Sinistro stradale: quando è dovuto il rimborso dell'IVA?


Il danneggiato può chiedere il rimborso dell'IVA anche se non "prova" di avere eseguito le riparazioni
Sinistro stradale: quando è dovuto il rimborso dell'IVA?

Una questione che si pone spesso nella pratica del diritto della responsabilità civile automobilistica è quella relativa alla risarcibilità dell'IVA in caso di sinistro stradale; naturalmente, la tesi sostenuta dalle Compagnie assicurative è quella secondo cui il rimborso dell'IVA presupponga l'esibizione della "prova documentale" del danno, ossia della fattura di riparazione del veicolo.

Tuttavia, accade frequentemente che, soprattutto per le riparazioni dal costo medio-alto, il danneggiato, piuttosto che anticipare le spese necessarie, preferisca attendere semplicemente il pagamento del risarcimento assicurativo, rimanendo, nel frattempo, con il veicolo incidentato.

Si verifica, così, una situazione "kafkiana" nella quale l'impresa assicuratrice, in assenza di fattura, si rifiuta di pagare l'IVA sul costo delle riparazioni, inducendo il danneggiato a concludere una transazione sulla base del solo "imponibile" oggetto della perizia estimativa.

Quest'ultimo, pertanto, dopo avere transatto la controversia, percepirà un importo insufficiente ai fini del risarcimento integrale (in quanto non comprensivo dell'IVA) e si troverà, dunque, di fronte a un bivio: rimettere di tasca propria l'IVA oppure fare eseguire i lavori "in economia", senza alcuna garanzia, naturalmente, sulle riparazioni effettuate, stante la notevole difficoltà, in assenza di fattura, di dimostrare l'esecuzione della prestazione da parte dell'autoriparatore.

La giurisprudenza più recente, evidentemente consapevole della situazione esposta, ritiene che il rimborso dell'IVA sia sempre dovuto al danneggiato, a meno che egli, in ragione della particolare attività professionale esercitata, abbia diritto al rimborso o alla detrazione dell'IVA versata.

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione, da ritenersi ormai consolidato, è il seguente: “poiché il risarcimento del danno patrimoniale si estende agli oneri accessori e consequenziali, se esso è liquidato in base alle spese da affrontare per riparare un veicolo, il risarcimento comprende anche l'IVA, pur se la riparazione non è ancora avvenuta - e a meno che il danneggiato, per l'attività svolta, abbia diritto al rimborso o alla detrazione dell'IVA versata - perché l'autoriparatore è tenuto per legge ad addebitarla, a titolo di rivalsa, al committente (art. 18 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633)” (Cass. Civ., 10.6.2013, n. 14535; Cass. Civ. 27.1.2010, n. 1688; Cass. Civ., 14.10.1997, n. 10023).

L'orientamento citato trova pieno conforto nel dettato normativo e nella elaborazione giurisprudenziale relativa al c.d. nesso di causalità giuridica tra evento dannoso e conseguenze pregiudizievoli di esso.

Come è noto, ai sensi dell'art. 1223 c.c. - disposizione applicabile anche alla responsabilità extracontrattuale per effetto del rinvio contenuto nell'art. 2056 c.c. - "il risarcimento del danno [...] deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta".

La norma in esame, che disciplina giuridicamente la determinazione dell'area del danno risarcibile, stabilisce che esso debba comprendere la "perdita subita" e il "mancato guadagno" (detto anche "lucro cessante"), purché siano "conseguenza immediata e diretta" del danno medesimo.

Ora, secondo la giurisprudenza, una "perdita" (qual è, ad esempio, il pagamento dell'IVA sulle riparazioni) è conseguenza immediata e diretta dell'evento dannoso solo nell'ipotesi in cui, secondo una regola di esperienza e/o statistica (id quod plerumque accidit), appaia "normale" che a un certo evento dannoso seguirà una certa "perdita" (si tratta del c.d. criterio della normalità/regolarità causale, sul quale cfr. Cass. Civ., 4.7.2006, n. 15274).

Senonché, nel caso specifico dell'IVA, il costo che il danneggiato sarà tenuto a sostenere al momento della riparazione dell'autovettura non è, semplicemente, "probabile", ma addirittura "certo" in quanto, per effetto della legge (D.P.R. 633/1972), l'autoriparatore è tenuto a rivalersi sul committente (fatta eccezione per il solo caso in cui questi abbia diritto alla detrazione o al rimborso dell'IVA).

Non solo: un altro principio desumibile dall'art. 1223 c.c. è quello secondo cui il risarcimento deve essere "integrale", nel senso che, per effetto dell'adempimento dell'obbligazione risarcitoria, il danneggiato deve essere ristorato di "tutte" le perdite subite e il suo patrimonio, dopo il risarcimento, dovrà trovarsi nella stessa situazione in cui si trovava "prima" del verificarsi dell'evento dannoso (c.d. principio di indifferenza).

Ebbene, alla luce di tale principio, l'IVA sulle riparazioni dovrebbe essere pagata anche a prescindere dalla prova del suo esborso, per il semplice fatto che risarcire senza IVA significherebbe risarcire non "l'intero" danno, consistente nel costo integrale delle riparazioni, ma soltanto una parte.

Né sarebbe possibile, sotto altro profilo, esonerare il responsabile civile dal pagamento dell'IVA sul presupposto che il danneggiato possa eventualmente fare eseguire le riparazioni "in nero"; si tratterebbe di un vantaggio conseguibile da parte del responsabile solo sulla base della violazione della normativa fiscale da parte dell'autoriparatore e del danneggiato; tale "vantaggio", in quanto derivante da un'attività illecita, non può trovare alcuna forma di tutela da parte dell'ordinamento.

Pertanto, alla luce di tali considerazioni, non può essere condiviso, a sommesso avviso dello scrivente, l'orientamento avallato da recente giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. 29.9.2016, n. 19294), secondo il quale, nel caso di veicolo riparato al momento della liquidazione del danno, il danneggiato non avrebbe diritto al rimborso dell'IVA, ove non esibisca la fattura di riparazione. Invero, l'orientamento manifestato dalla Suprema Corte, che si fonda sulla "presunzione" secondo cui, in caso di veicolo già riparato, la mancata esibizione della fattura da parte del danneggiato sia indice del mancato assolvimento dell'IVA da parte di quest'ultimo, non può essere condiviso nella misura in cui consente al responsabile civile di trarre un profitto (in palese contrasto con il principio di "buona fede" che permea l'intero diritto civile anche nella fase di "adempimento" delle obbligazioni), sotto forma di minore esborso, dall'eventuale - e non dimostrata - condotta illecita, sotto il profilo fiscale, posta in essere dal danneggiato e dall'autoriparatore.

Inoltre, occorre anche evidenziare che la sentenza in esame si riferisce, esclusivamente, ai casi in cui la riparazione sia stata eseguita "a regola d'arte" e non a quelli in cui il danneggiato, al fine di riportare in circolazione il veicolo, abbia effettuato delle riparazioni "parziali" allo scopo di potere quantomeno utilizzare il veicolo in attesa del risarcimento.

 

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di Avv. Francesco Bruno

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