Niente 15% spese generali all'arbitro avvocato


Le spese generali ex art. 2 D.M. 55/2014 non spettano all'arbitro avvocato
Niente 15% spese generali all'arbitro avvocato
L’ordinanza n. 5676/2017 del Tribunale di Roma conferma un non recente orientamento della Cassazione Civile, che con la sentenza n. 1673/2003 aveva negato all’avvocato arbitro rituale le "spese c.d. forfettarie - art. 15 della tariffa professionale forense ex D.M. 15/1985 (all’epoca vigente)".

La motivazione della esclusione è fondata dalla S.C. - che il Tribunale di Roma richiama - sul fatto che "la liquidazione delle spese generali agli arbitri postula l’applicazione della norma di cui all’art. 814 c.p.c., che prevede il relativo diritto con riferimento alle sole spese borsuali (quelle, cioè, effettivamente sopportate e documentabili, menzionate, in sostanza, dagli artt. 90, 92 e 93 cod. proc. Civ. e 7, 8 e 9 della legge 319/1980 per consulenti tecnici, senza che possano, per converso, ritenersi applicabili tout court i principi in tema di tariffe professionali forensi quanto alle spese forfettarie (art. 15 della tariffa professionale forense ex D.M. 15/1985) attesa la non assoluta equiparazione dell’arbitro all’esercente la professione forense in relazione alla peculiarità dell’opera rispettivamente prestata". (Cassazione Civile n. 1673/2003).

La pronuncia del Tribunale di Roma è interessante poiché affronta anche due altre questioni che si pongono spesso negli arbitrati: il compenso del segretario avvocato e le spese del CTU.

Il Tribunale ha ritenuto che l’attività del Segretario del procedimento arbitrale, che sia anche avvocato, consistendo in attività estremamente semplici e di carattere amministrativo processuale (la redazione dei verbali di udienza, le comunicazioni telematiche degli atti alle parti e la custodia del fascicolo) non consente il ricorso al D.M. 55/2014 per la valutazione economica dell’opera prestata. Il Tribunale, nella fattispecie, a fronte di una richiesta di compenso per il Segretario di €. 6.000,00 ha liquidato il ben minore importo di €. 1.500,00 oltre iva, escludendo espressamente "il cpa e le spese generali" in quanto ritenute "non dovute in considerazione dell’attività amministrativa e non già forense prestata dal Segretario, seppure avvocato".

Quanto ai compensi del CTU, l’ordinanza chiarisce - richiamando la recente sentenza di Cassazione Civile 21 marzo 2014 n. 6736 - che il CTU nominato che ha svolto la sua opera nel corso di un procedimento arbitrale "ha titolo per chiedere il pagamento del proprio compenso esclusivamente agli arbitri - a cui (ai quali) spetta, ex art. 814 cod. proc. civ. il diritto ad ottenere il rimborso dalle parti - dovendosi escludere una responsabilità di queste ultime poiché, a differenza di quanto avviene nel giudizi ordinario, la figura del consulente nell’arbitrato rituale, che pure ha natura giurisdizionale, non ha carattere pubblicistico, quale ausiliario del giudice, con qualifica di pubblico ufficiale, che esegue la sua prestazione per un superiore interesse di giustizia, ma una matrice privatistica essendo le parti legate agli arbitri da un rapporto di mandato, in "cui, ai sensi dell’art. 1719 cod. civ., il mandante ha l’obbligo di somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni contratte in proprio nome, tra le quali anche quella nei confronti del consulente" (Cassazione Civile, n. 6736/2014).

Il Tribunale di Roma, peraltro, non avendo l’arbitro richiesto il rimborso delle spese già pagate al CTU, ma soltanto la liquidazione delle stesse, ha disatteso la richiesta avendo ritenuto la stessa non compresa nei compiti del Presidente del Tribunale adito ex art. 814 comma 2 c.p.c..

In forza della predetta ordinanza del Tribunale di Roma (e della Cassazione Civile), quindi, l’arbitro rituale in un procedimento in cui è stata svolta una CTU, è l’unico soggetto passivo al quale il consulente può chiedere il compenso e, pertanto, egli dovrebbe prima liquidare e pagare le spese del consulente e quindi richiederne il rimborso alle parti.










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di Avv. Vinicio Longo

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