Niente assegno divorzile con una nuova famiglia


Il coniuge onerato dell'assegno divorzile può esserne definitivamente esonerato ove dimostri la costituzione di nuova famiglia da parte dell'ex coniuge beneficiario
Niente assegno divorzile con una nuova famiglia

Con sentenza in data 10–01–2019, n. 406, la Corte di Cassazione ha disposto che l’instaurazione di vincoli affettivi inquadrabili nel contesto proprio di una famiglia di fatto da parte del coniuge beneficiario dell’assegno divorzile, del quale sia gravato l’ex coniuge, comporta la perdita del diritto all'assegno.

Vi erano stati sulla vicenda due precedenti giudizi di merito: la Corte d'appello di Torino, infatti, «con sentenza dell'11 ottobre 2017, ha accolto il gravame di M.F. avverso la sentenza impugnata che gli aveva imposto di corrispondere alla ex moglie B.M. l'assegno divorzile, determinato in Euro 400,00 mensili, non più dovuto in considerazione del fatto che la B. conviveva con un altro uomo, come si desumeva dalla testimonianza resa da un investigatore privato, il quale aveva riferito fatti che dimostravano la convivenza stabile e duratura». Il Giudice di prime cure aveva trascurato questo elemento di prova assolutamente determinante almeno rispetto al principio al quale la Corte d’Appello ha inteso conformarsi secondo il quale «l'instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicché il relativo diritto resta definitivamente escluso (Cass. n. 6855 del 2015, n. 2466 del 2016)». Secondo l’ex moglie, invece, ricorrente in Cassazione, il Giudice in grado di appello aveva tralasciato l’esame di un fatto decisivo per il giudizio e contestava «l'erronea valutazione delle risultanze istruttorie, tra le quali il fatto che beneficiava di un contributo di assistenza dal Comune di residenza, che dimostrava indirettamente l'insussistenza della stabile convivenza con il suo compagno».

La sentenza della Corte di Cassazione si segnala per il valore correttamente attribuito alle risultanze istruttorie che identificavano la mutata condizione economica dell’ex coniuge, conseguente all’instaurata comprovata e stabile convivenza di fatto, pur in presenza di risultanze formalmente attestanti la sussistenza di un «contributo di assistenza dal Comune di residenza» da cui si sarebbe dovuto dedurre, sempre a giudizio dell’ex moglie, nonché ricorrente (e soccombente) in Cassazione, la necessità per la stessa di far fronte alle spese per le proprie esigenze abitative, direttamente o indirettamente, in realtà, soddisfatte in altro modo per effetto della stabile convivenza con altra persona subentrata in epoca successiva al divorzio.

La sentenza era stata preceduta da altre, conformi ad essa, le quali, nel caso della Cass. civ. Sez. VI - 1, Ord., (ud. 19/11/2015) 08–02–2016, n. 2466, ha disposto come «la più recente giurisprudenza di legittimità secondo cui l'instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. Infatti, la formazione di una famiglia di fatto – costituzionalmente tutelata ai sensi dall’art. 2 Cost. come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell'individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l'assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l'altro coniuge, il quale non può che confidare nell'esonero definitivo da ogni obbligo (Cass. civ., sezione 1, n. 6855 del 3 aprile 2015)» e, nel caso della Cass. civ. Sez. I, Sent., (ud. 22/01/2015) 03–0 4–2015, n. 6855, ha valorizzato l’argomento per il quale «una famiglia di fatto, espressione di una scelta esistenziale/libera e consapevole/da parte del coniuge, eventualmente potenziata dalla nascita di figli (ciò che dovrebbe escludere ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l'altro coniuge) dovrebbe essere necessariamente caratterizzata dalla assunzione piena di un rischio, in relazione alle vicende successive della famiglia di fatto, mettendosi in conto la possibilità di una cessazione del rapporto tra conviventi (ferma restando evidentemente la permanenza di ogni obbligo verso i figli).
Va per di più considerata la condizione del coniuge, che si vorrebbe nuovamente obbligato e che, invece, di fronte alla costituzione di una famiglia di fatto tra il proprio coniuge e un altro partner, necessariamente stabile e duratura, confiderebbe, all'evidenza, nell'esonero definitivo da ogni obbligo»
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E’ condivisibile l’orientamento volto a porre in linea con la situazione reale la situazione legale del coniuge obbligato al versamento di un assegno perequativo.

 

Articolo del:


di Giuseppe Mazzotta

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