Separazione dei coniugi, casa familiare e diritti dei terzi acquirenti


Cosa accade se la casa coniugale assegnata all'ex coniuge collocatario viene venduta a un terzo? Ecco le regole della Cassazione
Separazione dei coniugi, casa familiare e diritti dei terzi acquirenti

Il Giudice chiamato a decidere circa la separazione dei coniugi, in presenza di figli minorenni o maggiorenni economicamente non autosufficienti, provvede all'assegnazione della casa residenza famigliare, in tal modo ponendosi un potenziale conflitto tra, da una parte, le ragioni di stabile permanenza abitativa dei componenti il nucleo famigliare residuo rispetto alla vicenda della separazione e, dall’altra, le ragioni della proprietà, tendenzialmente in antitesi, in quanto oggettivamente riconducibili alla facoltà di disporre del bene assegnato, eventualmente alienandolo a terzi.

Sulla delicata questione, alquanto risalente, era già intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la Sentenza 11096 del 26 luglio 2002, stabilendo che «il legislatore della riforma, operando un bilanciamento, secondo valori etici e criteri socioeconomici, tra l’interesse del gruppo familiare residuo, e specificamente dei figli minorenni o anche maggiorenni tuttora non autosufficienti, a conservare l’habitat domestico, e quello di natura patrimoniale di tutela dell’affidamento del terzo, oltre quello più generale di una rapida e sicura circolazione di beni, ha ravvisato come elemento di composizione tra le diverse istanze in conflitto la limitazione del tempo, in difetto di trascrizione, e l’opponibilità ai terzi del provvedimento di assegnazione».

La recentissima sentenza della Corte di Cassazione n. 9990 del 10 aprile 2019 si segnala, invece, per l’intervento su una peculiare questione inerente all'assegnazione, oltre che di grande interesse per i soggetti coinvolti nel procedimento giudiziario per separazione dei coniugi: fermo restando che il provvedimento è opponibile nei soli casi in cui l’eventuale vendita dell’immobile a terzi sia avvenuta in epoca successiva rispetto a quella del provvedimento del Giudice, anche se non trascritto (nei limiti sui quali cfr. Corte costituzionale n. 454/1989) restando, invece, salve le ragioni del terzo acquirente che abbia trascritto l’acquisto prima del provvedimento di assegnazione, è lecito domandarsi cosa accada laddove l’acquisto sia avvenuto prima del provvedimento, ma nella consapevolezza da parte del terzo dell’esistenza di un godimento dell’immobile da parte delle persone facenti parte del nucleo famigliare e non aventi diritto di proprietà sull’immobile compravenduto.

La recentissima sentenza afferma il principio per il quale «con riferimento alla cessione al terzo, effettuato in costanza di matrimonio del coniuge esclusivo proprietario, del diritto di proprietà dell’immobile precedentemente utilizzato per le esigenze della famiglia, il provvedimento di assegnazione della casa familiare all’altro coniuge – non titolare di diritti reali sul bene - collocatario della prole, emesso in data successiva a quella dell’atto di acquisto compiuto dal terzo, è a questi opponibile ai sensi dell’articolo 155 quater codice civile – applicabile ratione temporis – e della disposizione dell’articolo 6 della legge numero 898/1970, in quanto analogicamente applicabile al regime di separazione, soltanto se – a seguito di accertamento in fatto da compiersi alla stregua delle risultanze circostanziali acquisite – il giudice di merito» accerti che il terzo abbia «inteso concludere un contratto di comodato, in funzione delle esigenze del residuo nucleo familiare, con il coniuge occupante l’immobile, non essendo sufficiente a tal fine la mera consapevolezza da parte del terzo, al momento dell’acquisto, della pregressa situazione di fatto e di utilizzo del bene immobile da parte della famiglia».

La rilevanza di questa decisione è ulteriormente avvalorata dal fatto che la Corte Territoriale, nella fattispecie la Corte d’Appello dell’Aquila, aveva invece sacrificato le ragioni della proprietà del terzo acquirente «omettendo del tutto di verificare se, successivamente all’acquisto della proprietà, il terzo avesse inteso riconoscere ai coniugi o almeno ad uno di essi un titolo di godimento, riconducibile al minimo alla figura del comodato, in funzione delle specifiche esigenze abitative della famiglia (in tal caso rendendosi opponibile ai terzi il provvedimento di assegnazione, anche se adottato dal tribunale successivamente all’atto di acquisto), ovvero avesse, invece, inteso ottenere il rilascio del bene, proprio in considerazione della insussistenza di alcun titolo di godimento, reale o personale, a lui opponibile (in tal caso non essendo opponibile al terzo il provvedimento di assegnazione avente data successiva rispetto a quella dell’atto di acquisto – articolo 1599, comma 1 e 3, c.c. -)».

La Corte d’Appello dovrà pertanto nuovamente tornare sull’argomento rispetto alla famiglia e al terzo acquirente incorsi in questa decisione, decidendo in merito ad esso stavolta applicando correttamente i limiti entro i quali risultano compatibili le ragioni derivanti dal provvedimento di assegnazione e quelle attinenti alla libera circolazione dei beni mediante alienazione degli stessi a terzi.

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di Avv. Giuseppe Mazzotta

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