Patto di famiglia e passaggio generazionale dell'impresa


Il “patto di famiglia” è un istituto creato per favorire il passaggio generazionale dell’impresa attraverso semplificazioni successorie e vantaggi fiscali
Patto di famiglia e passaggio generazionale dell'impresa

 

 

 

 

 

 

 

Indice:

  • 1. Premessa

  • 2. Definizioni e prime osservazioni

  • 3. I soggetti coinvolti

  • 4. Valore dei beni ai fini del patto (aspetti civili)

  • 5. Gradualità del trasferimento sotto il profilo psicoattitudinale e, nei limiti del possibile, anche sotto quello giuridico

  • 6. Principali aspetti procedurali

  • 7. Aspetti fiscali

  • 8. Conclusione

 


1.    Premessa

Il “patto di famiglia” è un istituto creato per favorire il passaggio generazionale dell’azienda, sia nel caso che l’imprenditore conduca direttamente l’azienda sotto forma di impresa individuale, sia che la conduca attraverso il possesso di quote di società o azioni.

Il “patto di famiglia”, come si vedrà, consente infatti significative semplificazioni sotto il profilo successorio e consente altresì, al ricorrere di determinate circostanze, di conseguire significativi risparmi sull’imposta di successione e donazione.

Per snellezza di trattazione dell’argomento, illustrerò questo strumento facendo riferimento ad una esemplificazione, che appare nelle sue linee generali assai ricorrente nella realtà [1]:

Si ipotizza dunque il caso di una società a responsabilità limitata (che chiameremo PROGRESSO Srl o semplicemente Progresso) il cui capitale sociale è così detenuto:
•    Il 70% delle quote è detenuto da Mario Rossi;
•    Il restante 30% è detenuto, in parti uguali, da due fratelli di Mario (Giuseppe e Franco);
•    Il socio di maggioranza Mario è coniugato (con Anna) ed insieme hanno due figli: Carlo e Cinzia.

Occorre, dunque, tenere presente che gli eredi legittimari di Mario, sono il coniuge Anna ed i figli Carlo e Cinzia: la quota legittima, per ciascuno di essi, è pari al 25 % dell’asse ereditario [2].

Tanto premesso, Mario desidera trasferire le proprie quote ai figli Cinzia e Carlo, destinati (entrambi) a succedergli nella conduzione dell’azienda [3].

Desidero fin da ora porre bene in chiaro che il “patto di famiglia” non è uno strumento di pianificazione della successione, ma è più realisticamente una anticipazione della successione: nel momento in cui si stipulerà il patto dinanzi al notaio, infatti, il trasferimento delle quote sarà perfezionato e Cinzia e Carlo ne diventeranno a tutti gli effetti ed immediatamente proprietari.

Come vedremo meglio nel prosieguo, le quote trasferite ai figli e la (eventuale) liquidazione dei legittimari (e cioè della moglie Anna) assumono carattere e valore definitivo e, salvo casi straordinari, diventano intangibili.

 

 


2.    Definizioni e prime osservazioni

La disciplina civilistica del Patto di famiglia è recata dagli articoli da 768-bis a 768-octies del Codice civile, mentre la disciplina tributaria (in materia di imposte indirette) è recata dall’art 3, comma 4-ter del Testo Unico sulle Successioni e Donazioni D.lgs. 346 del 31dicembre 1990 TUSD [4].

L’art. 768-bis CC recita che “E ‘patto di famiglia il contratto con cui (…omissis…)  il titolare di partecipazioni societarie (DISPONENTE: N.d.R.) trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote ad uno o più discendenti (ASSEGNATARI: N.d.R.)”.

La norma citata del TUSD dispone che “I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del Codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi (società di capitali; N.d.R.), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del Codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell’attività d'impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. … (omissis)…”.

Come avremo modo di vedere anche in seguito, la norma civile e quella fiscale non brillano per coordinamento, talché è sempre bene tenere presente, di volta in volta, se si discute degli aspetti civilistici o di quelli tributari.

Le due normative fin qui citate, tuttavia, consentono di individuare alcuni punti fermi sia per la validità civile del patto di famiglia sia per beneficiare delle agevolazioni tributarie:

1.    La partecipazione deve essere trasferita esclusivamente a discendenti (Carlo e/o Cinzia o loro figli) ma non può essere trasferita alla moglie Anna e tantomeno ad eventuali ascendenti che fossero ancora in vita: questa limitazione si spiega con la volontà del legislatore di favorire il passaggio generazionale e dunque, nel senso comune, alla figliolanza o ai nipoti (benché le cronache spesso danno notizia di matrimoni nei quali il passaggio generazionale potrebbe benissimo avvenire attraverso il trasferimento al coniuge);
2.    Oggetto del trasferimento deve essere almeno la maggioranza delle quote rappresentanti il capitale sociale [5].

Alla luce anche dei chiarimenti successivamente emanati dall’Agenzia delle Entrate si possono fornire talune semplificazioni:

1.    Se venisse trasferito, disgiuntamente, il 35% a Cinzia ed il 35% a Carlo, il trasferimento non beneficerebbe dell’esenzione dall’imposta di successione perché nessuno dei due acquisirebbe oltre il 50% delle quote;
2.    Se venisse trasferito il 51% (per semplicità) ad uno ed il 19% all’altro, solo la donazione del 51% sarebbe esente;
3.    Se venisse trasferito il 70% in comunione tra Carlo e Cinzia, il 51% (sempre per semplicità) sarebbe esente da imposta sulle successioni e donazioni [6].

Attenzione quanto fin qui detto in ordine alle percentuali, vale solo al fine di stabilire l’ammissione o meno all’esenzione dell’imposta sulle successioni e donazioni ed a quale dei due beneficiari spetterebbe: il patto infatti, sotto il profilo strettamente civilistico, sarebbe comunque valido in tutti e tre gli esempi.

 

 

 

3.    I soggetti coinvolti

Il disponente-trasferente e gli assegnatari-beneficiari sono certamente gli attori principali del “patto di famiglia” ma non gli unici: vi è infatti, per restare al caso esemplificato, un terzo personaggio che recita un ruolo non secondario e cioè il coniuge legittimario Anna.

Valga un esempio.

Assumiamo che al momento in cui si intenda stipulare il patto, l’asse “ereditario” abbia i seguenti valori (Attenzione: stiamo parlando di valori di mercato, e non di valori teorici validi ai fini fiscali):
Quote della Progresso srl: Euro/mil 8
Altri beni (ad esempio immobili): Euro/mil 2
Passività: assenti.
Per un totale di dieci milioni.

I soggetti legittimari sono il coniuge Anna ed i figli Carlo e Cinzia, ciascuno con un diritto di legittima del 25% sul “Patrimonio “complessivo (cioè 2,5 milioni), restando disponibile il residuo 25%.

Qualora venisse trasferita ai figli l’intera partecipazione nella Progresso, si verrebbe a creare una disparità tra loro due (che riceverebbero ben oltre la propria quota legittima) e Anna che non riceverebbe niente ed anzi vedrebbe quantomeno intaccata la propria quota legittima.

Per ovviare a questa disparità di trattamento l’art 768-quater secondo comma testualmente recita: “Gli assegnatari (…omissis)… delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto (e cioè i legittimari non assegnatari: N.d.R.), ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti (la quota legittima: N.d.R.); i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura”.

La lettura corrente della norma, applicata al nostro caso, dispone che Carlo e Cinzia liquidino alla madre Anna Euro/mil 2,5 pari alla quota legittima che ciascuno di essi ha percepito[7], sempreché essa non vi rinunci.

La liquidazione può avvenire anche in natura (cedendo immobili, ad esempio); se ne può convenire la rateizzazione e, per prassi e giurisprudenza consolidata, vi può provvedere il disponente e cioè il padre Mario. [8]

In alternativa alla liquidazione, la legge consente a Anna di rinunciare in tutto o in parte alla stessa, con evidente semplificazione (anche fiscale) del tutto, ma con evidente svantaggio di Anna a favore dei ragazzi al momento in cui si aprirà la successione: la situazione che scaturirà dal patto, infatti, assume carattere definitivo ed è intangibile (salvo eventi eccezionali): l’ultimo comma dell’articolo 768-quater, infatti dispone che quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o riduzione.

Ciò si traduce:
1 quanto ricevuto dai figli “esce” dall’asse ereditario e a tal fine è tamquam non esset;
2 quanto eventualmente ricevuto da Anna esce anch’esso dall’asse ereditario ed è tamquam non esset;
3 se Anna rinuncia al rimborso, in sede di successione ereditaria concorrerà alla spartizione di quanto all’epoca sarà residuato (nel nostro esempio, e ipotizzando che non vi siano modifiche, concorrerà alla successione dei restanti 2 milioni insieme ai figli e ad altri eventuali eredi testamentari cui sia stata devoluta la quota disponibile) [9].

 

 

 

4.    Valore dei beni ai fini del patto (aspetti civili)

È di tutta evidenza che valutare se ed in che misura sia intaccata la legittima, e la conseguente misura della liquidazione, sia di primaria importanza.

Sottolineo ancora una volta che, mentre ai fini dell’eventuale tassazione ad imposta sulle donazioni vi sono taluni automatismi (Quota di Patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio per le partecipazioni, valore catastale per gli immobili), ai fini dei diritti/doveri scaturenti dal patto di famiglia si ha riguardo esclusivamente al valore corrente dei beni che formano l’asse ereditario al momento della stipula del patto.

È fortemente raccomandabile, per prevenire contestazioni [10], allegare una perizia del valore delle quote cedute, nonché una valutazione di un esperto degli altri beni il cui valore non è oggettivamente misurabile: immobili, opere d’arte ecc.

Ritengo, ma è una mia valutazione strettamente personale, che il notaio possa soprassedere ad acquisire la perizia sui beni diversi dalle quote qualora Anna rinunci alla Liquidazione e le parti in causa dichiarino di essere concordi nel non indicare il valore del restante patrimonio.

Vorrei incidentalmente sottolineare che la legge assegna un tempo straordinariamente breve alle parti per contestare il patto di famiglia: un anno dalla stipula!

 

 

 

5.    Gradualità del trasferimento sotto il profilo psicoattitudinale e, nei limiti del possibile, anche sotto quello giuridico

Gli esperti aziendalisti sono unanimi nel ritenere che, al di là degli aspetti strettamente giuridici, il passaggio generazionale debba essere gradualmente attuato dall’imprenditore inserendo i figli nel vivo dell’attività d’impresa.

Ciò si rende necessario sia per attuare un adeguato periodo di skilling, durante il quale si potranno individuare le inclinazioni dei figli ad assegnare loro taluni incarichi, ma anche per cominciare ad abituare i terzi a confrontarsi non solo con il capo azienda (Mario), ma anche con coloro che sia pur gradatamente lo sostituiranno.

È pertanto fortemente raccomandabile che Carlo e Cinzia (nel nostro esempio), oltreché svolgere un ruolo all’interno dell’azienda, si pongano anche nei confronti dei soggetti terzi come la “successiva generazione”.

A titolo meramente esemplificativo, sarebbe opportuno che uno o entrambi i ragazzi (va valutato di volta in volta) iniziassero ad essere presenti negli incontri con i clienti, la Pubblica Amministrazione, con le banche, con i fornitori principali, con le rappresentanze dei dipendenti e last but non least, con i consulenti.

Sotto il profilo giuridico, e senza appesantire con analisi di prassi e dottrina, l’esenzione fiscale competerebbe anche se il trasferimento della maggioranza delle quote fosse limitata alla nuda proprietà (riservando Mario per sé l’usufrutto) a condizione che ai nudi proprietari venga attribuito il diritto di voto in assemblea.

Sia che si decida per il trasferimento della intera proprietà che per il trasferimento della sole nuda proprietà (ma con diritto di voto), è indispensabile che i figli vengano quanto prima investiti da ruoli formali nell’organigramma aziendale e, possibilmente, venga costituito un Consiglio d’Amministrazione nel quale i figli dovranno essere inseriti con deleghe via via crescenti.

Si tratta di un processo che potrebbe richiedere anche anni, ma inevitabile: va pertanto intrapreso quanto prima.

 

 

 

6.    Principali aspetti procedurali

Il Patto di Famiglia deve essere redatto in forma solenne e cioè con atto pubblico redatto da un notaio: ad esso devono obbligatoriamente partecipare tutte le parti in causa e cioè: 1, Disponente (Mario); 2, Discendenti assegnatari (Carlo e Cinzia); 3, legittimari non assegnatari (Anna) [11] .

Nell’atto gli assegnatari devono assumere gli impegni previsti per godere del beneficio fiscali (che illustrerò oltre).

Occorre altresì prestare attenzione che il Patto non violi norme statutarie: si ipotizzi, ad esempio, che lo statuto sociale preveda che il trasferimento per atto tra vivi debba avere il consenso esplicito di tutti i soci: ciò significa che all’atto dovranno partecipare anche i soci di minoranza (chiarirà il notaio se è sufficiente la presenza di uno solo dei due fratelli munito di delega dell’altro fratello: immagino di sì) per dichiarare che nulla osta al trasferimento delle quote: a mio giudizio, la presenza in atto di terzi che devono rendere dichiarazioni richiederà la presenza di due testimoni (ma su questo deciderà il notaio).

 

 

 

7.    Aspetti fiscali

Qui di seguito darò un cenno agli aspetti in materia di imposizione diretta, che non presentano particolari criticità.

Andrò un poco più a fondo negli aspetti connessi alla fiscalità indiretta, certamente più complessi ed insidiosi: anche in questo caso, tuttavia, non entrerò nei minimi dettagli essendo opportuno che tali approfondimenti avvengano in contraddittorio con le parti interessate.

IMPOSIZIONE DIRETTA
Per il Disponente (Mario): il trasferimento delle partecipazioni non costituisce materia imponibile.

Per gli Assegnatari (Carlo e Cinzia): la ricezione delle partecipazioni non costituisce materia imponibile. L’eventuale successiva cessione a titolo oneroso viceversa sarà tassata secondo la normativa protempore vigente in materia di cessione di partecipazioni: attualmente verrebbe tassata con l’aliquota del 26% applicato alla differenza tra il prezzo di vendita ed il “costo fiscale” che la partecipazione aveva in capo a Mario all’epoca del Patto.

Per il legittimario liquidato: la liquidazione non è in alcun modo tassata; nel caso di liquidazione in natura (es.: quote di minoranza della Progresso o di altra società; bene immobile) la tassazione della eventuale successiva rivendita va vista caso per caso; i termini della questione non cambiano sia nel caso che la liquidazione venga corrisposta dagli assegnatari che dal disponente [12].

IMPOSIZIONE INDIRETTA (ipotizzando il trasferimento del 70% della partecipazione in Progresso srl).

Il trasferimento in comproprietà a Carlo e Cinzia del 70% delle quote (o della Nuda proprietà con riserva di voto), è esente da imposta sulle donazioni fino al 50% (per comodità diciamo 51%), a condizione che gli assegnatari s’impegnino a conservare le partecipazioni per almeno 5 anni e rendano dichiarazione in tal senso nell’atto. Il restante 19% sarebbe tassato secondo le ordinarie regole sull’imposta di donazione (4% con franchigia di 1.000.000 ciascuno) e la base imponibile sarebbe costituita dal valore del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio approvato dalla Progresso srl (e non dal valore venale). Per mera completezza ricordo che qualora venisse trasferito “individualmente” il 35% a Carlo ed il 35% a Cinzia, il patto di famiglia sarebbe assolutamente valido ma le due donazioni, non raggiungendo nessuna il 50% dei voti, verrebbero soggette ad ordinaria imposta sulle donazioni nei termini anzidetti.

Liquidazione del legittimario non assegnatario (Anna): possiamo ai fini della imposizione indiretta distinguere tre casi:

1: Anna viene liquidata dai ragazzi con denaro o beni di loro proprietà: in tal caso la liquidazione si configurerebbe come una donazione da figlio a genitore e come tale sarebbe tassata: franchigia di 1.000.000 ciascuno e 4% sulla restante base imponibile (ricordo incidentalmente che la base imponibile dei beni immobili è calcolata su base catastale ed è di norma inferiore al valore commerciale, ma che è di norma dovuta anche l’imposta ipocatastale in ragione del 3%);

2: Anna viene liquidata da Mario: per l’Agenzia delle Entrate, si è in questo caso in presenza di doppia donazione: una prima donazione da parte di Mario ai ragazzi, in quanto non dovrebbero sostenere l’onere della liquidazione alla madre, che verrebbe per l’appunto tassata come una donazione dal padre ai ragazzi (e che dal punto di vista fiscale va ad aggiungersi alle quote trasferite [13]). Ma non è ancora finita: l’Agenzia configura una ulteriore donazione dai figli a Anna, che verrebbe ad essere tassata con le norme ordinariamente previste per le donazioni tra genitori e figli e viceversa (franchigia di 1.000.000 ciascuno e 4% sul rimanente, più eventuale ipocatastale);

3: Anna rinuncia alla liquidazione: è dovuta unicamente l’imposta nella misura fissa di Euro 200.

 

 


8.    Conclusione

Si ritiene di avere esaurito l’illustrazione dei punti salienti, sia sotto il profilo civilistico che sotto quello fiscale, dell’istituto del “Patto di Famiglia”: naturalmente, in concreto si potranno presentare innumerevoli diverse combinazioni (a partire dal caso del trasferimento di una impresa individuale): ciascun caso concreto andrà ovviamente attentamente valutato.


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[1] L’esemplificazione non farà venir meno, nelle intenzioni di chi scrive, il rigore giuridico e tributario della trattazione, pur con delle ovvie semplificazioni.
[2] In presenza di coniuge e due o più figli, infatti, la quota legittima è stabilita nella misura del 25% per il coniuge e per il 50% da ripartire in parti uguali tra i figli (art, 542, secondo comma, CC)
[3] Lo strumento del “Patto di famiglia” può essere utilmente adottato anche nel caso in cui il padre Mario desideri trasferire le quote ad uno solo dei due figli (ad esempio Cinzia) ritenendola l’unica idonea a proseguire l’attività.
[4] Testo Unico sulle Successioni e Donazioni.
[5] Questa condizione è richiesta per le società di capitali e non per quelle di persone
[6] La limitazione del beneficio al 51% è dovuta alla circostanza che La Progresso è una società di capitali; se fosse, ad esempio, una società di persone, l’intero 70% sarebbe esente.
[7] Non ho trovato alcuna interpretazione che assegni a Anna solo 500.000 Euro, ritenendo che i milioni eccedenti le legittime dei figli, e cioè Euro 2,5, siano composti dalla quota disponibile
[8] Rinviamo ad un apposito capitolo l’esame delle conseguenze tributarie, soprattutto ai fini dell’imposta sulle donazioni, di questa liquidazione, soprattutto nel caso che sia il padre Mario a porre a disposizione le risorse necessarie.
[9] Questa è la lettura più accreditata: è tuttavia necessari analizzare questo punto con molta cura da parte del Notaio e con l’ausilio di un legale di fiducia, e sempreché nel frattempo non intervenga il legislatore a fare chiarezza.
[10] Anche per cautela fiscale, in questo caso ai fini delle imposte dirette.
[11] La normativa fa anche menzione di legittimari non presenti alla stipula del Patto, il che pare in contrasto con l’obbligatorietà della presenza di tutti i legittimari: si è ritenuto che la legge abbia inteso riferirsi ai così detti legittimari sopravvenuti: vale a dire figli nati successivamente alla stipula del patto o coniuge sposata successivamente alla stipula (perché ad esempio il disponente ha divorziato ed ha contratto un nuovo matrimonio): ritengo di potere soprassedere dall’illustrare le conseguenze di eventuali legittimari sopravvenuti.
[12] La tassazione ai fini delle imposte indirette varia invece notevolmente a seconda del soggetto che concretamente paga la liquidazione.
[13] Teniamo conto che l’esenzione da imposta di donazione opera solo sul 51% delle quote trasferite ed il restante 19% va a tassazione ordinaria (Franchigia di 1.000.000 cadauno e 4% sul rimanente.

 

Articolo del:


di Francesco Paolo Baglio

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