I reati commessi sono purtroppo diversi: violenza sessuale e maltrattamenti, sfruttamento lavorativo e sessuale minorile, mutilazioni genitali femminili, matrimoni e gravidanze precoci.

 

Dai dati diffusi emerge un incremento dei reati legati alla sfera sessuale, come la violenza sessuale (in aumento del 18%), la pornografia minorile (che registra un più 10%) e gli atti sessuali (in aumento del 13%). Nell’80% dei casi circa, le vittime dei reati sono le bambine e le ragazze.

Ciò che va rimarcato, però, è che il reato maggiormente contestato è il maltrattamento in famiglia: nel 2017 si sono registrati ben 1.723 casi, con un incremento del 6% sul 2016.

 

Il nostro ordinamento punisce il reato di maltrattamento contro familiari e conviventi attraverso l’articolo 572 del codice penale che recita:

“Chiunque (…) maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni”.

 

Con la locuzione “maltrattamenti in famiglia” si intendono tutte quelle condotte criminose che ricomprendono le lesioni, le percosse, le ingiurie, le minacce e le offese alla dignità della vittima componente del nucleo familiare. Nell’art. 572 c.p, quindi, rientra anche il reato di maltrattamento sui minori che, oltre al danno contingente, può generare gravi ripercussioni psico-fisiche nei processi di crescita della vittima.

 

Sul merito si è espressa più volte la Corte di Cassazione. Con la sentenza 30903/2015, la sezione VI penale, la Suprema Corte ha precisato, però, come per poter applicare la norma del codice penale sia necessario accertare lo stato di soggezione e inferiorità psicologica della vittima. La sentenza ribadisce il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui per provare i maltrattamenti in famiglia è necessario che l’imputato responsabile delle violenze abbia una "condotta abituale che si estrinsechi con più atti che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un'unica intenzione criminosa di ledere l'integrità fisica o morale del soggetto passivo infliggendogli abitualmente tali sofferenze".

 

Sempre la Corte di Cassazione, inoltre, ha sancito il principio in base al quale rientrano nell’alveo del reato di maltrattamenti sui minori anche i casi in cui questi ultimi siano costretti ad assistere a ripetute scene di violenza e aggressioni, sia fisiche che verbali, in ambito domestico e perpetrate nei confronti di altri componenti del nucleo familiare o di altri soggetti legati affettivamente al minore. Si tratta di maltrattamento indiretto che si ripercuote inevitabilmente a livello emotivo e relazionale. Il minore, in tali circostanze, pur non essendo il diretto destinatario dei soprusi, è un involontario e impotente spettatore. Recentemente (Cass. sent. n. 18833/18 del 2/05/2018), gli ermellini sono ritornati a pronunciarsi in merito alla violenza assistita dai minori sottolineando come i litigi violenti e continui tra i genitori creino un grave danno psicologico ai figli.

 

Non solo, studi scientifici, e ripresi dalla giurisprudenza, hanno provato come già i feti siano in grado di percepire la violenza perpetrata nell’ambiente esterno, soprattutto nei confronti della madre. Nella citata sentenza della Cassazione si legge: “costituisce approdo ormai consolidato della scienza psicologica che anche bambini molto piccoli, persino i feti ancora nel grembo materno, siano in grado di percepire quanto avvenga nell’ambiente in cui si sviluppano e, dunque, di comprendere e di assorbire gli avvenimenti violenti che ivi si svolgano, in particolare le violenze subite dalla madre, con ferite psicologiche indelebili ed inevitabili riverberi negativi per lo sviluppo della loro personalità”.

 

Il mio studio offre la propria disponibilità ad offrire ulteriori informazioni al riguardo e assistenza legale in caso di necessità.

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di Avv. Annarella Gioi

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