Quantificazione dell'assegno divorzile e residenza nella casa famiglia


Il coniuge divorziato ha diritto a conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio salvo la prova che vi abbia effettivamente contribuito
Quantificazione dell'assegno divorzile e residenza nella casa famiglia

Ricordando la nota pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 18287 del 11 luglio 2018, in materia di assegno divorzile, la Corte di Cassazione, nella recentissima sentenza 3869 del 08 febbraio 2019, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di pagamento di una «somma destinata alla ricerca di una nuova e idonea soluzione alloggiativa al momento del rilascio della villa destinata in precedenza ad abitazione familiare» ha ricordato che:

a) «la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi»;

b) «all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo – compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate»;

c) «il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico – patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto».

Fin qui le regole di base da applicarsi al caso concreto esaminato dalla Suprema Corte, nel quale emerge una circostanza alquanto interessante rispetto alla casa adibita a residenza famigliare dai coniugi: questa, infatti, risultando una casa di particolare pregio e valore, risultava tale da non essere «fungibile con qualsiasi altra abitazione reperibile nel medesimo Comune a costi contenuti» e tale circostanza è stata posta a fondamento della cassazione della decisione del giudice di merito che non ne aveva tenuto conto.

La pronuncia, recentissima, espressa dal Giudice con la funzione di indirizzare anche l’orientamento del Giudice di merito, è di particolare interesse nella definizione del concetto di “Inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante ed impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive” che ha attraversato ben due revirement giurisprudenziali nell’arco di poco più di un anno.

Il coniuge divorziato è titolare del diritto all’assegno con funzione perequativa del reddito, non solo se non ha in assoluto i mezzi necessari sic et simpliciter alla mera decorosa sopravvivenza, senza riferimento alcuno alle condizioni di reddito comparativamente considerate tra i coniugi, orientamento ormai definitivamente abbandonato con il superamento della nota sentenza Lamorgese (Sentenza 11504/17) avvenuto con la S.U. 18287/18; ma anche e soprattutto nel caso in cui la mancanza di questi mezzi si affermi rispetto al patrimonio complessivamente attribuibile alla famiglia in epoca precedente a quella propria del divorzio e del quale il coniuge richiedente resti privo, nonostante il contribuito prestato alla sua realizzazione, secondo, peraltro un accertamento che richiede il soddisfacimento di un rigoroso onere della prova a carico del richiedente.

L’assegno divorzile mantiene pertanto la sua funzione compensativa e perequativa, unitamente a quella assistenziale, semplicemente perdendo l’automatismo che lo agganciava al tenore di vita goduto in costanza di convivenza matrimoniale in epoca antecedente quella dello scioglimento del matrimonio medesimo automaticamente quantificandolo nella misura necessaria a mantenerlo: oggi è necessaria la prova di avere effettivamente contribuito a realizzarlo quel patrimoni nelle sue componenti costitutive, in termini di beni mobili e immobili, redditi da lavoro o da altre fonti generato, e, certamente, il tema della casa rientra tra quelli nevralgici in questo ambito.

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di Giuseppe Mazzotta

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