Un decreto di inammissibilità del ricorso ex art 709 ter cpc condanna ex art 96 cpc in mancanza di allegazione di danno: non si rinvengono precedenti
Il Tribunale di Catania, in funzione di Giudice Tutelare, dott. Giuseppe Artino Innaria, in data 29/06/2017, emetteva decreto di rigetto (n. 4873) del 709 ter c.p.c.sul presupposto che la ratio dell’art 709 ter c.p.c. «è quella di concentrare la cognizione del giudizio incidentale di cui all’art. 709 ter c.p.c. con quello principale attualmente pendente» e che «in pendenza di reclamo» un eventuale procedimento dinanzi al Tribunale «è di competenza del giudice investito del reclamo, di guisa che deve concludersi che il ricorso proposto dal Ricorrente è inammissibile, pendendo reclamo avverso il provvedimento che ha statuito sul regime di affidamento dei minori». Il decreto del Giudice, veniva reclamato ex art. 739 c.p.c., causa una non corretta valutazione del petitum e della causa petendi del ricorso introduttivo, in quanto affrontava solo la richiesta ex art. 709 ter c.p.c., saltando quella che la precedeva, non solo nell’intestazione del ricorso ma anche nella richiesta finale dei provvedimenti: l’intestazione del ricorso recitava testualmente «Ricorso al Giudice Tutelare ex art. 337 c.c. ed ex art. 709 c.p.c.Giudice Tutelare»; la richiesta di provvedimenti al termine del ricorso era di «Adottare i provvedimenti necessari per porre fine alle gravi inadempienze dell’altro genitore». Emergeva una mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non avendo il Giudice risposto alla richiesta principale, la quale riguardava anche e sopratutto provvedimenti tesi a garantire l’osservanza dell’ordinanza 2981/2017 - RG n. 3012/2016, vigente, la qual cosa non poteva evidentemente essere richiesta alla Corte d’Appello, alla quale poteva indirizzarsi un solo ed esclusivo 709 ter c.p.c., in quanto, diversamente, il Ricorrente sarebbe venuto contra factum proprium: alla medesima Corte d’Appello, dinanzi alla quale pendeva il reclamo, avrebbe richiesto, da un lato, con il reclamo, la modifica dell’ordinanza 2981/2017 - RG n. 3012/2016 del Tribunale di Catania, dall’altro, l'osservanza di quello stesso provvedimento. Invece il 337 c.c. rendeva «Giudice del procedimento» ex art. 709 ter c.p.c. il Tribunale di Catania, a meno che non si venga alla conclusione che la Corte d’Appello, investita del reclamo avverso un provvedimento, ossia per disporre la sua modifica, potesse essere contemporaneamente chiamata a decidere per garantire la sua permanente esecuzione nei confronti delle stesse Parti: la vis actractiva della competenza funzionale del Tribunale derivava dal fatto che, nelle more procedimento di reclamo, il Ricorrente ha dovuto subire l'inadempimento del provvedimento reclamato che una, sia pure insufficiente, tutela gli garantiva. Il Giudice proseguiva nel provvedimento reclamato affermando «che le spese seguono la soccombenza, con pagamento in favore dello Stato ai sensi dell’art. 133 d.p.r. n. 115/2002» con una motivazione insufficiente e riferita solo ad una parte dell’oggetto del ricorso, ossia quello ex art. 709 ter c.p.c., avendo il Giudice, in autonomia, deciso di motivare escludendo la richiesta principale ossia quella ex art. 337 c.c.; doveva, per l’effetto, ritenersi errata ed essere annullata la parte di motivazione nella quale il Giudice condannava il «Ricorrente al pagamento in favore dello Stato delle spese legali, per la difesa della Resistente» e stabiliva che «atteso il chiaro tenore della norma sopra richiamata, può ragionevolmente sostenersi che il Ricorrente abbia agito quantomeno con colpa grave, cosicché, ai sensi dell’articolo 96, ultimo comma, c.p.c., egli va condannato», ma deve escludersi la possibilità di una condanna ex art. 96 c.p.c. se dagli atti non risultano elementi idonei ad identificare il danno subito dalla Controparte, nel nostro caso neppure tenuta al pagamento delle spettanze del proprio avvocato, in quanto ammessa al gratuito patrocinio; né la Controparte aveva fornito alcuna allegazione, limitandosi, nella comparsa di costituzione, ad una mera clausola di stile richiedendo di «condannare parte attrice al risarcimento del danno per temerarietà della lite ex art. 96 c.p.c.»non allegando danno alcuno: in questo caso il provvedimento del Giudice prescindeva non solo dalla prova ma dalla stessa allegazione del danno, risultando il provvedimento viziato per il fatto di decidere extra ed ultra petitum [Cass., 26 marzo 2013/7620; Cass., SU, 20 aprile 2004/7538; Tribunale di Parma, 23 agosto 2013/1097; Tribunale di Trani 16 settembre 2008; Tribunale di Ivrea, 15 gennaio 2008; Cass. 19 luglio 2004/13355]. Sarà interessante valutare l’esito del reclamo ex art. 739 c.p.c. avverso il provvedimento commentato.
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