Rottamazione delle cartelle: pendenza di giudizio?
Nella legge di conversione del D.L. 193/2016, ancora in corso, non è ancora chiara la pendenza di giudizio
Il provvedimento della cosiddetta "Rottamazione" delle cartelle emesse da Equitalia inserito nel D.L. 193 del 22.10.2016, pur avendo subito qualche modifica in sede di conversione in legge, presso l’Aula della Camera ed in attesa della approvazione definitiva presso il Senato, lascia aperto qualche dubbio in merito alla pendenza dei giudizi.
Infatti il secondo comma dell’art.6 prevede che nella dichiarazione prevista per la definizione agevolata il debitore debba dichiarare "la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione" ed assumere "l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi".
Nel Modello DA1 pubblicato sul sito di Equitalia ed utilizzabile per la presentazione della richiesta di definizione agevolata devono essere indicati i numeri delle cartelle di pagamento o degli avvisi di accertamento esecutivi o degli avvisi di addebito dell’INPS relativi ai carichi per i quali si chiede la "rottamazione" e la inesistenza di giudizi pendenti relativi agli stessi carichi ovvero l’impegno a rinunciare ai giudizi in corso.
Non è, tuttavia, sufficientemente chiaro se tale disposizione vada applicata anche nel caso di cartella emessa per la riscossione frazionata del debito erariale, in pendenza di giudizio.
In sostanza, stante l'esecutività dell'accertamento ed in assenza di provvedimenti di sospensione, a seguito di presentazione di ricorso dinanzi la CTP, l'Agenzia delle Entrate affida ad Equitalia la riscossione del carico relativo al terzo del tributo richiesto oltre interessi, ai sensi dell'art.15 del D.P..R. 602/73. Dopo la sentenza della CTP che respinge il ricorso ed in presenza di appello dinanzi la CTR, viene iscritto a ruolo l'importo pari ai due terzi del tributo oltre interessi.
Pertanto il giudizio pendente non è riferito alla cartella in sè ma all'avviso di accertamento per cui si rende necessario chiarire se in tali circostanze possa essere richiesta l'applicazione della definizione agevolata, fatta salva la conclusione del contenzioso in corso e senza rinunzia allo stesso.
Diversamente si verrebbe a creare una disparità di trattamento tra coloro che hanno un accertamento definitivo che potrebbero usufruire della cancellazione delle sanzioni e degli interessi e chi, invece, coltiva nel merito l'iter contenzioso che potrebbe concludersi anche con una sentenza favorevole. Del resto il contribuente che esce vincente dal giudizio di primo grado ed ha versato le somme previste, in pendenza di giudizio, ha diritto alla restituzione delle stesse e dei relativi interessi.
A parere di chi scrive l’unica soluzione possibile che, però, necessita di un chiarimento normativo o da parte dell’Agenzia delle Entrate, è che i giudizi pendenti nel merito degli accertamenti e non per vizi propri delle cartelle debbano essere considerati esclusi dalla previsione attuale dell’art. 6, con la conseguenza che il contribuente potrebbe ugualmente avvalersi della definizione agevolata del carico e continuare a coltivare il contenzioso.
Domenico Montemurno
Infatti il secondo comma dell’art.6 prevede che nella dichiarazione prevista per la definizione agevolata il debitore debba dichiarare "la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione" ed assumere "l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi".
Nel Modello DA1 pubblicato sul sito di Equitalia ed utilizzabile per la presentazione della richiesta di definizione agevolata devono essere indicati i numeri delle cartelle di pagamento o degli avvisi di accertamento esecutivi o degli avvisi di addebito dell’INPS relativi ai carichi per i quali si chiede la "rottamazione" e la inesistenza di giudizi pendenti relativi agli stessi carichi ovvero l’impegno a rinunciare ai giudizi in corso.
Non è, tuttavia, sufficientemente chiaro se tale disposizione vada applicata anche nel caso di cartella emessa per la riscossione frazionata del debito erariale, in pendenza di giudizio.
In sostanza, stante l'esecutività dell'accertamento ed in assenza di provvedimenti di sospensione, a seguito di presentazione di ricorso dinanzi la CTP, l'Agenzia delle Entrate affida ad Equitalia la riscossione del carico relativo al terzo del tributo richiesto oltre interessi, ai sensi dell'art.15 del D.P..R. 602/73. Dopo la sentenza della CTP che respinge il ricorso ed in presenza di appello dinanzi la CTR, viene iscritto a ruolo l'importo pari ai due terzi del tributo oltre interessi.
Pertanto il giudizio pendente non è riferito alla cartella in sè ma all'avviso di accertamento per cui si rende necessario chiarire se in tali circostanze possa essere richiesta l'applicazione della definizione agevolata, fatta salva la conclusione del contenzioso in corso e senza rinunzia allo stesso.
Diversamente si verrebbe a creare una disparità di trattamento tra coloro che hanno un accertamento definitivo che potrebbero usufruire della cancellazione delle sanzioni e degli interessi e chi, invece, coltiva nel merito l'iter contenzioso che potrebbe concludersi anche con una sentenza favorevole. Del resto il contribuente che esce vincente dal giudizio di primo grado ed ha versato le somme previste, in pendenza di giudizio, ha diritto alla restituzione delle stesse e dei relativi interessi.
A parere di chi scrive l’unica soluzione possibile che, però, necessita di un chiarimento normativo o da parte dell’Agenzia delle Entrate, è che i giudizi pendenti nel merito degli accertamenti e non per vizi propri delle cartelle debbano essere considerati esclusi dalla previsione attuale dell’art. 6, con la conseguenza che il contribuente potrebbe ugualmente avvalersi della definizione agevolata del carico e continuare a coltivare il contenzioso.
Domenico Montemurno
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