Nuova concezione dell`assegno di divorzio
La natura assistenziale dell`assegno di divorzio e il criterio del “medesimo tenore di vita”
Una recente ordinanza del Tribunale di Firenze ha rilevato che "l’obbligo di assegnare al coniuge economicamente più debole un assegno volto a garantire il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio viola il principio costituzionale di ragionevolezza" .
La questione in oggetto ha assunto rilevanza anche in sede comunitaria, ove la Commissione Europea ha previsto il principio secondo il quale " dopo il divorzio ciascun coniuge provvede ai propri bisogni"; da ciò deriva che dopo il divorzio sopravvivono solo i legami riconnessi con la crescita e il mantenimento dei figli, mentre quelli di carattere patrimoniale, qualora sussistessero, avrebbero carattere temporaneo e circoscritto.
A tale riguardo va ricordato che con il divorzio cessano gli obblighi e i diritti connessi al matrimonio, tuttavia dottrina e giurisprudenza negli anni hanno concorso a generare e rafforzare un "diritto vivente", fondato sull’art. 5 comma 6 L. 898/1970, in forza del quale anche dopo la frattura del vincolo coniugale sopravvive un principio di solidarietà, seppur affievolito, in virtù del quale il coniuge economicamente più debole ha diritto a ricevere assistenza dall’altro coniuge.
La norma in oggetto precisa, infatti, che "con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto della durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive."
La ratio della norma è basata su un principio di solidarietà che è frutto del pregresso rapporto coniugale, in ragione del quale è necessario garantire uno stile di vita adeguato ad un soggetto con cui si è creata una comunione spirituale e materiale. L’assegno periodico di divorzio ha, dunque, carattere esclusivamente assistenziale, posto che è finalizzato a garantire al coniuge economicamente più debole la conservazione del tenore di vita analogo a quello vissuto in circostanza di matrimonio.
Ciò ha portato alla creazione di un "diritto vivente" che non attribuisce più all’assegno di divorzio una funzione di assistenza del coniuge economicamente non in grado di mantenersi, bensì di garanzia per il medesimo, di mantenere vita natural durante lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, comportando un travalicamento del dettato normativo e delle intenzioni del legislatore.
Pertanto, l’applicazione del suddetto principio appare ormai anacronistica ed estremamente penalizzante per il coniuge onerato. La questione qui analizzata è ora al vaglio della Corte Costituzionale che, anche sulla base delle linee guida delineate in ambito comunitario, si auspica che possa fare chiarezza sulla natura e sulla funzione dell’istituto al fine di arginare un modus operandi che appare sempre più anacronistico, irragionevole ed ingiusto per i coniugi obbligati a sopportare un onere economico che origina da un rapporto i cui effetti sono cessati proprio in ragione del divorzio.
La questione in oggetto ha assunto rilevanza anche in sede comunitaria, ove la Commissione Europea ha previsto il principio secondo il quale " dopo il divorzio ciascun coniuge provvede ai propri bisogni"; da ciò deriva che dopo il divorzio sopravvivono solo i legami riconnessi con la crescita e il mantenimento dei figli, mentre quelli di carattere patrimoniale, qualora sussistessero, avrebbero carattere temporaneo e circoscritto.
A tale riguardo va ricordato che con il divorzio cessano gli obblighi e i diritti connessi al matrimonio, tuttavia dottrina e giurisprudenza negli anni hanno concorso a generare e rafforzare un "diritto vivente", fondato sull’art. 5 comma 6 L. 898/1970, in forza del quale anche dopo la frattura del vincolo coniugale sopravvive un principio di solidarietà, seppur affievolito, in virtù del quale il coniuge economicamente più debole ha diritto a ricevere assistenza dall’altro coniuge.
La norma in oggetto precisa, infatti, che "con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto della durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive."
La ratio della norma è basata su un principio di solidarietà che è frutto del pregresso rapporto coniugale, in ragione del quale è necessario garantire uno stile di vita adeguato ad un soggetto con cui si è creata una comunione spirituale e materiale. L’assegno periodico di divorzio ha, dunque, carattere esclusivamente assistenziale, posto che è finalizzato a garantire al coniuge economicamente più debole la conservazione del tenore di vita analogo a quello vissuto in circostanza di matrimonio.
Ciò ha portato alla creazione di un "diritto vivente" che non attribuisce più all’assegno di divorzio una funzione di assistenza del coniuge economicamente non in grado di mantenersi, bensì di garanzia per il medesimo, di mantenere vita natural durante lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, comportando un travalicamento del dettato normativo e delle intenzioni del legislatore.
Pertanto, l’applicazione del suddetto principio appare ormai anacronistica ed estremamente penalizzante per il coniuge onerato. La questione qui analizzata è ora al vaglio della Corte Costituzionale che, anche sulla base delle linee guida delineate in ambito comunitario, si auspica che possa fare chiarezza sulla natura e sulla funzione dell’istituto al fine di arginare un modus operandi che appare sempre più anacronistico, irragionevole ed ingiusto per i coniugi obbligati a sopportare un onere economico che origina da un rapporto i cui effetti sono cessati proprio in ragione del divorzio.
Articolo del: